Nel primo semestre 2023, il mercato residenziale ha subìto una contrazione già annunciata dall’andamento dei tassi di interesse sui mutui per acquisto abitazione. Si è registrato un calo delle compravendite del -12%, rispetto allo stesso periodo del 2022, per un totale di 350.855 transazioni (dati Agenzia delle Entrate). In particolare, si sono registrate 166.745 transazioni nel primo trimestre e 184.110 nel secondo trimestre, rispettivamente -8% e -16% a confronto con gli omologhi trimestri del 2022.
“L’andamento delle compravendite conferma le aspettative degli operatori e mette in evidenza il momento attendista delle famiglie per l’acquisto delle abitazioni. Tuttavia, il rallentamento dell’inflazione e un possibile calo dei tassi di interesse nei prossimi mesi, suggeriscono che il mercato residenziale potrebbe manifestare segnali di ripresa nella seconda metà del 2024. Fermo restando che la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio sarà un driver fondamentale nel prossimo futuro”. dichiara Marco Speretta, nella foto, direttore generale Gruppo Gabetti
Tuttavia, se si considera l’andamento del primo semestre negli ultimi 10 anni, la fotografia cambia sensibilmente: rispetto alla media delle compravendite, pari a 277.550, il primo semestre 2023 è in crescita del 26% ed è il terzo migliore del periodo subito dopo i semestri record del 2021 e 2022, figli della fiammata del mercato residenziale post lockdown. Questo è indicativo del fatto che l’aumento dei tassi di interesse, principale ragione che ha frenato l’attività di compravendita, è compensato da una domanda di immobili che rimane comunque ancora elevata rispetto al periodo pre-pandemia.
Nel primo semestre 2023 tutte le macroaree hanno riscontrato una variazione negativa: -13,1% al Nord, -16,1% il Centro e -8,2% il Sud. Nel complesso i capoluoghi presentano una variazione del -14%, mentre i non capoluoghi del -11,7%.
Guardando alle dieci maggiori città italiane per popolazione, complessivamente nel primo semestre 2023 si sono registrate 58.260 transazioni, -15% rispetto al primo semestre 2022. Tutte le città hanno segnato un trend negativo: in particolare Bologna ha segnato un calo del -23,3% rispetto allo stesso periodo del 2022, seguita da Bari (-22%), Milano (-20,0%), Padova (-18%) Roma (-16,5%), Firenze (-12,7%), Genova (-10,4%). Diminuzioni più contenute a Torino (-9,1%), Napoli (-6,1%), e Palermo (-4,6%).
I PREZZI, TEMPI E SCONTI
A livello di prezzi, il primo semestre 2023 ha visto una variazione media intorno al +0,3%, sostanzialmente stabile rispetto all’H2 2022. Considerando la variazione semestrale, nel primo semestre 2023 tutte le grandi città hanno registrato valori stabili. Variazioni più elevate si registrano per Bari e Palermo, entrambe al +1%, e Milano +0,9%.
I tempi medi di vendita nelle grandi città sono in lieve aumento, su una media di 4,3 mesi, rispetto ai 4,2 del secondo semestre 2022.
Nel primo semestre 2023, gli sconti medi tra prezzo richiesto dal venditore e prezzo di chiusura della trattativa per le grandi città sono lievemente in calo, passando dall’11,2% al 10,5%. Anche questa media vede in realtà una sensibile differenza tra immobili “a prezzo”, che vedono mantenersi la percentuale indicata ancora intorno all’11%, e quelli che invece vengono immessi sul mercato a prezzi non attuali, con successivi ribassi.
MUTUI
Da luglio 2022 la BCE ha aumentato i tassi dello 0,50%, continuando ad aumentarli fino ad arrivare agli inizi di novembre di quest’anno al 4,50%.
“L’aumento dei tassi di interesse lo avevamo visto e metabolizzato, ma dovremmo aver raggiunto il picco più alto, ci aspettiamo quindi nella seconda metà del 2024 un ritracciamento verso il basso. Molti istituti di credito, oltretutto, stanno ampliando la loro offerta di mutui green per acquisto e ristrutturazione a tassi agevolati, questo consentirà per chi decide di investire su abitazioni di nuova generazione un accesso al credito con un tasso scontato” afferma Antonio Ferrara, amministratore delegato Monety.
Dalle segnalazioni del SI-ABI, si rileva che a settembre 2023 il tasso sui prestiti in euro alle famiglie per l’acquisto di abitazioni – che sintetizza l’andamento dei tassi fissi e variabili ed è influenzato anche dalla variazione della composizione fra le erogazioni in base alla tipologia di mutuo – era pari a 4,23% (2,05% a giugno 2022; 5,72% a fine 2007). Sul totale delle nuove erogazioni di mutui, l’82,7% sono stati mutui a tasso fisso, 74,6% il mese precedente (fonte Abi, Economia e Mercati Finanziari-Creditizi Ottobre 2023).
