Sugar: pratiche più semplici per remunerare gli artisti
Firmato un accordo quadro tra Siae e Fipe per rendere più semplice ma più diffusa la riscossione del diritto d’autore in tutti i pubblici esercizi che in qualche modo utilizzino la musica per creare l’atmosfera del punto vendita, sia essa musica d’ambiente, dj set o musica live.
E d’altronde, come mostra una ricerca commissionata dalla Fipe (Federazione rappresentativa più importante dei pubblici esercizi, che in Italia, tra bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie, pasticcerie, discoteche, stabilimenti balneari, mense e casinò sono oltre 300 mila e valgono 40 miliardi di euro di fatturato), la musica è leva di marketing molto importante per i locali: all’81,7% dei frequentatori di pubblici esercizi piace avere la musica in sottofondo, il 54,8% va in quel locale proprio perché c’è quel tipo di intrattenimento musicale.
Addirittura, il 77% degli intervistati andrebbe di più nei locali se ci fosse più musica, in particolare live. Da un lato Fipe, presieduta da Lino Enrico Stoppani, si impegnerà, dunque, a combattere l’evasione del diritto d’autore presso i propri associati, dall’altro la Siae sarà molto flessibile, semplificherà le pratiche e verrà incontro il più possibile alle esigenze degli imprenditori del settore.
Come spiega Filippo Sugar, presidente della Siae (Società italiana autori ed editori), «la musica è una cosa che fa stare bene, migliora la qualità della vita. Ed è un prodotto che funziona benissimo. Gli artisti e gli autori, però, in questi anni stanno assistendo a una crescita esponenziale dell’ascolto della loro musica, ma anche a un crollo degli introiti economici. Una cosa molto difficile da accettare. In tanti hanno mollato. Noi dobbiamo tutelare gli autori. E poiché la musica è un ottimo investimento per i locali pubblici, dando una identità precisa a quei luoghi, noi come Siae dobbiamo trovare formule semplici per remunerare gli autori che creano quella musica».
Una tutela che serve anche a evitare distorsioni che poi potrebbero portare qualche autore (in particolar modo quelli più importanti) a cercare vie alternative di remunerazione, tipo quelle che stanno emergendo nello scandalo del secondary ticketing (ovvero, le società che organizzano i concerti e che vendono i biglietti direttamente ai bagarini, facendo esplodere il prezzo e trattenendosi il 90% del ricarico). «Però io non conosco autori e artisti italiani che abbiano incentivato il secondary ticketing o partecipato o chiesto di partecipare a quote incassate per il secondary ticketing», risponde diretto Sugar. «Questa è una pratica da condannare senza se e senza ma. Tutti gli autori Siae hanno firmato una petizione, e Siae ha fatto un ricorso presso la procura per oscurare i siti che partecipano al bagarinaggio sistematico online, danneggiando sia gli autori sia la fiscalità. Ripeto, non ci risulta ci siano artisti o autori italiani che abbiano incentivato il secondary ticketing. E se ci dovessero essere, non troveranno tutele in Siae. La cosa ha enormemente danneggiato il settore. Dobbiamo fare pulizia, per non incrinare il rapporto con i fan, con le persone che vanno a vedere i concerti. Peraltro», aggiunge Sugar, «il settore della creatività, tutelato dal diritto di autore, è una parte importantissima della economia italiana. Abbiamo appena commissionato una ricerca da cui per esempio emerge che il primo comparto per occupazione in Italia è quello delle costruzioni, il secondo è quello alberghiero e della ristorazione con 1,25 mln di occupati, e il terzo è proprio l’industria creativa, con oltre un milione di addetti».
A riconoscere il valore della musica e il giusto riconoscimento dei diritti d’autore sono gli stessi imprenditori che vivono di pubblici esercizi. Per esempio Fabio Acampora, che a Milano ha lanciato locali come Circle, Refeel, Living, Marc Jacobs, Swiss Corner, El Porteno, Terrazza 12 (e in passato Exploit, Mamma Mia ecc.), sottolinea come «un locale viva su tre pilastri: cibo, servizio, ambiente. Nell’ambiente entra la musica, un elemento subliminale che caratterizza un locale, e del quale spesso ti accorgi quando manca. Ci sono stati locali, penso al Buddha bar di Parigi, che si sono raccontati con una compilation. Ora mancano un po’ di locali destinati a un pubblico più maturo, diciamo dai 40 anni in su, e dove la musica dal vivo sarebbe un’ottima leva. Ci penserò su». In effetti, ribatte l’autore e musicista Mario Lavezzi, «negli anni 60 e 70 c’erano almeno 20 locali nel centro di Milano dove si faceva musica dal vivo. E ora», aggiunge il musicista Giovanni Caccamo, «soprattutto per gli esordienti tutto si è fatto più difficile».
Comunque «io non ho timore di dire grazie alla musica e agli autori», conclude Lorenzo Citterio, che controlla l’Alcatraz di Milano, locale da 3 mila posti, «perché abbiamo 50 dipendenti e lavoriamo solo grazie agli artisti, senza i quali non esisteremmo. Con Siae dovremo discutere e cercare soluzioni: per esempio, negli ultimi tempi funzionano molto le serate a tema, nelle quali io magari faccio suonare una band, e poi intrattengo il pubblico con un dj set coerente col tema della band e della serata. Il problema però è: come organizzo la biglietteria? Perché ora non è semplice staccare un unico biglietto per più offerte musicali».
Di Claudio Plazzotta