
Lo sappiamo da anni che il futuro della mobilità è l’auto elettrica: zero emissioni, tre volte più efficiente, meno costi in manutenzione, abbattimento delle accise sul carburante. Ma non decolla. Nonostante i livelli di polveri sottili siano quasi sempre fuori controllo, nonostante gli investimenti ogni anno annunciati. L’ostacolo principale è il prezzo: dai 30 mila ai 37 mila euro per un’utilitaria su strada. Troppi per il consumatore medio, che dai dati Federauto può permettersi di spendere 8 mila euro, ovvero auto inquinanti da euro 4 a euro zero. In Italia ce ne sono 15 milioni in circolazione.
Northvolt va in crisi
Ora anche chi si è buttata per prima sul mercato delle batterie comincia a far fatica. Parliamo della svedese Northvolt, la prima ad avviare una gigafactory in Europa. Tra i suoi fondatori c’è un italiano, l’ingegner Paolo Cerruti, un passato in Tesla insieme al socio svedese Peter Carlsson. Fondata nel 2016, Northvolt aveva raccolto nei diversi round finanziamento cospicui come 2,75 miliardi di dollari da diversi investitori tra cui Volkswagen, che ora annuncia pesanti tagli alla forza lavoro e Goldman Sachs.
«Dobbiamo ridurre la forza lavoro»
«Stiamo vivendo uno dei momenti più difficili nella storia della nostra azienda, poiché dobbiamo affrontare la difficile realtà della riduzione della nostra forza lavoro», ha appena spiegato l’italiano Daniele Maniaci, Chief People Officer di Northvolt. Si tratta di un altro momento difficile per il produttore di batterie, che all’inizio di questo mese ha ri-focalizzato la propria strategia su un unico segmento di mercato oltre a staccare la spina a un altro importante progetto in Svezia.
Il tracollo delle vendite di auto elettriche
Nello specifico, circa 1.000 dipendenti svedesi della Northvolt perderanno il lavoro a Skelleftea, dove si trova la mega-fabbrica dell’azienda. Inoltre, 600 posizioni verranno eliminate in altre parti del Paese. L’annuncio significa anche che l’espansione dell’impianto situato nel nord della Svezia è bloccata. Northvolt avrebbe dovuto aggiungere 30 gigawattora di potenza delle celle della batteria, che avrebbero dovuto essere in grado di alimentare circa 500.000 veicoli all’anno. Sembra passata un’era geologica da quando quel sito di Skeffeltea avrebbe dovuto replicare la produzione mondiale di batterie di cui si giova la Tesla del gruppo di Elon Musk. Northvolt aveva incassato ordini per 26,5 miliardi di euro dalle principali aziende europee tra cui i colossi tedeschi Volkswagen e Bmw oltre alle svedese Volvo. E si ipotizzavano tremila nuovi posti di lavoro. Invece, complice il crollo delle immatricolazioni delle auto elettriche in tutti i mercati europei, Italia in testa, anche le aziende newcomers, che si erano mosse per prime, ora vanno in stress finanziario.
I creditori studiano vari scenari
Dato il deterioramento della situazione finanziaria, la scorsa settimana i creditori di Northvolt si sono avvalsi dei servizi di una banca d’investimento di New York, PJT Partners, per studiare vari scenari di ripresa. A ciò si aggiungono i ritardi previsti della mega-fabbrica da 7 miliardi del Quebec progettata dalla Northvolt a Montérégie. Il governo Legault prevede un ritardo fino a 18 mesi.
Corriere.it