A Palermo e provincia più di uno studente su cinque soffre di disturbi alimentari. Questo il risultato di un sondaggio effettuato dall’Ordine degli psicologi su un campione di 1.470 giovani che hanno risposto a un questionario sul tema della nutrizione e dei disturbi. Si tratta di casi per i quali un intervento preventivo permetterebbe di scongiurare un’evoluzione patologica del problema ed evitare di arrivare per esempio all’anoressia o alla bulimia. Il dato statistico è emerso dal questionario sottoposto in numerose scuole secondarie di secondo grado nell’ambito di una ricerca condotta grazie a un lavoro sinergico tra l’Ordine degli psicologi della Regione Siciliana, il dipartimento di Scienze psicologiche, pedagogiche, dell’esercizio fisico e della formazione dell’Università di Palermo e l’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche. I dati sono stati presentati all’Ars, durante un convegno organizzato dall’Oprs in occasione della Giornata del fiocco lilla istituita nel 2012 e dedicata a questa tematiche. “Un soggetto su cinque può essere considerato potenzialmente a rischio”, spiega Salvatore Gullo, professore di Psicologia clinica di Unipa che ha condotto la ricerca insieme a Silvia Ruggeri del Cnr. “Il 10% dei partecipanti – aggiunge – ha ottenuto punteggi tipici dei soggetti che hanno dei disturbi alimentari. I risultati sono andati oltre le aspettative ed è la ragione per cui consideriamo allarmanti questi numeri. Ecco perché l’Organizzazione mondale della sanità ha utilizzato l’espressione epidemia nascosta”. Nella strutturazione della ricerca sono stati considerati anche numerosi fattori fra i quali l’utilizzo dei social network, il bullismo e altri più tecnici come l’Imc, l’indice di massa corporea. “Circa il 40% dei giovani intervistati – prosegue Gullo – aveva un Imc al di sotto o al di sopra della soglia del range normopeso. Di questi, il 10% addirittura si trovava al di sotto del 17,5 che indica invece una condizione di sottopeso già preoccupante”. Stando agli ultimi dati disponibili in Italia (estrapolati dai report clinici sui Dna del 2023) ci sono circa tre milioni di persone (il 5% della popolazione) che hanno un disturbo della nutrizione. Ogni anno vengono diagnosticati 8-9 casi ogni 100mila abitanti. Dati parziali perché legati alla formalizzazione di un percorso terapeutico e dunque all’ospedalizzazione del paziente. “È necessario – afferma Rosalba Contentezza, psicologa e psicoterapeuta coordinatrice del Gruppo di lavoro dell’Oprs – fare un lavoro integrato perché, come Ordini delle professioni sanitarie, si possa fornire un contributo nei tavoli tecnici per analizzare il fenomeno e strutturare gli investimenti di spesa in chiave preventiva. Uno studio inglese ha analizzato l’impatto diretto del disagio psicologico sull’economia. Il risultato è stato la triplicazione delle risorse pubbliche per giocare d’anticipo e prevenire ulteriori spese, fra le tante cose, per indennità di occupazione, farmaci e cure. L’Italia oggi si colloca agli ultimi posti come spesa sostenuta per la sanità mentale. Con questa ricerca, e grazie alla collaborazione con le famiglie e le associazioni, sono state raccolte storie di sofferenza e numeri spendibili perché la politica sappia come muoversi”. Secondo la presidente dell’Ordine degli psicologi della Sicilia, Gaetana D’Agostino, la ricerca condotta in sinergia con Unipa e Cnr “introduce alcune interessanti novità su un fenomeno che coinvolge sempre più frequentemente anche preadolescenti e bambini rappresentando un’enorme sfida per la salute pubblica. Stando agli ultimi dati ministeriali, in Sicilia le persone affette da disturbi dell’alimentazione sono aumentate del 30% rispetto al 2018 – aggiunge -. Bisogna intervenire tempestivamente per contribuire a fermare questa epidemia nascosta. Ecco perché i dati raccolti grazie a questa ricerca rivestono un’importanza considerevole poiché forniscono uno sguardo approfondito sul fenomeno non limitato alle sole ospedalizzazioni, dove la patologia è già evidente, ma includono anche dati di difficile reperimento, offrendo così una prospettiva più completa e articolata del problema”.