(di John Ploeg, co-head of ESG research di PGIM Fixed Income) Purtroppo, a distanza di un anno dall’ultima COP, non sono stati raggiunti molti risultati. Tra i principali esiti della COP27 c’è stato l’accordo per la creazione di un fondo per le perdite e i danni, di cui si parlava da oltre un decennio. Tuttavia, alla COP27 si è lasciato che tutti i dettagli di questo fondo venissero concordati nel corso dell’anno successivo. Fino a poche settimane fa, non era stato fatto quasi nessun progresso, nonostante i numerosi incontri tenuti. Un accordo in extremis, poco prima della COP28, si limita a definire la struttura generale di governance del fondo – compreso il fatto che sarebbe stato ospitato dalla Banca Mondiale, nonostante le vigorose obiezioni di molti dei Paesi che il fondo dovrebbe sostenere. Non è stato specificato nessuno dei dettagli essenziali, come ad esempio chi dovrebbe versare al fondo (o quanto), o come si può accedere ai finanziamenti. Si tratta essenzialmente di un conto bancario vuoto. Nel frattempo, le Nazioni Unite stimano che le emissioni nel 2022 siano cresciute dell’1,2%, ma che debbano diminuire dell’8,7% per raggiungere l’allineamento a 1,5°C (o del 5,3% per i 2°C), e il World Energy Outlook dell’AIE rileva che essenzialmente tutti gli indicatori di una transizione a 1,5°C sono fuori strada, e la maggior parte di essi di molto.
Non nutriamo grandi aspettative per la COP28. A questo punto, sembra che i negoziati si siano ridotti principalmente alla trattativa sulla formulazione del comunicato finale, ad esempio per stabilire se i combustibili fossili debbano essere “ridotti” o “eliminati”. Questo nonostante il fatto che, a prescindere da ciò che dice il comunicato, esso non ha alcun potere vincolante per le parti. Potrebbe essere più positivo se si potessero stringere accordi collaterali o iniziative su scala ridotta che potrebbero avere un impatto reale. Per esempio, potrebbero essere positivi i progressi sulle iniziative di finanziamento delle Just Energy Transition Partnerships (JETP) per i Paesi in via di sviluppo (che sembrano essersi arenate dopo il loro annuncio alle ultime due COP) o un accordo più concreto sulla riduzione delle emissioni di metano.
Non crediamo inoltre che gli investitori possano fare molto alla COP28. Non sarà prodotta alcuna restrizione vincolante sui combustibili fossili; peraltro non sarebbe comunque il luogo più significativo per farlo. La questione è più ampia: i player legati ai combustibili fossili hanno spesso cercato di influenzare la politica in modo da preservare i propri modelli di business. Gli investitori dovrebbero cercare di comprendere le iniziative di lobbying sul clima di queste società, soprattutto quando tali iniziative sono in contrasto con gli obiettivi e gli impegni dichiarati dalle società stesse.