40 anni fa nell’esclusivo presepe dei netturbini creato da Giuseppe Ianni nel 1972, Carlo Riccardi dipinge la grande opera ” La moltiplicazione dei pani e dei pesci”.L’autore ha scelto di illustrare la scena, che rappresenta questo miracolo evangelico, per sottolineare il bisogno della condivisione delle risorse per aiutare le persone in difficoltà. Riccardi nell’opera del 1979 voleva sottolineare il bisogno portare al centro delle decisioni sociali e politiche l’essere umano, per creare una società a misura d’uomo.
Il Presepe dei Netturbini
Il Presepe è realizzato con oltre 3.000 pietre provenienti da tutto il mondo, che intende ricostruire fin nei minimi dettagli le tipiche costruzioni della Palestina di 2000 anni fa. Si contano ben 100 case in pietra di tufo dotate di porte e finestre, 52 metri di strade “miniaturizzate” in sampietrini, 4 fiumi lunghi complessivamente 12 metri e 4 acquedotti. E ancora 870 gradini, 24 grotte scavate nella roccia, 2 pareti umide che formano stalattiti e ben 270 personaggi.Visitato, nel corso degli anni, da oltre 2 milioni di persone, 40.000 ogni Natale, tra cui diversi Papi. Il lavoro di perfezionamento e arricchimento del Presepe da parte del suo autore è proseguito in tutti questi anni, con l’impegno volontario fuori orario di lavoro di alcune decine di operatori ecologici e dipendenti dell’AMA, e continua ancora oggi con piccole ma continue modifiche. Si stima che abbiano ammirato il Presepe oltre 2 milioni di persone, tra cui nel gennaio del 1974 Papa Paolo VI, dall’inizio del Suo Pontificato fino al 2002 Papa Giovanni Paolo II, che non è mai mancato al tradizionale appuntamento natalizio con i netturbini romani, e nel 2006 Papa Benedetto XVI. Da ricordare anche le visite di Madre Teresa di Calcutta nel 1996, del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2007, e di tutti i primi cittadini che si sono alternati alla guida della Capital. Realizzato completamente in muratura con calce e composto da oltre 2234 pietre, di cui 350 provenienti da tutto il mondo, che intende ricostruire fin nei minimi dettagli le tipiche costruzioni della Palestina di 2000 anni fa. Si contano ben 100 case in pietra di tufo dotate di porte e finestre, 52 metri di strade “miniaturizzate” in sampietrini, 4 fiumi lunghi complessivamente 12 metri e 4 acquedotti. E ancora 870 gradini, 24 grotte scavate nella roccia, 2 pareti umide che formano stalattiti e ben 270 personaggi
Chi è Carlo Riccardi? Ecco una breve biografia che connota l’importanza artistica dell’agire di Riccardi. Egli è nato a Olevano Romano (RM) il 3 ottobre 1926, comincia a lavorare giovanissimo come ritoccatore in uno studio di fotopittura. Nel ’45 scatta foto e le colora per i militari americani che stazionano al Rest Center del Foro Italico. Lì conosce un giovane Federico Fellini (1920-1993) che all’epoca disegnava le caricature per i militari. Il ’45 è l’anno della svolta professionale, l’inizio del suo percorso artistico come fotografo: Roma, palcoscenico particolarmente ricco di occasioni, presenze e situazioni, gli offre tutti gli spunti. Sono i primi anni della Repubblica, del neorealismo, dell’inizio del cosiddetto “boom economico”, delle grandi produzioni hollywoodiane, della “Dolce vita”. Carlo Riccardi quegli anni li vive da protagonista, fotografando tutti i personaggi famosi che transitano nella “Città eterna”: artisti, intellettuali, attori, re e regine. E lì – in via Veneto, in via Condotti, a piazza di Spagna – comincia l’avventura del primo “paparazzo” della “Dolce Vita”, ma anche della documentazione di un’epoca. Amico del già citato F. Fellini, di Ennio Flaiano (1910-1972) e di Totò (1898-1967), è stato il primo a immortalare Greta Garbo (1905-1990) in Italia. Suoi scatti sono esposti in mostre dedicate all’epoca della “Dolce vita”. Sue foto di Gary Cooper (1901-1961) e Jayne Mansfield (1932-1967) sono conservate nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Negli anni 50 Fonda la rivista «Vip»
