TUTTE LE FANTASIE DI NANCY
TORNA IN TEATRO CON UNA PIÈCE SCABROSA, IN CUI RECITA MOLTI RUOLI.
COME NELLA VITA: DAL RECORD DI SESSO IN UN HOTEL DI SESTRI ALLA VOGLIA DI FAMIGLIA.
MA ORA BASTA CON LE POSE DA MAMMINA. NANCY BRILLI SI SPOGLIA PER CAPITAL E PROMETTE ALTRE SORPRESE…
(di Cesare Lanza per Capital, gennaio 2002) Nancy Brilly, 37 anni, romana, com’è noto una donna di straordinaria e coinvolgente bellezza, segno astrologico ariete, e perciò dotata di incrollabile tenacia, mi riceve nella sua bella casa nel quartiere Prati, in un salotto illuminato alle pareti da due quadri di Egon Schiele. E’ alla vigilia del debutto nella commedia erotica “The blue room” e acconsente a parlare, liberamente, di sé.
“ Non ne potevo più – dice subito, d’impeto – del ruolo di mammina che, a poco a poco, mi stavano appiccicando i giornali.”
– Viva la sincerità.
“ Insomma, volevo diventare mamma e ci sono riuscita, anche se tutti dicevano che mi sarebbe stato impossibile. Per me è stato un gesto di volontà, con una determinazione precisa. Essere mamma è importante. Ma c’è anche il lavoro, legato alla mia personalità e al mio modo di essere. Io sono un’attrice.”
– Allora cominciamo da qui. Se non avessi fatto l’attrice, quale sarebbe stato un altro ruolo adatto a te, nella vita?
“ Non so… Ma, sicuramente, un lavoro artistico. Non riesco ad immaginarmi in un ufficio: mi mancherebbe l’aria. Non a caso ho cominciato nel settore della grafica e della fotografia. A sedici anni, giovanissima. Sentivo la necessità di essere indipendente.”
– Era la scelta di una ragazzina ribelle?
“ Non solo. Ho capito fin da bambina che la libertà nasce dall’indipendenza economica. Se non devi ringraziare nessuno per quello che mangi… la libertà è lì. E così me ne sono andata di casa presto. Convivevo con un amico gay, vivevamo in
una casa pericolante, nel quartiere Trionfale, con un bagno scavato nella roccia.”
– Ricordi prevalenti?
“Entusiasmo e risate pazze. Il sapore della libertà, la sicurezza di riuscire a farcela da sola.”
– Quasi una liberazione, rispetto alla famiglia d’origine?”
“Proprio così. Mia mamma era morta quando era piccolissima e mio padre c’era e non c’era. Vivevo con mia nonna, la nonna Isa, una donna molto tirchia, difficile…”
– E tu…
“Non ero certo una nipotina modello. Ero ribelle, sì. E lei quasi una negriera. Anche se non aveva tutti i torti. Io ero tutto… tranne la signorina borghese e perfettina, che lei desiderava. Vivevamo in una villa a Casal Palocco, isolati… Due palle! Se penso alla differenza rispetto alla bella qualità di vita qui, a Prati, dove vivo ora: nel centro di Roma, ma allo stesso tempo nell’atmosfera di un bel paesotto tranquillo, col baretto, l’edicola, tutti ti conoscono e ti salutano. Una dimensione umana, mai falsa.”
– Torniamo a Blue room, in cui interpreti cinque ruoli, ciascuno più scabroso dell’altro.
“E’ un lavoro tratto da una noiosissima commedia di Schnitzler, trasformata in una commedia divertente, dieci racconti in cui si incrociano i più diversi rapporti sessuali… E io sono a mio agio, pienamente.”
– Alt. Mi sembra di aver letto da qualche parte che tu provavi vergogna, così hai detto in un’intervista, per le tue forme: il seno, il sedere, il vitino…
“Non nego. Ma tutto dipendeva da quella educazione mostruosa. Terrorizzata dalla nonna perfino per i vestiti che indossavo. Con due raccomandazioni costanti: “Non vestirti come una prostituta!”, “Non ti far toccare il corpo!” “
– E tu?
