(DI BRUNO TINTI, buy Il Fatto quotidiano)
Su Italia Oggi del 16 settembre Riccardo Ruggeri cita ampie parti di un mio articolo sul viaggio di Renzi a New York (15/9). “Caro Bruno, il tuo pezzo è rivolto a un mondo scomparso, i politici acui tu fai riferimento come modello sono da tempo personaggi storici. Lui (Renzi) non fa i suoi interessi, è onesto, governa per togliersi delle soddisfazioni fanciullesche, stupire quelli del cerchio magico: l’elicottero per sciare, seduto accanto a Marchionne facendo ciao con la manina molle agli operai di Melfi, l’aereodi Stato per il tennis, la maglia di Gomez alla Merkel, cazzeggiare ogni settimana all’Expo. Questo passa e vuole il convento”.
È vero, caro Riccardo, c’è di peggio. Ma io vivo in questo Paese, sono un cittadino europeo. E per tutta la vita sono stato coinvolto nella mediocrità cui questi parvenu hanno condannato l’Italia. Come tu sai, da magistrato, mi sono occupato di reati societari, finanziari, fiscali. Ho seguito i soldi: da dove venivano, dove andavano, chi li aveva avuti e cosa ne aveva fatto. E ho lavorato in trasferta; rogatorie estere, così si chiamano. Si chiede a un collega inglese, francese, svizzero, tedesco, di sequestrare documenti, di identificare persone; e poi di interrogarle. Le convenzioni internazionali prevedono che il magistrato che chiede assistenza possa partecipare alle operazioni; e, di fatto, tutto si svolge in un regime di collaborazione. Il punto è che la collaborazione presuppone una fiducia reciproca che è tutta da costruire. Ebbene, ogni volta, a ogni rogatoria, il primo contatto era in salita. Formalismo accentuato, sempre; diffidenza, qualche volta; ostentazione di superiorità, spesso. Il problema era sempre lo stesso: ero italiano, provenivo da un Paese di serie B, ero coinvolto nella valutazione “pizza e spaghetti” che l’Italia si è guadagnata nel consesso internazionale. E ogni voltami toccava impegnarmi, nei primi contatti, a far capire che ero un professionista, serio e preparato proprio come loro; che ero affidabile e che sapevo quello che facevo. Ci sono sempre riuscito, tanto che sono nate belle amicizie, alcune coltivate ancora adesso. Ma la collera, quella non è mai venuta meno: ogni volta dovevo soffocarla.
ECCO CARO RlCCARDO io questo non posso perdonarlo a Renzi e a tutti quelli che sono venuti prima di lui. Questa gente ha distrutto la reputazione internazionale dell’Italia. Non solo con le ruberie, con le corruzioni, con l’incompetenza. Non solo con la constatazione dell’impunità che si sono costruiti. Ma con l’ostentazione compiaciuta della loro mediocrità. Dalle corna fotografiche di Berlusconi al volo di Stato di Renzi per assistere alla finale degli Us Open. Non posso perdonargli di aver coinvolto nella loro pochezza intellettuale mee le tante persone come me (e comete, credo che -nella tua importante vita professionale -situazioni del genere non ti siano state risparmiate).
È vero agli italiani sta bene cosi. Ma questa è un’altra cosa che non si deve perdonare. Aver valorizzato la parte peggiore del Paese, essersi creato una corte di supponenti incompetenti, aver infettato i cittadini con la convinzione che lo slogan vale più dell’argomentazione; questo è imperdonabile. Da qui l’invettiva, tanto più necessaria quanto disperata e irreversibile sia la situazione. ln fondo, come racconta Victor Hugo ne I Miserabili, è all’ingiustizia suprema di una battaglia che non si doveva perdere e che 1tuttavia si è perduta, che Cambronne grida ‘ merde”.