Per i giudici i rilievi degli avvocati di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, a proposito di una violazione “dei principi del contraddittorio e delle ragioni difensive” riguardo alla prova del Dna sono “del tutto infondati”. Intanto nome e immagini di Yara Gambirasio compaiono in un’altra inchiesta, della Postale di Trento, su una rete di pedofili
Per i giudici della Corte d’Assise e d’Appello di Brescia, nonostante sia valida la prova del Dna che identifica Massimo Giuseppe Bossetti come l’omicida di Yara Gambirasio, non è possibile eseguire la super perizia chiesta dalla difesa e dallo stesso imputato perché il materiale genetico trovato sugli indumenti della ragazzina è esaurito. È quanto emerge dalle motivazioni della sentenza con la quale il collegio presieduto da Enrico Fischetti il 17 luglio scorso ha condannato all’ergastolo il muratore di Mapello per la morte della 13enne, scomparsa il 26 novembre 2010 da Brembate di Sopra (Bergamo) e trovata morta tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola. Per i giudici, infatti, i rilievi degli avvocati di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, a proposito di una violazione “dei principi del contraddittorio e delle ragioni difensive” riguardo alla prova del Dna sono “del tutto infondati”.
Non solo. La Corte d’Assise e d’Appello di Brescia spiega che in ogni caso non sarebbe possibile effettuare un’ulteriore analisi per comparare le tracce trovate su slip e leggings della ragazzina e il Dna di Bossetti perché il campione, utilizzato per fare diversi test, è terminato.
Ma il nome della 13enne di Brembate compare oggi anche in un’altra inchiesta, della polizia postale del Trentino Alto Adige, coordinata dalla Procura di Trento, denominata ‘Black Shadow’ a proposito di una rete di pedofili. Sono stati infatti trovati riferimenti e foto di Yara Gambirasio, sul computer di uno degli arrestati, un uomo di Rimini di 53 anni. All’interno di un file dossier di circa 40 pagine c’erano anche immagini della 13enne di Brembate accanto a preghiere blasfeme e filastrocche. La vicenda potrebbe ora essere seguita dal pool difensivo di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio.
L’inchiesta ‘Black Shadow’ di Trento ha svelato una lunga catena di presunti pedofili che si nascondeva nel web, scambiandosi immagini e comunicando grazie a programmi di messaggistica istantanea.
La Repubblica.it