L’Asia chiude male la settimana, affossata dai dati sulle esportazioni cinesi e sul surplus di Pechino, che risentono degli effetti della guerra dei dazi con gli Stati Uniti. Il Nikkei oggi termina la seduta in rosso per il 2,01%, complice anche un selloff sui mercati azionari e la ricerca dello yen come valuta rifugio, mentre alle ore 7:30 italiane Hong Kong cede l’1,72% e Shanghai è il listino che perde di più, -3,83% (poi chiude a -4,4%).
Con la conseguenza che l’oro riprende a correre, sale dello 0,51% a 1,292,7 dollari per oncia e il petrolio Wti americano scende dello 0,53% a 56,36 dollari il barile. L’euro, dopo aver perso un secco 1,1% ieri a causa del taglio delle previsioni sull’economia Ue da parte della Bce, recupera qualcosa in Asia e scambia a 1,1207, ai livelli di 20 mesi fa, era luglio 2017. Lo yen si rinforza intanto dello 0,47% a 110,04, mentre la sterlina resta bilanciata a 1,3093. I futures sul Wall Street sono in rosso per lo 0,4%.
Intanto si muovono anche gli indici obbligazionari, con il T bond americano a 10 anni il cui rendimento che continua a scendere a quota 2,636 da 2,754 di inizio mese, mentre il decennale italiano ora rende il 2,48%, che si confronta con il 3,09% di metà dicembre 2018, ovvero il 24,6% in meno.
Le esportazioni cinesi sono diminuite drasticamente il mese scorso, a causa da un lato di una domanda più debole e di distorsioni generate dalle festività per il nuovo anno lunare, che dura una settimana. L’export è quindi crollato a febbraio del 20,7% rispetto a un anno prima, dopo essere balzato del 9,1% a gennaio. Gli economisti intervistati dal Wall Street Journal si aspettavano un -6%.
Le importazioni, nel frattempo, sono calate a loro volta del 5,2% dopo il -1,5% di gennaio. Il pool di economisti interpellati dal WSJ aveva previsto un calo del 2,5%. E quindi il disavanzo complessivo della Cina si è attestato a febbraio 4,12 miliardi di dollari, un crollo rispetto ai 39,16 miliardi di dollari in eccedenza di gennaio e al di sotto di 24,45 miliardi attesi dagli economisti.
Per i primi due mesi del 2019, le esportazioni e le importazioni cinesi sono diminuite rispettivamente del 4,6% e del 3,1%, portando ad un avanzo commerciale di 43,7 miliardi di dollari. Eliminando gli effetti del Capodanno lunare, l’agenzia doganale cinese ha detto che le esportazioni e le importazioni di febbraio sono aumentate rispettivamente, rispetto all’anno precedente, dell’1,5% e del 6,5%.
Intanto il governo cinese ha reso noto che appoggerà il colosso tech Huawei nella sua azione legale di risarcimento danni contro gli Stati Uniti. Lo ha annunciato il consigliere di Stato Wang Yi in una conferenza stampa dopo una riunione del parlamento. Wang ha spiegato che Pechino adotterà “tutte le misure necessarie” per salvaguardare gli interessi cinesi contro “repressioni politiche deliberate” ai danni di società del Paese. “Non si tratta solo di proteggere i diritti di una società, ma soprattutto i legittimi interessi di un Paese e della sua popolazione”, ha aggiunto.
Sul fronte del vertice Cina-Usa in Florida per una soluzione anche parziale della guerra dei dazi, per ora non ci sono note ufficiali. Ieri il New York Times ha scritto che gli Stati Uniti e la Cina hanno di fatto raggiunto un ampio accordo che comporterebbe la rimozione di alcune tariffe in entrambi i Paesi. Ciò implica che la Cina acquisterà più beni americani e aprirà alcuni dei suoi mercati a società straniere. Prevale comunque la cautela, perché il governo di Pechino teme i cambiamenti dell’ultimo minuto del presidente Trump.
Elena Dal Maso, Milano Finanza