La recente pubblicazione dell’OECD Employment Outlook 2024 porta buone e cattive notizie per l’occupazione mondiale. Mentre il numero di occupati nei Paesi dell’area OCSE ha raggiunto i 662 milioni nel maggio 2024, un aumento del 25% rispetto al 2000, la crescita degli occupati inizia a rallentare e i salari reali stentano a recuperare i livelli pre-2020. E in questa cornice, l’Italia si distingue tristemente per la sua performance negativa sui salari reali.
L’Italia, infatti, si trova al terzultimo posto tra i 38 Paesi OCSE per la crescita dei salari reali, con un deprimente -6,9% rispetto al quarto trimestre 2019. Peggio di noi fanno solo la Cechia e la Svezia. Questo dato è ancor più stridente se confrontato con il -2% della Germania e il leggero +0,1% della Francia. Un’amara constatazione per un Paese che, nonostante la sua tradizione di eccellenza nel “made in Italy”, non riesce a tradurre questa competitività in un miglioramento delle condizioni salariali per i suoi lavoratori.
Il basso costo del lavoro in Italia ha senza dubbio contribuito a mantenere competitivo il nostro export, ma a quale prezzo? La stagnazione della produttività, ferma da quasi 30 anni, impedisce una crescita economica solida, limitando la qualità dei posti di lavoro e mantenendo i salari bassi. È come se l’Italia avesse venduto la propria anima industriale per mantenere l’illusione di competitività, senza investire in innovazione e miglioramenti strutturali.
L’OCSE non risparmia critiche. Nella sua analisi, l’organizzazione sottolinea che nonostante una stagione di profitti societari più che buoni, c’è ancora molto spazio perché questi profitti possano assorbire ulteriori aumenti salariali. Questo significa che le aziende potrebbero, e dovrebbero, fare di più per migliorare i salari dei lavoratori. E non si tratta solo di giustizia sociale, ma di una strategia di crescita economica sostenibile.
In Italia, i salari minimi reali sono superiori ai livelli del 2019 in quasi tutti i Paesi OCSE, con un aumento dell’8,3% rispetto a cinque anni fa. Tuttavia, questo incremento non si riflette in una crescita salariale generale adeguata. Le imprese italiane hanno un significativo potere negoziale, ma questo si traduce raramente in benefici per i lavoratori.
Il “Recovery Plan” europeo rappresenta un’occasione d’oro per l’Italia, ma siamo ancora lontani dal vedere i suoi frutti. La necessità di aumentare i salari e la produttività delle imprese attraverso investimenti e innovazione è più urgente che mai. Se non cogliamo questa opportunità, rischiamo di rimanere impantanati in un ciclo di bassi salari e bassa crescita.
L’OCSE, nella sua Economic Survey dedicata all’Italia, ha lodato la performance dell’export italiano nel periodo post-Covid, ma ha anche evidenziato la necessità di una svolta. È tempo di agire. L’Italia deve smettere di accontentarsi della mediocrità e puntare in alto. La chiave è una maggiore equità salariale e una forte spinta all’innovazione.