Secondo gli analisti l’economia saudita ha smesso di crescere a causa soprattutto del mercato del petrolio, con il Brent che è sceso dai 100 dollari del 2014 ai 52 dollari attuali
Tempi duri per Riad. Una guerra condotta in Yemen che produce null’altro che crescente emergenza umanitaria, la crisi del Golfo, il duro colpo del riavvicinamento tra Qatar e Iran, le sempre più profonde faide interne alla famiglia reale. E ora anche l’economia, normalmente percepita come al riparo da ogni turbolenza, per quello che rimane il paese che esporta piú petrolio di tutti (e il secondo produttore), le cui esportazioni pesano enormemente sulla bilancia commerciale e sul Pil.
Gli analisti sostengono che l’economia saudita non cresce quasi più. Il governo, con la guerra in Yemen e l’abbassamento dei prezzi del barile, sta spendendo molto piú di quanto incassa, e le riforme annunciate da tempo, che avrebbero l’obiettivo di alleggerire la dipendenza dal petrolio, faticano a decollare. E allo stato di (modesta) diversificazione attuale, il principale ostacolo alla crescita rimane il mercato del greggio.
Il prezzo del brent, che dal 2014 era intorno ai 100 dollari, oggi si aggira attorno ai 52 dollari. Ciò ha un impatto diretto e immediato sulle casse di Riad, poichè l’export degli idrocarburi è pari a piú di tre volte l’export di altri prodotti non petroliferi. Le stime del Fondo Monetario Internazionale prevedono che con gli attuali prezzi la crescita saudita quest’anno si attesterá attorno allo 0,1%, al netto dell’inflazione. Troppo poco.
Ma la notizia peggiore è che al momento il governo può fare poco per porvi rimedio. Un aumento della produzione farebbe crollare ulteriormente il prezzo del petrolio, anche fino a 40 dollari secondo la TS Lombard, mentre una diminuzione avrebbe ovviamente delle conseguenze sul livello delle esportazioni. Quello saudita è un classico caso di “male olandese”, che colpisce le economie eccessivamente dipendenti dalla vendita di idrocarburi. Anche le riserve della Banca Centrale saudita sono in costante diminuzione.
Poi c’è il deficit: secondo l’economista dell’Institute of International Finance, Garbis Iradian, “il deficit saudita oggi ammonta al 10% del Pil, mentre lo scorso anno era arrivato al 16-17%”, quindi registrando un miglioramento dal punto di vista fiscale. Ma in economia esiste poco di positivo in assoluto, perchè quelle stesse spese in conto capitale che hanno contribuito a stimolare una crescita del settore non petrolifero al 6% tra il 2000 e il 2014, oggi sono si stanno riducendo. Quest’anno la stime sulla crescita del settore non petrolifero parlano dello 0.6%, che paradossalmente sono comunque più alte di quella del settore petrolifero, che farà registrare un -1,7%.
Milano Finanza