Lasciare un’impronta genetica su’opera d’arte per impedire così la piaga della contraffazione. La rivoluzionaria tecnologia anticontraffazione si chiama DNArt ed è venuta in mente ad Aries, spin-off dell’Università Ca’ Foscari. Basata basata su DNA sintetico, protegge le opere d’arte dalle attività illegali dei falsari grazie a un’impronta genetica unica e invisibile, indecifrabile da terzi e impossibile da replicare.
La tecnologia è stata presentata in anteprima mondiale venerdì 15 novembre alla fiera ArtePadova 2019, utilizzando un’opera a tela dello street artist Alessio-B, che di fatto è ora il primo artista che vedrà la sua intera produzione marcata con l’innovativo sistema. Ma DNArt si prestaad essere utilizzata per rendere identificabili anche opere d’arte antiche, su tela, carta e legno. Sono invece in fase di sviluppo le tecniche per rendere il sistema pienamente performante anche su altri materiali, tra cui il vetro, la ceramica, il metallo e la plastica. Il tag anticontraffazione è completamente invisibile e la sua esatta ubicazione rimane ignota, rendendo impossibile la manipolazione o la rimozione della marcatura. Il DNA sintetico è compatibile al 100% con le opere, non le danneggia, non le altera e non provoca alcuna modifica strutturale della loro superficie.
«DNArt è il frutto di anni di ricerche e vuole rappresentare un’evoluzione del concetto di sistema anticontraffazione», spiega Alessandro De Toni, ceo di Aries. «La nostra tecnologia è utilissima per catalogare e rendere riconoscibile univocamente l’immenso patrimonio artistico del nostro Paese. Può anche essere associata ai sistemi di tracciamento già presenti sul mercato».
Nel solo 2018, secondo i dati diffusi dal Rapporto sull’Attività Operativa del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, sono stati sequestrati 1232 falsi per un valore stimato di oltre 422 milioni e si è registrato un lieve aumento di furti di beni culturali rispetto all’anno precedente (da 419 a 474), mentre è aumentato il recupero di beni antiquariali, archivistici e librari (da 7606 a 12096). «Se questi beni fossero stati marcati con DNArt», conclude De Toni, «riconoscerne l’identità, al momento del recupero, sarebbe un’operazione sicura e possibile tanto per i proprietari privati quanto per le istituzioni».
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