L’argomento è delicato e scivoloso. Si parla di soldi, di otto direttori generali della sanità laziale indagati per aver presentato bilanci non in ordine tra il 2017 e il 2020. L’obiettivo era quello di presentare dei conti che dimostrassero che la sanità laziale era sano, al riparo del commissariamento. Non ci interessa entrare nei dettagli, in questo contesto, né di soffermarci sui nomi. I molti rilievi tecnici su quella contabilità sono confluiti in un esposto inviato alla Procura di Roma che ha avviato un’inchiesta delegando accertamenti alla Guardia di Finanza. Il pm Carlo Villani ha convocato nei suoi uffici l’ex assessore competente Alessio D’Amato, titolare di una lunga stagione di gestione del centrosinistra alla guida della Regione e ascoltato l’ex presidente dell’assemblea regionale Daniele Leodori per comprendere meglio dettagli e perimetro della vicenda. Il primo interrogatorio è durato ore e il numero degli indagati potrebbe salire, si dice nei corridoi. Il fenomeno sembrerebbe generalizzato. C’era una regia politica allora? Il dubbio è legittimo e i magistrati lo stanno considerando. Vi furono pressioni per far quadrare quei conti da parte dei vertici dell’epoca? Fermiamoci qui. Questa vicenda ovviamente fa scattare mille segnali d’allarme in una fase delicata della vita della Giunta Rocca. Ci sono i conti (del passato) da sistemare, c’è il nuovo bilancio da digerire, c’è lo spoil system dei manager di Asl e ospedali da definire. La prudenza del governatore è legata ancbe a questo? Certo, la sua amministrazione non ha alcuna responsabilità sul passato, i manager che hanno ricevuto l’avviso di garanzia sono stati scelti dal governatore precedente, ma il centro sinistra ha retto per molti anni il sistema e lo ha gestito con i suoi uomini. E non si tratta solo delle figure apicali, ma anche di una classe dirigente che certo non ha giurato fedeltà a Rocca, D’altra parte un avvicendamento radicale non è possibile per ovvie ragioni, non si può mettere in scacco il sistema. Sarebbe il caos. E gli effetti sui malati, sugli utenti, sarebbero disastrosi. In mezzo a questo ragionamento ci sono centinaia di lavoratori, di quadri, di dirigenti, un pacchetto consistente di manager della sanità (e magari qualcuno di questi ha a che fare con l’inchiesta) e decine di migliaia di pazienti. Come ne usciremo?
Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio