Dopo un infarto, mantenere sotto controllo i livelli di colesterolo “cattivo” LDL è vitale per prevenire nuovi eventi cardiovascolari. Tuttavia, molti pazienti non riescono a ridurlo adeguatamente, perdendo il beneficio di diminuire il rischio di secondi eventi cardiovascolari, esponendosi a possibili ricadute. La buona notizia arriva dalla pratica clinica che dimostra come l’approccio “colpisci presto, colpisci forte” possa fare la differenza aiutando i pazienti a raggiungere tempestivamente i livelli raccomandati di C-LDL e offrendo una protezione efficace e sicura nella delicata fase post-infarto. Le recenti evidenze emergono dallo studio italiano AT TARGET-IT coordinato dal prof. Pasquale Perrone Filardi, Direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università “Federico II” di Napoli, Presidente Sic (Società Italiana di Cardiologia) e pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology. I dati mostrano che intervenire subito dopo l’infarto, già durante il ricovero, in modo intensivo con anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, abbassa i livelli di LDL fino al 70%. L’approccio “colpisci presto, colpisci forte” ha portato il 68% dei pazienti a raggiungere l’obiettivo raccomandato di LDL (55 mg/dL) già al primo controllo. “I pazienti che hanno avuto un infarto sono considerati ad altissimo rischio. Le linee guida europee raccomandano di raggiungere livelli di LDL inferiori a 55 mg/dL, e addirittura sotto i 40 mg/dL per chi ha avuto multipli eventi cardiovascolari- afferma il Prof. Pasquale Perrone Filardi, nella foto, Direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università “Federico II” di Napoli e Presidente della Società Italiana di Cardiologia (Sic)- Tutti i pazienti dopo l’infarto dovrebbero fare un controllo dopo 4 settimane di terapia anti-lipidica per verificare l’efficacia del trattamento e se i livelli di LDL non sono ancora ottimali, è necessario modificare e ottimizzare la terapia”. Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia con 217mila decessi all’anno. Con 1 paziente su 5 a rischio di un secondo evento cardiovascolare entro il primo anno dopo un infarto, il colesterolo LDL rappresenta un fattore modificabile fondamentale per prevenire nuovi eventi. Il registro AT TARGET- IT dimostra per la prima volta nella pratica clinica una chiara correlazione: più basso è il livello di LDL, minore è il rischio di nuovi eventi cardiovascolari, con benefici evidenti già dopo 11 mesi. I pazienti che hanno raggiunto l’obiettivo di LDL 55 mg/dL hanno visto una significativa diminuzione del rischio rispetto a quelli che non l’hanno raggiunto e che hanno livelli superiori. Il beneficio è ancora maggiore per chi ha livelli di colesterolo LDL sotto i 43 mg/dL e massimo per chi scende sotto i 23 mg/dL. Questi risultati confermano che abbassare il colesterolo LDL in modo intensivo subito dopo un infarto è sicuro ed efficace con significativi benefici per ridurre il rischio di recidive. “Il periodo immediatamente successivo a un infarto è una fase vulnerabile per i pazienti, con un alto rischio di successivi eventi cardiovascolari ischemici, soprattutto nei primi mesi fino al primo anno, e un tasso di mortalità complessiva intorno al 10%- afferma il Prof. Pasquale Perrone Filardi– Intervenire subito, già durante il ricovero ospedaliero sul colesterolo LDL, rappresenta un’opportunità per ottimizzare la terapia, raggiungere rapidamente i livelli target e ridurre il rischio di un secondo evento cardiovascolare entro l’anno. Gli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 si sono dimostrati efficaci e sicuri nell’implementare questo protocollo terapeutico, come evidenziato dallo studio AT TARGET-IT”. Il successo dell’approccio “colpisci presto e colpisci forte” dipende in modo significativo anche dall’aderenza alla terapia. Dall’analisi dei dati di 771 pazienti post-infarto trattati in 22 centri italiani con anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, è emerso che questi farmaci sono ben tollerati, con il 90,9% dei pazienti che risultano aderenti allo schema terapeutico in 11 mesi. Questo risultato è significativo considerando che, secondo la letteratura scientifica, solo circa 5 pazienti su 10 (45,9%) a rischio molto alto e 3 su 10 (30,2%) a rischio medio seguono regolarmente una terapia ipolipemizzante tradizionale, rappresentate in primo luogo dalle statine, esponendosi così a un maggior rischio di complicazioni cardiovascolari. “Le terapie orali per le patologie cardiovascolari croniche spesso presentano problemi di aderenza. Diversi studi evidenziano che i pazienti, soprattutto se assumono molti farmaci, tendono ad interrompere ad un certo punto il trattamento- continua il Prof. Pasquale Perrone Filardi- Gli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 offrono un’importante opportunità in questo contesto e hanno dimostrato un’aderenza superiore al 90% che si mantiene nel tempo. La loro somministrazione è semplice: un’iniezione ogni 15 giorni, senza effetti collaterali significativi come le mialgie, che spesso accompagnano le statine, sebbene queste ultime rimangano una terapia di supporto”. Oltre a mantenere una costante aderenza ai trattamenti, i pazienti possono giocare un ruolo attivo nella loro prevenzione secondaria. Per i pazienti post infarto, è fondamentale che, se i livelli di colesterolo LDL non raggiungono gli obiettivi raccomandati, si consultino con il proprio specialista. Questo permette di ottimizzare la strategia terapeutica e garantire la massima protezione contro futuri eventi cardiovascolari.