GIORNALISTI IL RITORNO DI PIETRO CALABRESE
GUARDA CHE COSA MI CAPITAL
CRONISTA, INVIATO SPECIALE E DIRETTORE DEL”MESSAGGERO”, POI MANAGER ALLA RAI E ALLA RCS. ADESSO RICOMINCIA DA UN MENSILE STORICO. CON LE IDEE CHIARE: SVECCHIARE LA RIVISTA METTENDOCI ANCHE UN PIZZICO DI CATTIVERIA.
di Cesare Lanza
Dall’Ansa al Messaggero e all’Espresso, poi ancora al Messaggero fino a diventarne direttore. Alto dirigente Rai, top manager a Rcs: via via salendo e qualche volta scendendo, come succede, lungo tutti gli scalini. Cronista, corrispondente dall’estero, inviato, caporedattore, direttore… Gli mancava solo un mensile. Lo ha trovato: è Capital, 90mila copie (25 in edicola, 35 in abbonamento, altre 30 in abbinamenti con quotidiani e settimanali regionali), 11 miliardi di fatturato pubblicitario. Il primo numero sotto la sua direzione è in uscita il 2 aprile. A Pietro Calabrese, 56 anni, siciliano di Palermo con una casetta in mezzo agli ulivi sulle Madonie, chiediamo un bilancio della sua carriera, movimentatissima nelle ultime stagioni. Le esperienze più interessanti?
“A livello personale” dice illuminandosi, un pizzico di nostalgia lo riporta a ricordi che lo ringiovaniscono “gli anni ottanta: inviato nel mondo come prima firma del Messaggero, testimone di eventi emozionanti. Come l’assedio a Beirut. Non c’era mai il tempo di annoiarsi.”
– E nella professione?
“ Senza dubbio i tre anni e mezzo di direzione del Messaggero. Una grande opportunità che mi diede Franco Caltagirone. Gliene sarò sempre grato.”
– Questa risposta smentisce le indiscrezioni su rapporti non idilliaci tra il suo ex editore e lei.
“Naturali molte invidie e piccoli rancori, dopo un successo costruito giorno per giorno dal lavoro dell’editore e anche dal mio.”
– E, dopo il Messaggero, scelte frenetiche: come per la ricerca di una
nuova identità. Candidato a varie direzioni, utilizzato in ruoli manageriali, prestigiosi ma forse non congeniali a un giornalista, in Rai e in Rcs. Meglio giornalista o manager?
“Non rinnego nulla. La Rai mi ha fatto entrare in un mondo di eccellenti professionalità. E lì ho lasciato anche amici veri.”
– E ora Capital cosa rappresenta?
“Anche una coincidenza del destino. Mi mancava un mensile, per poter dire di aver fatto tutto. In linea con la mia vocazione: più che alla cronaca nera, alla giudiziaria, agli argomenti aspri, sono incline alla bianca, al costume.”
– Evasione dalla realtà?
“Non esiste. Nella vita di tutti c’è un momento per riflettere e un altro per divertirsi. L’ambizione di Capital è di divertire inducendo a qualche riflessione.”
– Con quale stile?
“ Dopo un grande successo, Capital è forse oggi un po’ “fanè”: una vecchia
signora agganciata ad abitudini un po’ antiquate. Va ringiovanito.”
– E come?
“Ricordo una battuta di Gianni Agnelli a Paolo Mieli: lei ha messo la minigonna al Corriere. Capital ha bisogno di un abito più stimolante: certo non arriveremo al tanga, ma penso a un giornale piacevole, frizzante.”
– Come altri professionisti, lei vive tra Roma e Milano… Preferenze?
“ Milano è l’ideale per lavorare, Roma per vivere. A Milano sento la mancanza di
mia moglie e di mia figlia, che abitano stabilmente a Roma.”
– A proposito di vita e di lavoro: lei è accusato di essere troppo mondano,
salottiero. Si riconosce in questa immagine?
“Neanche per sogno. Non entro in un salotto da un anno e mezzo.
Vado solo da Maria Angiolillo, un’amica personale. Quando dirigevo il Messaggero, invece, i salotti erano anche lavoro, notizie, umori della città… Una fatica: appena ho potuto, ho smesso.”
– Un maestro di riferimento?
“ Mi sarebbe piaciuto lavorare con Eugenio Scalfari.”
– Due giovani talenti da assumere?
“ Solo due? Dico Massimo Gramellini e Pietrangelo
Buttafuoco. Il mio amico Sorgi, direttore della Stampa, mi ha detto: tutto mi puoi chiedere, ma Gramellini no. Buttafuoco invece sarà una delle nuove firme di Capital, insieme con Marcello Veneziani, Mauro della Porta Raffo, Giancarlo Perna, Fabiana Giacomotti, Oliviero Diliberto, Maureen Kline e Fabrizio Rondolino.”
– Il primo problema?
“Togliere a Capital l’aria, un po’ dolciastra, di certe interviste sdraiate. Un pizzico di cattiveria non guasta. Angostura, come in un cocktail ben fatto.”
Panorama 30-03-01