“Vedi, c’è un piccolo particolare, nella mia personalità: la voglia, continua, di coccole. Le coccole, per me, sono tutto. E il primo incontro con l’altro sesso certo fu determinato, a sedici anni, dalla voglia, ma che dico voglia?, dalla fame di sesso.”
– E come andò a finire?
“Durò tre anni. Poi lui si trasferì in Germania, a Francoforte, e io lo lasciai.”
– Subito?
“Subito. La lontananza per me è inconcepibile. E il difetto di non esserci è
insopportabile.”
– Addirittura.
“ La presenza, le coccole, l’affetto per me sono cibo vitale, un modo per
ricaricarsi. Ti ho detto, io sono indipendente! E allora da un uomo cosa mi aspetto? Che mi mantenga? Che mi aiuti a far carriera? No, ho bisogno solo di quello: l’affetto costante, continuo, pieno, totale! Che pena, certe donne che conosco… quelle che restano con il loro uomo solo perché sono dipendenti, senza alternative.”
– Cos’è, infine, una coccola?
“Calore. Energia.”
– Le pretendi e le dai?
“ Certo.”
– Vorrei che mi parlassi, in sintesi, degli amori della tua vita. Sotto questo aspetto, ma non solo. Parliamo di Massimo Ghini.
“Un amore gioioso e giocoso. Io avevo 22 anni e lui 33. E le risate ci furono subito. Ci conoscemmo così: lui entrò per sbaglio nel mio camerino, in mutande, e anch’io ero in mutande… Provavamo dei costumi, in un film di Alberto Lattuada. Un colpo di fulmine.”
– E ci furono solo risate, in quel camerino.
“Prova a immaginare.”
– E dopo Ghini?
“Ivan Fossati: un amore pazzesco. Aveva tredici anni più di me. E durò quattro anni e mezzo. Sì, un amore da pazzi, una passione grande. Una cosa profonda, ma troppo esclusivo. Era un amore che si alimentava di se stesso…”
– Cosa significa?
“Avevamo circoscritto tutto a noi due soli, chiusi in quel cerchio d’amore, senza interesse per altro o altri. Dovevamo consumarci, prima o poi. E’ stato un amore che si è divorato da solo e ci ha divorati. Innamorati persi.”
– Sembra che qualcosa sia rimasto… Almeno a sentire come ti esprimi.
“Stavamo sempre insieme. Non c’era spazio per altro.”
– Va bene. E con il tuo marito di oggi, Luca Manfredi?
“Lui è il vero maschio italiano. Ed è l’amore tranquillo, casalingo. Rassicurante. Anche se, subito, di lui mi hanno sedotto le gambe, quasi fosse una pin up.”
– Tornando alla domanda di partenza, qual è stato l’amore più coccoloso?”
“Certamente con Ivan.”
– E come ti sei lasciata, con i tre?
“ Con Fossati, con immenso dolore. Ci siamo lasciati in modo orrendo. Io mi ero staccata e lui mi ha punito, tradendomi. Ivan, difatti, è l’unico dei miei amori che non rivedo. Mai più rivisto. Ci siamo sentiti al telefono quando è nato Francesco… Se ci vedessimo, forse ci faremmo ancora del male.”
– Ti ha punito, tradendoti, ed è finita così?
“Sì.”
– Ma ha senso ancora la parola tradimento? Non si può perdonare un capriccio?
“Amo le tragressioni. Ma tra adulti consenzienti.”
– Cosa significa? Un partouze?
“Ma per carità! Parlo di fantasie condivise.”
– E un vero tradimento non è sopportabile?
“Assolutamente no. Preferisco non sapere né sospettare. Solo il dubbio mi fa scappare.”
– Per paura di soffrire?
“Sì. Anche. E per orgoglio.”
– E tu non trasgredisci?
“Io sono fedele. E se non lo sono più, vuol dire che è finito il rapporto.”
– Hai parlato di tre amori importanti. Posso sapere cosa è successo negli
Intervalli, tra l’uno e l’altro?
“Ho scambiato spesso il sesso per affetto. Ho pensato che il sesso fosse una dimostrazione di affetto. E qualche volta, desiderosa di affetto, mi sono comportata quasi come una accattona, pur di avere una carezza.”
