Le autorità americane vogliono sanzionare la banca tedesca con 14 miliardi di dollari per lo scandalo dei mutui subprime, i vertici del gruppo cercano un’intesa al ribasso pronti a pagare fino a 5,5 miliardi. L’accordo è difficile e i mercati tremano
L’amministratore delegato di Deutsche Bank, John Cryan, non ha trovato un accordo con il Dipartimento di Giustizia Usa per chiudere l’indagine aperta sui mutui subprime negli Stati Uniti. E’ quanto si legge sull’edizione domenicale della Bild, secondo la quale il colosso bancario starebbe pensando di chiedere danni agli ex Ceo Anshu Jain e Josef Ackermann, mentre i bonus a loro spettanti sarebbero già in via di congelamento. La Giustizia Usa ha chiesto 14 miliardi di dollari di danni alla banca e il titolo è crollato ai minimi storici, sui dubbi che Deutsche Bank abbia le possibilità finanziarie di reperire tale somma. La banca ha accantonato 5,5 miliardi per la causa, la stessa cifra che è circolata in merito alle ipotesi di patteggiamento con gli Usa.
Da settimane, ormai, Cryan sta cercando di tranquillizzare i mercati circa la capacità di far fronte ad un’eventuale multa. Pochi giorni fa il manager ha scritto a tutti i dipendenti della banca invitandoli a mantenere la calma nonostante le turbolenze: “Non vi sono basi per tale speculazione sul titolo, anche l’incertezza del risultato delle azioni legali negli Usa non è una ragione per questa pressione sulle nostre azioni, se prendiamo a confronto i nostri diretti concorrenti. Mai negli ultimi vent’anni Deutsche Bank è stata così sicura come oggi per quel che riguarda il bilancio. Con riserve superiori a 215 miliardi di euro la banca ha un cuscinetto di capitale molto confortevole”.
Lo scorso 30 settembre, una decina di hedge fund che lavora con Deutsche Bank ha spostato i suoi asset presso altre banche per ridurre l’esposizione verso l’istituto tedesco, preoccupato proprio dalla condizioni finanziarie della banca: i mercati non temono solo l’effeto della maxi multa in arrivo dagli Usa, ma sono timorosi perché sulla testa del colosso teutonico pesa il fardello di 55mila miliardi di derivati, una cifra pari a 15 volte il Pil tedesco. A tranquillizzare gli investitori potrebbe intervenire la famiglia reale del Qatar che valuta di incrementare la propria presenza nell’azionariato fino al 25% del capitale.
Repubblica