Quando ha bevuto la prima grappa?
«Per errore, da bambina. Non arrivavo neanche al tavolo, avevo sete, ho allungato la mano su un bicchiere che non conteneva acqua…».
E consapevolmente, quando?
«L’ho gustata ufficialmente per i miei 18 anni. Quella è una festa che ho nel cuore, perché ho ballato il mio primo valzer con il nonno. La nonna mi aveva perfino fatto fare un corso, per non sfigurare. Lui, in compenso, mi fece l’inchino. Dopo, ho bevuto la mia prima Picolit».
Francesca Bardelli Nonino ha 33 anni ed è la sesta generazione della famiglia che distilla grappa dal 1897. Responsabile comunicazione web dell’azienda friulana, oltreché del mercato americano e di quello russo, finché c’era, è stata proclamata LinkedIn Influencer a marzo del 2021 (oggi LinkedIn Top Voice). Parliamo di fatti e misfatti che la riguardano in un locale glam in centro a Milano, davanti a un Aperitivo Nonino, what else?
Cos’ha preso dai suoi nonni, Giannola e Benito?
«Dalla nonna, l’entusiasmo. Dal nonno, la passione per i dolci e la gioia per le piccole cose».
Cosa vuol dire?
«Vuol dire dare valore all’essenziale. Per esempio: se gli chiedi qual è il segreto della grappa, lui risponde farla bene».
Potrebbe mai stare con un uomo che non la beve?
«No, anzi. La prima cosa che ho detto al mio fidanzato è stata: “Non esiste altra grappa all’infuori della Nonino”. Una qualunque alternativa la vivrei come un tradimento».
E lui?
«È diventato super brand ambassador! Si chiama Stefano, fa tutt’altro nella vita: è ingegnere. La nonna è contenta, e la mamma pure». Ride.
È entrata in azienda a 26 anni. È stato difficile farsi prendere sul serio?
«C’è stato un bel mix di pregiudizi. Intanto perché sono chiaramente figlia di papà, nel mio caso di mammà e di nonna: una raccomandata».
Non è vero?
«È innegabile! Non ho fatto un colloquio per entrare in azienda… Però ho conquistato sul campo la fiducia, anzitutto dei miei familiari. L’altro grande pregiudizio è l’età: una ragazza che parla di alcolici in un ambiente dove le giovani donne vengono utilizzate, non certo da noi, solo come hostess, non è credibile».
Come ha reagito?
«Seguendo tanti corsi, prendendo tante certificazioni: sono sommelier e ho il Wset di III livello, la certificazione internazionale più alta. Volevo che leggendo il mio biglietto da visita si capisse subito il mio percorso».
Che effetto le ha fatto diventare LinkedIn Influencer, tre anni fa?
«Quando mi scrissero per avvisarmi pensai a uno scherzo, no, peggio, a una truffa. Quando ho capito che era vero ho cominciato a saltare per la cucina. Questo riconoscimento mi ha dato fiducia nel valore di ciò che stavo facendo».
Non ne aveva?
«Beh, sono sempre stata la pecora nera della famiglia…».
Addirittura?
«Sono l’ultima di tre fratelli tutti bravissimi a scuola, io invece ho preso la maturità con 62, una vergogna».
Loro che lavoro fanno?
«Chiara dopo dieci anni con Vogue adesso è una freelance pazzesca, fa la photoeditor. Davide è imprenditore: gestisce il centro commerciale Città Fiera con mio papà».
Il suo percorso?
«Mi sono laureata in Economia, cercando di seguire il sentiero che mi avrebbe reso degna di far parte della mia famiglia. Il problema, però, è che tutte le caratteristiche che pensavo di dover avere non le avevo e quindi è stata un po’ una rincorsa a essere qualcosa che non ero».
Lo ha detto in un TEDx.
«Sì, spiegando come ho trovato il coraggio di seguire i miei veri talenti e le mie passioni. Mi sono messa a studiare comunicazione, perché sentivo nella pancia che era quello che volevo».
Ha avuto dei riscontri?
«Tanti. Soprattutto da chi si è riconosciuto nelle mie parole sul darsi una seconda possibilità, nella fatica del trovare la propria strada quando si lavora nell’azienda di famiglia o dell’essere una donna in un ambiente maschile».
La sua prova sul campo?
«Ho cominciato in punta di piedi mettendo subito al centro la nonna con la sua storia straordinaria, perché è stata lei, con il nonno, a trasformare la grappa da Cenerentola a Regina, ed è stata lei, a suo modo, anche la prima influencer».
In quale modo?
«Ha sfruttato il marketing quando ancora non esisteva. Mandava la boccetta di Picolit in regalo a personalità come Gianni Agnelli, Montanelli, Mastroianni, Scalfari, Veronelli. Il loro passaparola è stato fondamentale».
Sua nonna è una gran chiacchierona. Come ha fatto a contenerla?
«La prima diretta social doveva essere una conversazione tra nonna e nipote, e naturalmente è stata un monologo! Allora ho rinunciato e l’ho fatta parlare davanti a una telecamera per 4 ore. Da lì ho ricavato un video di 6 minuti».
Come mai non è su TikTok?
«È un social che va tantissimo e ormai l’età media degli utenti si è molto alzata: ci sono tanti 30-40enni. Però è ancora conosciuto soprattutto come il social dei ragazzini e mica posso mettermi a parlare di grappa con loro…».
C’è stato un momento in cui sui social riceveva messaggi sessisti. Va meglio?
«Sì, credo sia dipeso dal fatto che ho reagito di petto, pubblicando gli insulti. Mi denigravano senza nemmeno leggere il mio curriculum. Per non parlare di quelli secondo i quali non potevo essere credibile perché indossavo dei jeans stretti… La cosa bella, adesso, è che sono i miei stessi follower a difendermi».
È lei l’erede di sua nonna?
«È una roba troppo forte da dire. Sento tante affinità con lei: è il mio esempio e la mia ispirazione. Il complimento più bello me lo ha fatto quando mi ha detto: ”Mi sa che mi assomigli un po’ troppo”».
Sarà lei, Francesca, a ottenere finalmente l’etichettatura sulla grappa?
«Eh, sarebbe bello! Oggi, per dire, non è obbligatorio indicare il metodo di distillazione, si può aggiungere il caramello fino al 2% senza dichiararlo, sai chi è l’imbottigliatore, ma non il distillatore. Tutte cose che non fanno bene al Made in Italy».
La sua grappa preferita?
«La Picolit: è nata dalla collaborazione fra la nonna e le mogli dei vignaioli».
La vostra azienda è ancora prevalentemente femminile?
«Sì, 60 a 40».
Perché non è ancora diventata «mastra distillatrice»?
«Non sono ancora in grado, come il nonno e la mamma, di gestire i nostri 66 alambicchi discontinui artigianali come un direttore d’orchestra».
Sua madre ha creato il distillato di zenzero. Lei ne ha già in mente uno suo?
«Sì, ma non lo dico. Spero di riuscire a realizzarlo nel 2028».
Grazie al Premio Nonino, che ha anticipato sei Nobel, ha potuto conoscere personaggi straordinari. Il suo preferito?
«Adoro Giorgio Parisi: è una persona eccezionale, di grande bontà e gentilezza. E ci vuole tanto bene!».
Elvira Serra, corriere.it