– Come giudicheresti, quella stagione di Nancy?
“Ero una mina vagante. Una che faceva cose mostruose. Una che giurava
di essere innamorata, pur di avere momenti di tenerezza.”
– Per paura di solitudine?
“Diciamo che non mi si può lasciare sola.”
– Ricordo una bella definizione di Pasolini, sulla solitudine. Un animale che ti
divora le viscere… o qualcosa del genere. Ti riconosci in questa paura?
“Sì. Da adolescente sono stata molto sola. Il ricordo è un peso. E il desiderio di rompere la solitudine mi ha portato, a volte, a una vita abbastanza promiscua.”
– Eri una preda?
“Sì. Ma con una carattere forte. Una gatta forastica.”
– Forastica?
“Sì. Quei gatti che non si lasciano prendere facilmente.”
– E se tu vuoi, o volevi, sedurre qualcuno?…Te lo prendi?
“Sempre.”
– Fosse anche per una sera sola?
“Mai successo. Che diamine, almeno una settimana.”
– Hai fatto danni?
“Tanti.”
– Per un modo, forse inconscio, di vendicarti di quella nonna troppo rigorosa?
“Ho portato via ad altre donne gli uomini che desideravo.”
– Con compiacimento?
“No. Perché penso che, se succedesse a me, non mi piacerebbe affatto.”
– A parte l’amore, quanti uomini, quante relazioni sessuali hai avuto?
“Non lo. Non li ho mai contati.”
– Cosa ti accende?
“Il talento. Senza talento non mi eccito.”
– Fantasie?
“Sì. Con il gusto di una certa follia.”
– Il luogo è importante?
“ Basta che non diventi una cosa standard. L’amore dev’essere variato, mai
uguale.”
– Un luogo di particolare suggestione?
“Mai fatto in un teatro. Mi piacerebbe: il teatro è la mia vera casa. E mi sentirei a
casa. Vorrei che tutte le cose della mia vita succedessero lì. Ecco: uno che mi volesse veramente, dovrebbe provare a sedurmi lì, sul palconscenico.”
– Prendi iniziative?
“Sì.”
– Ci sono pudori?
“Mai.”
– Dammi un esempio di talento, come dicevi, e di fantasie.”
“E’ importante parlare, ascoltare, immaginare… Perché, insomma, alla centesima scopata, sempre di quella cosa lì si tratta! Allora è meglio fare da sola. Perché un amore duri e resista, è necessario inventare, cambiare, rinnovare…”
– Parlare, va bene. E urlare, anche?
“Perché no? Se è necessario.”
– Mai con una donna?
“ Mai. Vedi, ho lavorato con Sabrina Ferilli, bellissima. Se fossi un uomo le
zomperei addosso! Ma da donna a donna è diverso. Mai sentito attrazione e neanche tentazione. Però sono stata corteggiata, sì.”
– E cosa ti blocca?
“Diciamo che mancherebbe un elemento fondamentale. E io sono dedita ad
altro.”
– E la volta più lunga?
“Anni fa, a Sestri Levante. Chiusi in un albergo per quattro giorni. Non faccio il
nome di lui. Ricordo che la direzione dell’albergo, informata dai camerieri, al quarto giorno ci mandò dei fiori e uno champagne magnum, con i complimenti.”
– Tu sei una femmina molto desiderata dagli italiani. Cosa diciamo a questi italiani, che ti vedono al cinema o in tivu o a teatro o in fotografia, e forse sognano che…?
“ Con me si divertirebbero. Ma a patto che io stia bene. Se sto bene, comunico. E se comunico, ho gioia di vivere e chi sta con me non si annoia sotto nessun profilo. Se non sto bene, invece, mozzico.”
– Certo devi essere molto impegnativa, per il tuo partner. Guai, se si distrae un attimo.
“Sì. Se si distrae, finisce il gioco. Mia nonna mi diceva: ti devono spara’, per fermarti.”
– E adesso, come va?
“Calma piatta.”
– Che vuol dire? C’è forse una prospettiva, o una suggestione nuova nella tua
vita? Una ipotesi? O una presenza?
“ Quante ne vuoi sapere. Diciamo che c’è un futuro.”