Italia e Stati Uniti hanno firmato un nuovo accordo per la proroga della tregua sulla web tax, l’imposta italiana del 3% applicata sul fatturato dei giganti del tech. In un comunicato pubblicato ieri dal governo di Washington, si posticipa al 30 giugno 2024 la data di scadenza dell’accordo congiunto siglato anche con Austria, Francia, Spagna e Regno Unito firmato nell’ottobre del 2021 (si veda ItaliaOggi del 22/10/2021). L’accordo prevede i termini transitori per il passaggio dalle attuali web tax nazionali verso la nuova soluzione Ocse che permetterà di tassare i giganti del digitale attraverso principi comuni. Tuttavia, visti i ritardi nella definizione dei dettagli tecnici del primo pilastro della riforma Ocse del fisco internazionale, proprio a causa degli Stati Uniti, si è resa necessaria una proroga per evitare eventuali e prevedibili guerre commerciali.
“Alla luce del calendario rivisto per l’adozione e la firma della Convenzione multilaterale del primo pilastro, i partecipanti hanno deciso di estendere il compromesso politico stabilito nella dichiarazione congiunta del 21 ottobre fino al 30 giugno 2024”, si legge nella dichiarazione congiunta aggiornata. Il 18 dicembre 2023, l’Ocse aveva rilasciato una dichiarazione “in cui chiedeva la finalizzazione del testo della convenzione multilaterale del primo pilastro entro la fine di marzo 2024 con l’obiettivo di tenere una cerimonia di firma entro la fine di giugno 2024”. L’annuncio di ieri segna quindi un punto di svolta anche nei negoziati Ocse sul primo pilastro per le nuove regole della tassazione internazionale dei giganti del tech: o verrà presa una decisione multilaterale o si aprirà un vuoto regolamentare che causerà nuova instabilità.
Secondo l’accordo del 2021 tra Italia e Usa, le web tax saranno in vigore fino a quando sarà efficace il primo pilastro e sarà offerto un credito fiscale per rimborsare l’ammontare della tassa raccolta in eccesso se l’accordo Ocse fosse stato implementato prima. Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno accettato di abbandonare i dazi di ritorsione che avevano emanato e temporaneamente sospeso contro i cinque paesi.
Come riportato da ItaliaOggi a fine dicembre, il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti aveva sottolineato l’urgenza di prorogare la tassa sul fatturato dei giganti del digitale, vista l’incapacità degli Stati Uniti di implementare l’accordo Ocse a due pilastri deciso nell’ottobre 2021.
A marzo 2021, gli Stati Uniti avevano minacciato dazi del 25% sui prodotti del fashion Made in Italy per un ammontare di 120 milioni di euro. In un elenco dettagliato, si menzionavano ritorsioni su abbigliamento, borse, scarpe e accessori. Ma erano in pericolo anche profumi, occhiali e lenti, caviale e acciughe.
Matteo Rizzi, ItaliaOggi