Confindustria gela il governo gialloverde. Il Centro studi di Confindustria vede una «Italia ferma» e azzera le previsioni per il Pil 2019 (già ribassate a ottobre al +0,9%). Pesano anche «una manovra di bilancio poco orientata alla crescita», «l’aumento del premio di rischio che gli investitori chiedono» sui titoli pubblici italiani, «il progressivo crollo della fiducia delle imprese» rilevato «da marzo, dalle elezioni in poi». E gli investimenti privati sono per la prima volta in calo (-2,5%, escluse costruzioni) dopo 4 anni di risalita. La prima stima per il 2020 del Centro studi di Confindustria prevede invece un «esiguo miglioramento», +0,4%. Dalle previsioni di ottobre ad oggi ha invece ridotto la stima da +0,9% a zero. Gli economisti di via dell’Astronomia rilevano in particolare «due elementi sfavorevoli che si sono determinati nella seconda metà del 2018» e che «hanno contribuito in misura marcata al deterioramento dello scenario. Il 2019 li eredita entrambi».
La prima stima per il 2020 del Centro studi di Confindustria prevede invece un «esiguo miglioramento», +0,4%. Dalle previsioni di ottobre ad oggi ha invece ridotto la stima da +0,9% a zero. Gli economisti di via dell’Astronomia rilevano in particolare «due elementi sfavorevoli che si sono determinati nella seconda metà del 2018» e che «hanno contribuito in misura marcata al deterioramento dello scenario. Il 2019 li eredita entrambi». Il primo è sul fronte dello spread: «Il rialzo di circa un punto percentuale dei rendimenti sovrani rispetto ai minimi dei primi mesi del 2018, che si sta rilevando persistente», pur non riflettendo la reale immagine che il mercato dovrebbe avere del Paese è un «riflesso dell’aumento del premio al rischio che gli investitori chiedono per detenere titoli pubblici italiani». C’è poi «il progressivo crollo della fiducia delle imprese, specie nel manifatturiero, a riflesso del clima di forte incertezza nell’economia: a questo si è sommato, più di recente, un deterioramento anche del sentimento delle famiglie italiane». Quanto al 2018, alle spalle ci siamo lasciati «un anno a due velocità», con una inversione di rotta in negativo nel secondo semestre come emerge anche dai dati sull’occupazione
Nel 2019 l’indebitamento della Pa salirà al 2,6%. È quanto stima il rapporto di primavera del Csc rivedendo in aumento di 0,6 punti percentuali quanto previsto nell’ottobre scorso. Il rapporto deficit /Pil resterà al 2,6% anche nel 2020. Il debito della Pa, invece, tocca nel 2019 quota 133,4 , circa 2,7 punti percentuali in più delle ultime previsioni di Confindustria per assestarsi al 133,6 nel 2020.
Il primo è sul fronte dello spread: «Il rialzo di circa un punto percentuale dei rendimenti sovrani rispetto ai minimi dei primi mesi del 2018, che si sta rilevando persistente», pur non riflettendo la reale immagine che il mercato dovrebbe avere del Paese è un «riflesso dell’aumento del premio al rischio che gli investitori chiedono per detenere titoli pubblici italiani». C’è poi «il progressivo crollo della fiducia delle imprese, specie nel manifatturiero, a riflesso del clima di forte incertezza nell’economia: a questo si è sommato, più di recente, un deterioramento anche del sentimento delle famiglie italiane». Quanto al 2018, alle spalle ci siamo lasciati «un anno a due velocità», con una inversione di rotta in negativo nel secondo semestre come emerge anche dai dati sull’occupazione.
«Nel 2019 la domanda interna risulterà praticamente ferma e una recessione potrà essere evitata solo grazie all’espansione, non brillante, della domanda estera. A meno che – avverte il rapporto del Centro studi di Confindustria con le nuove previsioni degli economisti di via dell’Astronomia – non si realizzi l’auspicato cambio di passo nella politica economica nazionale».
Nel 2019 «per ora non si vede un’inversione di tendenza nei contratti», i lavoratori dipendenti «sono tendenzialmente fermi, c’è un calo del lavoro a termine ma non è ancora compensato dai contratti a tempo determinato». Così il Centro studi Confindustria definendo il 2018 «a due velocità» visto che nei primi 6 mesi l’occupazione è cresciuta di 198.000 unità mentre nel II semestre è calata di 84.000. Nel 2019 l’occupazione resterà «sostanzialmente stabile (+0,1%)» e aumenterà dello 0,4% nel 2020.
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