Al bando chi inquina: tutti gli edifici, dal 2050, non dovranno immettere anidride carbonica nell’aria. Ma già dal 2040 sarà vietato installare nuove caldaie a gas. Tutti gli edifici di nuova costruzione, invece, dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030 e quelli pubblici dal 2028. Tuttavia, è data mano libera a ciascuno Stato per delineare i piani di ristrutturazione degli edifici residenziali. È quanto prevede la cosiddetta direttiva Case Green (Energy performance of building directive, Epbd) approvata definitivamente martedì 12 marzo dal parlamento europeo con 370 voti favorevoli, 199 voti contrari e 46 astensioni. Dopo un anno di trattative, la plenaria di Strasburgo ha siglato il testo definitivo che sarà approvato dall’Ecofin, il consiglio dei ministri dell’economia e delle finanze dell’Unione europea, nella riunione in programma il 12 aprile, prima di essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.
Cosa prevede la direttiva
Il nuovo testo revisiona la precedente direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia con lo scopo di ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici nel settore edilizio entro il 2030 e arrivare alla neutralità climatica entro il 2050.
L’accordo tra il parlamento e il consiglio nel trilogo è stato raggiunto il 7 dicembre 2023: con esso è eliminato l’obbligo di aumentare le prestazioni energetiche degli edifici tramite livelli minimi da raggiungere per ciascun edificio. Invece, gli Stati membri dovranno garantire una riduzione del consumo energetico primario medio negli edifici residenziali di almeno il 16% entro il 2030 e in un range compreso tra il 20% e il 22% entro il 2035. Rimane l’obiettivo di trasformare il patrimonio edilizio residenziale in un patrimonio a emissioni zero entro il 2050.
Per garantire flessibilità e adattarsi alle circostanze nazionali, ogni Stato membro potrà adottare la propria traiettoria nazionale per ridurre il consumo energetico primario medio. Gli Stati membri potranno scegliere gli edifici da prendere di mira e le misure da adottare, a condizione che il 55% della riduzione energetica sia ottenuta tramite la ristrutturazione degli edifici meno efficienti.
In linea con la posizione del consiglio sull’Attestato di prestazione energetica, è stata aggiunta una classe A+, per etichettare gli edifici con una soglia massima di domanda energetica inferiore rispetto agli edifici a emissioni zero, e che generano più energia rinnovabile sul posto di quella necessaria. Sui requisiti minimi di prestazione energetica, il testo prevede che gli Stati membri ristrutturino entro il 2030 il 16% degli edifici non residenziali meno efficienti e il 26% entro il 2033, rispetto al 15% entro il 2030 e al 25% entro il 2034 della posizione del Consiglio.
Il testo definitivo allarga l’elenco delle possibili esenzioni: gli edifici che sono ufficialmente protetti a causa della loro appartenenza a specifiche aree, del loro valore architettonico o storico; i luoghi di culto e strutture per attività religiose; fabbricati temporanei utilizzati per un massimo di due anni, siti industriali, officine e edifici agricoli non residenziali a basso consumo energetico; le case vacanze, cioè gli edifici residenziali utilizzati o destinati a essere utilizzati per meno di quattro mesi all’anno, o per periodi limitati durante l’anno, con un consumo energetico previsto inferiore al 25% del consumo annuale; fabbricati indipendenti con una superficie utile coperta totale inferiore a 50 m2; edifici di proprietà delle forze armate o del governo centrale utilizzati per scopi di difesa nazionale, escluse le abitazioni individuali o gli uffici per il personale delle forze armate e delle autorità.
Gli Stati membri dovranno adottare l’energia solare in tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030 e progressivamente negli edifici pubblici e non residenziali esistenti che subiscono una ristrutturazione che richiede un permesso.
Caldaie a gas verso l’addio
Gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure per eliminare gradualmente i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffreddamento. La data per interrompere l’uso delle caldaie a combustibili fossili è stata fissata al 2040, 5 anni dopo quanto suggerito dal parlamento. È stata fissata una data precedente, il 2025, per porre fine agli incentivi per le caldaie a combustibili fossili indipendenti, a eccezione degli incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento ibridi con una quota considerevole di energia rinnovabile (per esempio, caldaie accoppiate con termico solare o con una pompa di calore). In linea con la proposta del parlamento, gli Stati membri dovranno istituire “sportelli unici”, ossia strutture di assistenza tecnica sulla prestazione energetica degli edifici. Due terzi dell’energia consumata per riscaldare e raffrescare gli edifici provengono ancora da combustibili fossili. Nei piani nazionali di ristrutturazione degli edifici gli Stati membri dovranno pertanto indicare le rispettive politiche e misure nazionali per eliminare gradualmente i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffrescamento. Il governo potrà comunque fornire incentivi finanziari per l’installazione di impianti di riscaldamento ibridi con una quota considerevole di energie rinnovabili, come la combinazione di una caldaia con un impianto solare termico o con una pompa di calore.
Il patrimonio da rinnovare
Come annunciato nel Green Deal europeo, il 14 ottobre 2020 la Commissione ha presentato la strategia per l’ondata di ristrutturazioni nella sua comunicazione del 14 ottobre dal titolo “Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa: inverdire gli edifici, creare posti di lavoro e migliorare la vita”. La strategia per l’ondata di ristrutturazioni contiene un piano d’azione con misure normative, finanziarie e di sostegno concrete per i prossimi anni e persegue l’obiettivo di raddoppiare, quanto meno, il tasso annuo di ristrutturazioni energetiche degli edifici entro il 2030 e di promuovere le ristrutturazioni profonde, il che comporterà la ristrutturazione di 35 milioni di unità immobiliari entro il 2030 e la creazione di posti di lavoro nel settore edile. La revisione della direttiva 2010/31/Ue si muove quindi nella direzione per realizzare tale “ondata di ristrutturazioni”.
Come indica lo stesso preambolo della direttiva, gli edifici sono responsabili del 40% del consumo finale di energia nell’Unione e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra associate all’energia, mentre il 75% degli edifici dell’Unione è tuttora inefficiente sul piano energetico. Il gas naturale è usato principalmente per il riscaldamento degli edifici e rappresenta circa il39 % del consumo energetico dovuto al riscaldamento degli ambienti nel settore residenziale. Seguono il petrolio, con l’11%, e il carbone, con circa il 3%.
Cambia la disciplina sulle attestazioni
La direttiva interviene sulla disciplina degli Attestati di prestazione energetica. La prestazione energetica degli edifici dovrà essere calcolata in base a una metodologia che potrebbe essere differenziata a livello nazionale e regionale. Tale metodologia dovrebbe comprendere, oltre alle caratteristiche termiche, altri fattori che svolgono un ruolo di crescente importanza, come l’effetto “isola di calore urbano”, il tipo di impianto di riscaldamento e condizionamento, l’impiego di energia da fonti rinnovabili, i sistemi di automazione e controllo dell’edificio, il recupero del calore dall’aria esausta o dalle acque reflue, il regime di bilanciamento, le soluzioni intelligenti, gli elementi passivi di riscaldamento e raffrescamento, i sistemi di ombreggiamento, la qualità dell’ambiente interno, un’adeguata illuminazione naturale e le caratteristiche architettoniche dell’edificio. La metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici dovrebbe tener conto della prestazione energetica annuale di un edificio e non essere basata unicamente sul periodo in cui il riscaldamento o il condizionamento d’aria è necessario.
Matteo Rizzi, ItaliaOggi