Il patron di Vivendi gioca la carta dell’offerta a prezzo scontato con l’operatore telefonico. Accordo per vendere gli abbonamenti alla pay tv Canal+
La televisione che si allea con gli operatori telefonici. Gli operatori telefonici che provano a farsi i loro canali televisivi. Il mix telecom-media è il futuro, come si sa. Ma qui, in Francia, mercato più prudente e riflessivo, anche per la presenza di player di grandi dimensioni industriali e finanziarie, questo intreccio di telefoni e reti tv, è un’assoluta novità.
Cominciano dal fronte della tv che prova a fare sinergia commerciale con i potenti operatori telefonici come l’ex monopolista Orange che ha 1,7 milioni di abbonati alla sua fibra (con la sua LiveBox), o come Free, l’ultimo arrivato ma con un parco abbonati che già supera i sei milioni.
È la strada che ha aperto proprio in queste settimane – l’annuncio ufficiale ci sarà il 7 ottobre prossimo, ma le indiscrezioni circolano già abbondantemente – il gruppo Canal+ CanalSat controllato dal colosso Vivendi di Vincent Bolloré, alle prese in Francia con una disaffezione sempre più forte dei suoi abbonati (mezzo milione in meno solo nei primi mesi di quest’anno su un totale di 8,1 milioni) e, in Italia, con una crisi gravissima dei suoi rapporti con Mediaset Premium (gruppo Fininvest) che sarebbe dovuta entrare nel «reseau» televisivo di Vivendi e ora, invece, minaccia ricorsi giudiziari e risarcimenti miliardari.
Per ora, comunque, basta il fronte francese a preoccupare il finanziere bretone (recentemente definito «un pirata» dallo stesso presidente Hollande) e a far cambiar rotta ad anni di politiche commerciali esclusive di Canal+ CanalSat.
Per la prima volta i pacchetti d’abbonamento dei canali Vivendi, dallo sport al cinema alle fiction ai cartoni animati, non saranno venduti solo dalla rete commerciale di Canal+, che ha le sue boutique, i suoi corner nei grandi magazzini, la sua forza vendita esclusiva.
Si chiama, in gergo, «auto-distribuzione» e finché ha funzionato ha regalato margini enormi al suo proprietario. Ora funziona un po’ meno, come segnala il crollo degli abbonamenti, e così Bolloré ha pensato di ricorrere alla rete commerciale di Orange, fatta anch’essa di boutique, corner, e una forza vendita particolarmente aggressiva ed efficace che, proprio in queste settimane, sta riuscendo a convincere migliaia di abbonati alla fibra a sostituire il vecchio LiveBox nero con il nuovo LiveBox bianco che fa, in sostanza, le stesse cose.
Grazie all’accordo siglato da Bolloré e Stephan Ricard, il patron di Orange (che ha detto di no a un’intesa dello stesso tipo con la Sfr di Patrick Drahi), ora la rete commerciale dell’operatore telefonico potrà vendere gli abbonamenti a Canal+ Canal Sat fatturando direttamente al cliente e girando una provvigione a Vivendi. E anche questa – la fatturazione diretta – è un’assoluta novità ed è, se si vuole pensar male, un ulteriore segnale dello stato di crisi in cui versa Canal+. Negli anni d’oro, mai e poi mai Bolloré avrebbe rinunciato alla auto-distribuzione, mai avrebbe consentito a terze parti (come Orange) di mettere le mani sui preziosissimi file che tracciano e conservano per sempre il profilo dei clienti, miniera d’oro per qualsiasi operazione di marketing, come si sa.
E anche la limitazione a vendere, nel circuito Orange, non tutto il bouquet Canal+CanalSat ma solo una trentina di canali, raggruppati in un pacchetto chiamato «Panorama») al prezzo scontatissimo di 10 euro al mese (l’abbonamento complessivo costa quattro volte di più, 40 euro), appare come una foglia di fico, un modo per mascherare le difficoltà piuttosto che come un driver per portare – come dicono i portavoce di Vivendi – il tasso di penetrazione della pay tv dall’attuale 25 al 60% degli abbonati che è, invece, lo standard del mercato televisivo britannico.
Se l’operazione Panorama con Orange dovesse funzionare (ma a che prezzo, verrebbe da chiedersi, vista la brutale riduzione dei margini), allora Bolloré sarebbe tentato di allargare l’accordo commerciale anche a Bouygues, il secondo operatore, che però, nel frattempo, ha ricominciato a parlare con Orange per il vecchio progetto di fusione dei due operatori abbandonato a maggio scorso.
Insomma, quello che i francesi che hanno il vizio degli acronimi e delle sigle chiamano il Paf, Paysage audiovisuel français, il mercato televisivo, sta cambiando profondamente e in fretta. E Bolloré, per sua sfortuna, in questo momento non è dalla parte dei «gagnants». Vedremo.
di Giuseppe Corsentino, Italia Oggi