L’avvocato che esercita la professione presso la propria abitazione, troche utilizzata in modo promiscuo, e collabora con uno studio la cui organizzazione è riferibile ad altri soggetti, non è soggetto al pagamento dell’ Irap. Di più. La misura dei costi portati in deduzione dal reddito imponibile, pur se di importo non trascurabile, non denota l’esistenza di un’autonoma organizzazione, requisito che deve essere valutato in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da costui, frutto dell’organizzazione di beni strumentali e lavoro altrui.
Sono le conclusioni che si leggono nella sentenza n. 16941/2015 della Corte di cassazione, sezione tributaria, depositata in cancelleria lo scorso 19 agosto. Gli ermellini hanno ribaltato una decisione della Ctr Piemonte e, decidendo nel merito, hanno accolto il ricorso proposto da un avvocato contro una cartella di pagamento per omesso versamento di Irap, anno d’imposta 2003. Secondo il giudice tributario piemontese, l’avvocato era tenuto al pagamento dell’imposta, conclusione che si traeva dall’aver sostenuto costi ingenti, per 37.000,00 euro circa (a fronte di un reddito di oltre 178.000,00 euro), per svolgere la professione nella città di Torino, per conto di un noto studio legale di Milano, senza vincoli di subordinazione o esclusiva. Di parere opposto la Cassazione che, conformemente al parere del pm (anch’egli concludeva per l’accoglimento del gravame), ha avallato le ragioni del contribuente, ritenendo la non configurabilità, nel caso di specie, di un’autonoma organizzazione tale da determinare la soggezione all’Irap. Il presupposto dell’autonoma organizzazione, ricorda Piazza Cavour, non deve essere inteso in senso soggettivo, come auto-organizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma più propriamente in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, pur riferibile alla sua responsabilità e coordinazione. Dunque, il fatto di esercitare l’attività presso la propria abitazione (promiscuamente) e di lavorare principalmente per conto di un altro studio (la cui eventuale autonoma organizzazione è, quindi, irrilevante) escludono il professionista dall’ obbligo di corrispondere l’imposta. Pur gli ingenti costi sostenuti, che devono essere valutati nella loro specificità e qualificazione, piuttosto che nella misura, non denotano l’esistenza di un’autonoma organizzazione.
Di Nicola Fuoco (ItaliaOggi)