“Entro la fine del 2024 una bozza di testo per la legge-delega” che riporti il nucleare tra le fonti del bouquet italiano con il ddl “sottoposto al vaglio parlamentare nei primi mesi del 2025”. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, nella foto, traccia la strada che riporterà l’Italia tra i Paesi che si avvalgono dell’energia nucleare. In audizione alle commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione, ricorda di aver dato mandato al professor Giovanni Guzzetta, ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università Tor Vergata di Roma, di coordinare un gruppo di lavoro con l’obiettivo di “riordinare la legislazione di settore, definire le proposte legislative e un quadro delle azioni da intraprendere, che tengano conto dello sviluppo delle tecnologie nucleari innovative a livello globale e delle indicazioni delle agenzie internazionali, al fine di consentire la produzione di energia da fonte nucleare sostenibile in Italia”. Il primo passo del gruppo di esperti sarà “presentare entro la fine del 2024 una bozza di testo per la legge-delega che possa abilitare la produzione da fonte nucleare tramite le nuove tecnologie nucleari sostenibili come gli SMR, AMR e microreattori”, informa il titolare del MASE. “Tale disegno di legge-delega sarà quindi sottoposto al vaglio parlamentare nei primi mesi del 2025”, precisa Pichetto. La delega e i decreti legislativi ad essa legati “dovranno necessariamente riguardare anche l’intero sistema di governance, procedendo ad una revisione e a un riordino delle competenze e delle funzioni attualmente esistenti nel Paese”, segnala il ministro. L’esito dei lavori della Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile è invece atteso “per fine ottobre”. Il Governo vuole valutare “in modo scientifico e non ideologico anche la fonte nucleare” tra le fonti per ottenere la decarbonizzazione della produzione elettrica, spiega il titolare del MASE, “oltre ai target 2030 abbiamo guardato anche al 2040 e 2050”. Per operare una scelta “il Governo ha deciso di fornire basi tecniche e scientifiche” puntando a “evitare di collocare il dibattito su posizioni ideologiche e preconcette”, spiega. Per questo è nata la piattaforma alla quale “stanno partecipando i più importanti stakeholder”, dice il ministro, “coprendo i principali settori del nucleare”, ciò detto “i risultati dei lavori della piattaforma attesi per fine ottobre e rappresentano una base oggettiva di dati e valutazioni tecniche, non politiche”. Pichetto sottolinea che “le relazioni conclusive della piattaforma saranno la base solida per l’elaborazione e la possibile adozione da parte del governo di un programma nazionale per il nucleare sostenibile, sia per il medio termine nel campo dei piccoli reattori modulari sia nel lungo termine per la fusione”. Ad ogni modo, precisa il ministro, “non stiamo valutando il ritorno in Italia delle centrali nucleari di grande dimensioni di I e II generazione”. Con l’inserimento della tecnologia nucleare “insieme a tutte le altre fonti di energia”, il modello alla base delle analisi “ha ritenuto le tecnologie nucleari sia economicamente che energeticamente più convenienti per sostenere il carico di base del sistema energetico, a supporto delle rinnovabili intermittenti” e “non c’è stata alcuna scelta politica sulla preferenza per una quota di nucleare”, segnala il ministro. “Lo scenario è stato elaborato con un apposito modello del sistema energetico nazionale che, dati gli obiettivi, individua la traiettoria ottimale di minimo costo complessivo dell’intero sistema per raggiungerli”, precisa. Il risultato dell’esercizio “ha mostrato che il potenziale stimato di sviluppo degli impianti nucleari verrebbe completamente utilizzato in tutti gli anni considerati”, segnala il ministro. Ciò detto, “mi preme ribadire una volta in più il concetto- sottolinea Pichetto- non c’è stata alcuna scelta politica sulla preferenza per una quota di nucleare, ma è stato il modello di scenario utilizzato per tutte le fonti, sia rinnovabili che non rinnovabili, a dare come risultato una preferenza per l’opzione nucleare per una quota tra l’11% e il 22% del totale dell’energia richiesta al 2050, ad un costo stimato di almeno 17 miliardi di euro inferiore al costo dello scenario senza nucleare”. Una quota di energia nucleare nel mix energetico italiano, infine, “va considerata non in antagonismo ma a supporto del pieno dispiegamento delle rinnovabili”, prosegue. “Nel PNIEC il ruolo delle fonti rinnovabili sarà centrale anche in un’ottica di decarbonizzazione al 2050”, spiega. “La letteratura scientifica internazionale è concorde nell’affermare che, per realizzare sistemi elettrici decarbonizzati, è necessario disporre di una certa quota di generazione elettrica programmabile per sostenere lo sviluppo delle fonti rinnovabili non programmabili (eolico e fotovoltaico), garantendone una loro migliore integrazione nel sistema. A soddisfare questa necessità può contribuire in maniera particolarmente efficace la produzione elettrica da fonte nucleare”. Dunque, precisa il titolare del MASE, “una quota di energia nucleare nel mix energetico italiano va quindi considerata non in antagonismo ma a supporto del pieno dispiegamento delle rinnovabili, senza dover ricorrere a sovradimensionamenti del sistema, delle infrastrutture elettriche e soprattutto degli impianti di accumulo dell’energia”.