
Il gruppo BMW finisce nel mirino del Senato degli Stati Uniti e per la precisione della Commissione finanze: un rapporto dello staff del presidente Ron Wyden, infatti, accusa il costruttore bavarese di aver importato sul mercato statunitense almeno 8 mila Mini Cooper in violazione del Uyghur Forced Labor Prevention Act, la normativa emanata nel 2021 per bloccare l’importazione di beni da aziende cinesi sospettate di sfruttare il lavoro della minoranza etnica degli Uiguri.
Le ricostruzioni. Il gruppo bavarese è accusato di aver dotato le auto di un componente elettronico (un trasformatore Lan) prodotto dalla Sichuan Jingweida Technology Group (JWD), azienda inserita a dicembre nella lista delle realtà sottoposte a divieto di importazione ai sensi del Uyghur Forced Labor Prevention Act. La questione, come ricostruisce lo stesso rapporto, è comunque di estrema complessità perché la JWD non è un fornitore diretto dei tedeschi. Ad acquistarne i componenti è stata per prima un’altra società, la californiana Bourns, che a sua volta li ha forniti alla multinazionale Lear: è quest’ultima ad aver rapporti di fornitura diretti con la BMW e altri costruttori come Jaguar Land Rover, Volkswagen o Volvo. All’inizio di gennaio, la Lear è stata informata della violazione dalla Bourns e immediatamente dopo ha avvisato i suoi clienti. La multinazionale non ha solo confermato le ricostruzioni del rapporto e gli avvisi inviati “tempestivamente”, ma ha anche precisato di aver affidato immediatamente la produzione del componente a un altro subfornitore. Il rapporto del Senato, però, accusa BMW di aver continuato a utilizzare le componenti vietate almeno fino ad aprile e di non aver agito per sanare la situazione, se non dopo le richieste di informazioni sui rapporti con JWD inviate dalla commissione a tutti i costruttori interessati. Da Monaco di Baviera assicurano, però, di aver “adottato le misure necessarie per fermare l’importazione dei prodotti interessati” e di voler procedere con la sostituzione delle parti anche nel rispetto degli standard interni in materia di lavoro e diritti umani. Tuttavia, Wyden ha esortato l’Agenzia delle dogane statunitense ad “adottare una serie di misure specifiche per rafforzare l’applicazione della legge e sanzionare “le aziende che alimentano il vergognoso uso del lavoro forzato in Cina”. Altri costruttori, invece, sono subito intervenuti per evitare violazioni: la Jaguar Land Rover, per esempio, ha importato pezzi di ricambio con componenti JWD dopo dicembre, ma li ha immediatamente bloccati nei magazzini, interrompendone le spedizioni ai centri after-market. La Volvo, invece, ha testato i trasformatori per un programma di sviluppo di un veicolo non ancora in produzione, ma ha escluso di averli utilizzati. Infine, il rapporto svela l’azienda che ha determinato il blocco di migliaia di Audi, Bentley e Porsche nei porti statunitensi per la presenza di un componente elettronico vietato: si tratta proprio della JWD.
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