I comuni non possono vietare l’utilizzo di sacchetti compostabili e biodegradabili per la raccolta differenziata dei rifiuti organici, la raccolta dell’umido urbano e il conferimento in raccolta differenziata dei rifiuti organici stessi, a causa della mancata adozione del decreto ministeriale previsto dall’articolo 182-ter, comma 7, del Testo unico ambientale (TUA, dlgs n. 152/2006), che deve disciplinare i “livelli di qualità” per tale raccolta. E i criteri da applicare ai controlli e alle verifiche, anche sugli impianti di riciclaggio dedicati. È quanto afferma il ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, con una risposta (n. 113158 del 19 giugno 2024) ad un interpello di Legambiente. Per la verità, il dicastero guidato da Gilberto Pichetto usa una perifrasi per sconfessare il divieto dei comuni, sostenendo che questo “non sembra giustificato” dall’assenza del decreto di cui sopra. Dunque, per capire dove sia il “problema” occorre fare il punto della situazione.
La tendenza negli enti locali
Alcuni enti locali, province e comuni, non consentono l’uso di sacchetti compostabili certificabili, motivandolo il diniego col fatto che in quell’area i rifiuti organici vengono avviati ad impianti di biofermentazione che producono biometano e compost. Questi impianti sono tecnologicamente inidonei a utilizzare sacchetti di bioplastica, come altri rifiuti (ad esempio ossa).
La risposta del ministero
In premessa alla sua risposta, il Mase ricorda che (in linea con l’art. 22 della direttiva 2008/98/CE, così come da ultimo sostituito dalla direttiva Ue 2018/851), nel nostro ordinamento è stato introdotto (con l’art. 182-ter del dlgs n. 152/2006) l’obbligo di raccogliere in modo differenziato i rifiuti organici, anticipando la decorrenza di tale obbligo al 31 dicembre 2021 rispetto alla previsione stabilita a livello Ue, fissata al 31 dicembre 2023.Questa disposizione, ricorda il Mase, al comma 2 prevede che «i rifiuti organici sono differenziati e riciclati alla fonte, anche mediante attività di compostaggio sul luogo di produzione, oppure raccolti in modo differenziato, con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002, senza miscelarli con altri tipi di rifiuti».Quindi, dalla lettura della disposizioni è chiaro che, per consentire una corretta raccolta dei rifiuti organici, gli stessi devono essere conferiti attraverso contenitori a svuotamento riutilizzabili o, in alternativa, utilizzando sacchetti compostabili certificati.
La conclusione sul divieto
Come detto, il comma 7 del citato articolo 182-ter prevede l’adozione di un decreto ministeriale al fine di stabilire i «livelli di qualità per la raccolta differenziata dei rifiuti organici e individuare precisi criteri da applicare ai controlli di qualità delle raccolte nonché degli impianti di riciclaggio di predetti rifiuti». Bene, secondo il ministero questa disposizione risulta avere carattere autonomo e non rappresenta il presupposto per la vigenza degli obblighi di raccolta dei rifiuti organici.
Giorgio Ambrosoli e Luigi Chiarello, ItaliaOggi