Italia promossa dall’Ocse sulla trasparenza degli accordi fiscali concessi alle imprese multinazionali. Nel 2017 l’amministrazione finanziaria ha inviato ai «colleghi» dei paesi partner le informazioni riguardanti 199 ruling, di cui 195 in materia di transfer pricing. Sono 44 gli stati che hanno ricevuto i dati: dall’Argentina all’Australia, dagli Stati Uniti al Vietnam, passando per tutti quelli dell’Unione europea. Resta però del lavoro da fare. Secondo l’organizzazione parigina, due sono gli ambiti di miglioramento per il Belpaese. Uno verte sulla tempestività degli scambi, che dovrebbero avvenire con cadenza trimestrale, a fronte dei cinque mesi e mezzo impiegati nel 2017. Il secondo concerne i regimi fiscali privilegiati e in particolare il patent box, soprattutto per quanto riguarda gli accordi sui marchi commerciali (ora esclusi dall’agevolazione) siglati durante il periodo transitorio di «grandfathering». È quanto emerge da un nuovo report pubblicato dall’Ocse nei giorni scorsi, che analizza l’efficacia delle misure adottate da 92 paesi in merito all’implementazione della Action 5 del progetto Beps. Si tratta cioè della raccomandazione contro i regimi fiscali dannosi.
La rilevazione dell’organizzazione parigina fotografa l’anno 2017 e copre tutti i paesi dell’Ocse e del G-20. Uno degli strumenti chiave per garantire la piena conoscibilità (e quindi il contrasto) della concorrenza sleale tra paesi sotto il profilo delle tasse consiste nello scambio di informazioni relative ai ruling. Il rapporto evidenzia che i 92 stati esaminati hanno concesso in totale 16 mila accordi preventivi, di cui 14 mila firmati nel 2017 e 7 mila nel 2016.
Fino allo scorso 31 dicembre sono stati 21 mila gli scambi di informazioni che hanno avuto luogo a livello globale tra le tax authorities. Un risultato «molto importante», spiega l’Ocse in una nota, «con il 60% delle raccomandazioni rilasciate nel 2016 recepite dai singoli governi».
Valerio Stroppa, ItaliaOggi