Grandi mandrie di animali potrebbero compattare la neve isolando i gas serra intrappolati nel permafrost.
Un gruppo di scienziati russi, tedeschi e svedesi ha testato un metodo originale per contrastare lo scioglimento del permafrost, lo strato di suolo perennemente congelato presente in Siberia, nel nord Europa e in America settentrionale. L’idea è questa: farvi camminare mandrie di bisonti, renne e cavalli per compattare lo strato di neve superficiale, riducendone così l’effetto di isolante termico in inverno. Il loro peso, infatti, renderebbe più compatto e freddo il permafrost, evitando così il rilascio in atmosfera dei gas serra (ma anche di virus e batteri) che vi sono intrappolati.
La ricerca, pubblicata su Nature, è la prima a proporre un’azione concreta per rallentare lo scioglimento del permafrost, considerato una vera bomba a orologeria ambientale. Questo tipo di suolo incorpora infatti ricchi depositi di carbonio, dovuti all’enorme quantità di materia organica che vi si è accumulata fin dal Pleistocene (fra 2 milioni e 11.700 anni fa). Si stima che sotto quelle superfici si celino 2.880 gigatonnellate (miliardi di tonnellate) di CO2: l’equivalente di quasi 76 anni di emissioni dovute alle attività umane (rispetto ai dati 2018), con effetti devastanti sul clima.
I ricercatori hanno condotto i test nel Parco del Pleistocene, una riserva naturale vicina a Chersky, in Russia. Qui, d’inverno, grazie alle abbondanti nevicate, si forma un manto che isola il terreno dall’aria gelida (anche -40 °C), mantenendolo più caldo. Ma se su quel terreno si fanno passare mandrie di grandi erbivori, la neve si compatta, il suo effetto isolante si riduce e questo sembra preservare più a lungo il permafrost dalle conseguenze del riscaldamento globale. Secondo i ricercatori, un centinaio di animali per km quadrato basterebbero per dimezzare lo spessore del manto nevoso.
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