«Un uomo solo al microfono». È Paolo Leonardo Di Nunno, imprenditore nel campo di videogiochi e videopoker con azienda a Cormano, discusso proprietario della Calcio Lecco, ultimo in serie B. Ma per quanto il ritorno del club bluceleste in cadetteria (la storica promozione dopo 50 anni di attesa l’estate scorsa) si stia rivelando effimero (la squadra è staccata 13 punti dalla salvezza), certamente il suo vulcanico patron rimarrà negli annali del calcio italiano. Complici le sconcertanti esternazioni. Per esempio domenica scorsa dal balcone (una sorta di sky box) sugli spalti dello stadio Rigamonti-Ceppi, poco prima della gara col Palermo (poi persa 0-1): «Vi ho preso dal fallimento, senza di me sareste in terza categoria — ha detto Di Nunno parlando in un microfono collegato all’impianto audio dello stadio —. Se buttate un’altra bomba (petardo, ndr) in campo, lascio la squadra».
Parole seguite da un rapido dietrofront: «Dal balcone dello stadio mi sono rivolto a un solo tifoso, che mi aveva dato del mafioso… Ho accusato i giocatori in un momento di rabbia». Oppure quelle rilasciate alla stampa lunedì: «Non credo più alla salvezza. Vorrei che i telefoni dei miei giocatori venissero intercettati, ho paura che si vendano le partite». Seguite dall’autodifesa di calciatori e tecnici del Lecco, in una nota dell’Aic (Associazione Italiana Calciatori): «Le sue affermazioni riguardanti un presunto coinvolgimento dei tesserati in condotte illecite — si legge —, sono semplicemente diffamatorie. Nessuno deve o dovrà mai mettere in dubbio il nostro impegno sul campo, la nostra lealtà e la nostra trasparenza».
Insomma, ogni volta che il patron apre bocca la tifoseria lecchese si sconcerta. In origine era stata la querelle estiva per la messa a norma del Rigamonti-Ceppi che rischiò di escludere i blucelesti dalla B e che lo vide protagonista di esternazioni sopra le righe. Quindi i cambi di allenatore: dall’esonero del fautore della promozione, mister Foschi, a quello del duo Bonazzoli-Malgrati, fino all’ultimo (tentato ma poi abortito) dell’esperto Aglietti («Ma se va via mi fa un favore», ha ribadito ieri il patron). Poi la cacciata del ds Fracchiolla, infine la lite coi figli — il presidente del club (Cristian Paolo Di Nunno) e il consigliere (Gino Di Nunno) — in giorni in cui una tifoseria esasperata assediava la squadra negli spogliatoi (domenica, dopo la sconfitta con il Palermo).
Per la città di Lecco e la sua tifoseria è una continua mortificazione. «Ringraziamo Di Nunno per la promozione in B — dice Emilio Castelli, presidente del Lecco Club Valsassina —, ma adesso non lo comprendiamo, né lo giustifichiamo. Rispetto per Lecco e per quelle centinaia di tifosi che seguono la squadra ovunque». «La situazione è troppo complicata in questo momento e si commenta da sé», sintetizza il sindaco di Lecco, Mauro Gattinoni. Mentre Roberto Nigriello, presidente del consiglio comunale: «Ognuno è responsabile delle proprie azioni — dice —. So che lui è un fumantino e un appassionato, ma io avrei evitato certe esternazioni nei confronti di quei tifosi che ci sono sempre stati. Dire che non crede più nella salvezza è stato grave. Ma ancor più è stato insinuare che i giocatori potessero vendere le partite… Di Nunno mi sembra un uomo lasciato solo al comando su una nave allo sbaraglio».
In tutto questo ricompaiono possibili investitori: sarebbe la Brera Holdings di Joseph McClory interessata a subentrare nella proprietà del club. Pronta, ieri sera, la risposta di Di Nunno: «Nessuna volontà di cedere la società, non ci sono trattative in corso».
Fiorenzo Radogna, corriere.it