La sua attività da pittore. Carlo Riccardi comincia curiosando nel mondo dell’arte osservando i pittori tedeschi ed inglesi ospitati da suo padre Mario nella casa di campagna ad Olevano Romano, meta privilegiata di artisti stranieri. Ancora oggi Olevano Romano ospita “Casa Baldi”, la residenza dei borsisti nominati dai Ministeri della Pubblica Istruzione dei Länder, gestita dall’Accademia Tedesca. Al suo arrivo a Roma, Saro Mirabella, maestro di Renato Guttuso, gli insegna a dipingere ed a ritoccare le fotografie. Fotografando le opere, fa amicizia con pittori che, di lì a breve, si sarebbero affermati sempre più. Ricordiamo Corrado Cagli, Giorgio De Chirico, Pericle Fazzini, R. Guttuso medesimo, Sante Monachesi, e Luigi Montanarini, i quali lo spingono a continuare a sperimentare la sua arte. Mentre lavora come fotoreporter per «Il Giornale d’Italia» e per «Il Tempo» rivela il suo talento anche come organizzatore di mostre, fondando la galleria Le Scalette Rosse, oggi Spazio5 – via Crescenzio 99/d, a pochi metri da piazza del Risorgimento – a Roma. Dipinge, scrive poesie, e, insieme ad altri intellettuali, fonda il movimento artistico “Quinta Dimensione”, l’ultimo manifesto pittorico del Novecento, firmato da oltre cinquanta artisti contemporanei. Negli anni Settanta, fondamentale sarà l’incontro con Karol Wojtila (1920-2005), all’epoca Arcivescovo di Cracovia, il quale lo ispirerà per un ambizioso progetto: dipingere venticinque quadri aventi come soggetto paesaggi e città polacche, in particolare Wadowice, città natale di Wojtila medesimo, futuro Papa Giovanni Paolo II dal 1978 al 2005. Tali quadri verranno esposti nel ’78 nella mostra Cattedrali a Cracovia, omaggio al Papa, allestita nella chiesa romana di San Pio V e inaugurata dal Pontefice «venuto da lontano». Negli stessi anni, ricopre anche la carica di Segretario Generale del Sindacato Artisti della Cisl. Negli anni Ottanta ha inizio la sua avventura come compositore di maxi-tele: espone le sue opere (lunghe cento, duecento, a volte trecento metri, e raffiguranti scorci di paesi e monumenti italiani) nelle maggiori città storiche, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica alla salvaguardia e conservazione del patrimonio artistico del nostro Paese. Il 15 agosto dell’86 avvolge per la prima volta l’obelisco di piazza del Popolo con la sua opera pittorica: una tela lunga cento metri raffigurante la città di Roma e le numerose scene di lavoro che all’epoca era facile incontrare per le sue vie.
Il 16 agosto 2016, in occasione del trentesimo anniversario di quell’opera, quella stessa piazza è stata avvolta da un’altra Maxitela dipinta da un intramontabile Carlo Riccardi, dal titolo Diamoci una mano e dedicata alla cultura come mezzo di unione fra i popoli. Nei circa centotrenta metri di pittura è proprio la mano – riprodotta in mille colori e in numerose situazioni, ma sempre aperta, proprio a sottolineare il bisogno collettivo di incontro – ad avere un ruolo da protagonista. Di contorno svariati soggetti, con una forte carica espressiva orientata all’astrattismo. Carlo Riccardi dipinge su qualunque superficie e le sue opere, in un certo qual modo, portano l’osservatore in una sorta di nuova dimensione (la sua già citata “Quinta Dimensione”). Il francese Pierre Carnac, biografo del grande Salvador Dalì, scrisse: «Nel 4000 un solo quadro ricorderà il nostro tempo. Il cerchio luminoso di Carlo Riccardi». Fra le sue Maxitele a metraggio ricordiamo quelle esposte nella Romerplatz Rathaus di Francoforte, quella in piazza della Signoria a Firenze, nel Chiostro di San Domenico a Siena, al Lido di Ostia (RM), nel bosco della Serpentara a Olevano Romano. Notissima è la maxitela di ottocento metri dedicata alla Polonia, esposta nella Sala Nervi in Vaticano e inaugurata da Giovanni Paolo II. Nel 2015 ha donato a Papa Francesco un’opera per la Pace. Ancora oggi le sue tele continuano a fare il giro del mondo. Un uomo e un artista che, con la sua vita e la sua opera, ha dato un contributo fondamentale alla conservazione e valorizzazione della memoria della Storia d’Italia degli ultimi sette decenni.