(di Tiziano Rapanà) Sono sommerso dai libri e dai fumetti. Troppi libri e troppi fumetti. Ed io che, ultimamente, leggo troppo poco. Colpa del lavoro, della pigrizia e dello stress (non sono stressato, ma lo stress è sempre un buon alibi per tutte le manchevolezze che dai nella vita di tutti i giorni). Ultimamente compro numeri di Topolino che non leggo. Le copertine sono magnifiche, ma la voglia di leggere è pari a zero. Non riesco a reggere più di dieci minuti. Forse è una protesta inconscia: hanno tolto la striscia finale dedicata a Pietro Gambadilegno scritta dal bravo Tito Faraci e la cosa mi scoccia. La scusa non è valida? Forse, ma la voglia di leggere è sempre pari allo zero. E non posso dire che la pigrizia mi stia mangiando vivo, un po’ perché sono diventato un inappetente e non capisco perché dovrebbe essere affamata lei che è solo parte della mia silhouette intellettuale, e un po’ perché sono sempre pronto e prono al processo della creatività e non mi concedo mai delle pause o deroghe. Ho letto il numero zero di Odessa, la nuova serie a fumetti della Sergio Bonelli Editore… Non mi convince per niente, non ho voglia di comprare il primo numero che tuttavia acquisterò lo stesso (il prologo è un albetto di cinque pagine, che non bastano a formulare un giudizio sensato). Ho tentato di riprendere la visione dei film. E quindi provare un ritorno al cinefilia. Anche lì un disastro. Fatico e tanto a guardare un film fino alla fine. In compenso, ho risolto definitivamente i problemi d’insonnia. Immagino l’abbiate capito: culturalmente, vivacchio. Non si accende la fiammella del desiderio di fronte ad un libro, film, fumetto, opera d’arte. Anche lì sono un inappetente: due minuti di film mi saziano e mi portano all’indigestione, idem con patate (possibilmente al forno) tutto il resto. Solo la settimana scorsa, ho provato un senso di piacere nella lettura di un libro. Si chiama Omero è stato qui (Bompiani) ed è stato scritto da Nadia Terranova… Sì, lo so, un’altra volta la Terranova. Già me la immagino la vostra riprovazione. Vi vedo chinati sul vostro cellulare o seduti su una poltrona a guardare il pc, che guardate quel nome e mi dite: “Ancora?”, sì, io so che mi state dicendo questo, “Ancora questa? E basta!”. Probabilmente dovrei scusarmi per la reiterazione, ma se ho voglia di approfondire l’opera di uno scrittore voi me lo dovreste pure concedere. O no? Comunque fidatevi questo libro vale come l’altro Addio fantasmi, che concorre per il premio Strega. Che io sappia il libro non concorre per nessun premio letterario, probabilmente è un libro ancora astemio e dunque niente Strega o altri alcolici per lui. Non è un romanzo, ma una serie di racconti legati a Messina, citta natale dell’autrice, e soprattutto alle leggende e mitologie dello Stretto. Leggende che fanno parte dell’infanzia della scrttrice, che ripropone con piglio da insegnante di scuola elementare ad un pubblico di giovani lettori. C’è il mito di Scilla e Cariddi, l’amore di Mata e Grifone, fata Morgana e il fratellastro re Artù… c’è tutto e anche poco. Sicché la pigrizia non è solo un mio problema, ma anche della Terranova. Il libro è piccolo piccolo, non arriva nemmeno a 60 pagine. Ne vale la pena comunque, perché la scrittrice rivisita i miti e i mostri della sua infanzia. Non si tratta della solita novellistica per bimbetti. L’autrice scrive libri per l’infanzia, per poterci fare i conti (e magari farci anche a pugni). Non è un capolavoro, ma ha la qualità di trasportare con passione nelle tradizioni orali di Messina e ha la premura di trattare il piccolo narratario con rispetto e non da deficiente, come fanno tipicamente alcuni scrittori dell’infanzia che per amor di patria (e di portafoglio) non cito. L’autrice avrebbe potuto scrivere qualche pagina in più, ma il libro costa solo 10 euro. E li vale tutti.