I finanziamenti per l’acquisto di abitazioni a famiglie consumatrici, nel primo semestre 2023, sono stati pari a 20,8 Mld €, -30% rispetto al primo semestre 2022 (dati Banca D’Italia). Secondo le richieste di mutuo per acquisto abitazione rilevate dal portale MutuSI.it (Gruppo Gabetti), nel primo semestre 2023, Il ticket medio è stato di 138.766 €, più basso rispetto al 2022 (156.613€).
A livello di durata, prevalgono i mutui di 25-30 anni, che insieme coprono il 74% delle richieste: un tasso di interesse sempre più in crescita, porta il mutuatario a richiedere un importo più basso così da pesare meno sul bilancio mensile della famiglia.
In linea con le altre fonti istituzionali, si registra una prevalenza per il tasso fisso pari al 90% delle richieste. Il tasso fisso viene preferito al tasso variabile viste le continue variazioni dei tassi BCE che stanno incidendo sull’andamento dell’Euribor.
Il rapporto tra l’importo del finanziamento concesso e il valore dell’immobile, il cosiddetto “Loan To Value (LTV)”, vede per il primo semestre 2023 come quota maggiormente richiesta (43% delle richieste) un importo che si colloca oltre l’81% del valore dell’immobile. Dato in calo rispetto al 2022 che registrava il 60%, stesso valore per il 2021 per la stessa classe di importo. Si evidenzia, quindi, una crescita al H1 2023 della richiesta di mutuo per un importo superiore all’81% del valore dell’immobile dovuta soprattutto all’incremento dei tassi di interesse.
Anche sulle classi d’importo si notano delle nette differenze rispetto al 2021 e al 2020. Le richieste di mutuo al di sotto dei 100.000 € aumentano in termini di peso sul totale, rispetto al 2022, arrivando a pesare il 43% del totale, rispetto ad una quota del 33% nel 2022. Quelle dai 101.000 ai 150.000 € aumentano arrivando a pesare il 41%. Diminuiscono invece le richieste di finanziamento di importo tra 151.000€ e 200.000€, dal 26% del 2021 al 17% del primo semestre 2023.
In termini di provenienza, il numero maggiore di richieste riguarda la provincia di Roma (12%), seguita da Milano (10%) e Napoli (4%). Per quanto riguarda il profilo del richiedente, si conferma la prevalenza dei dipendenti, pari all’ 85%, che cresce (+14% rispetto al 2022), mentre cala il valore relativo ai P.Iva rispetto al 2022, passando dal 21% al 14% di richiedenti.
LE PROSPETTIVE FUTURE DEL COMPARTO RESIDENZIALE
“Il mercato immobiliare è soggetto a dinamiche che non dipendono solo dall’andamento del sistema economico, ma anche da processi di trasformazione territoriale e dal comportamento della società nel suo complesso. Più queste dinamiche si presentano stabili nel tempo, più il ciclo immobiliare è longevo. Quando esse vengono però interessate da eventi imprevedibili che irrompono sul modello abitativo delle famiglie, allora anche il ciclo immobiliare si interrompe bruscamente per cominciarne un altro. Questo passaggio lo si riconosce quando, in una determinata area geografica, tutta una serie di variabili immobiliari come le quotazioni, le compravendite, gli investimenti, le esigenze della domanda, e i trend dell’offerta, manifestano un comportamento diverso. È quanto successo negli ultimi quindici anni, in cui la crisi economica del 2008, la pandemia e il conflitto Russo-Ucraino, hanno profondamente cambiato e ridotto la durata dei cicli immobiliari” precisa Marco Speretta, nella foto, direttore generale Gruppo Gabetti.
Nel marzo 2020, con l’inizio del lockdown sanitario, il ritmo delle compravendite segna una battuta d’arresto per poi tornare in piena attività nel giugno dello stesso anno. Esso chiude con 558.722 compravendite, ma dà inizio a un nuovo miniciclo immobiliare 2020-2022, più rapido del precedente, sostenuto da una politica della BCE ancora più espansiva e con tassi di interesse che raggiungono i minimi storici. In aggiunta, questo biennio si caratterizza per nuove esigenze abitative dettate per lo più dalla necessità del vano in più, vista la diffusione della modalità di lavoro da remoto, e di spazi esterni nel timore che una nuova ondata pandemica potesse dar vita a nuovi periodi di lockdown. Questi driver hanno spinto il mercato residenziale nel 2021 con 749.377 compravendite (più 24% rispetto al 2019) e nel 2022 con 784.486 compravendite (più 30% rispetto al 2019 e 5% rispetto al 2021) che raggiunge il record degli ultimi dieci anni.
Ma a partire dalla metà del 2022 l’aumento dell’inflazione imprime un nuovo cambiamento di rotta al mercato immobiliare con l’avvio di un nuovo ciclo. Se da un lato l’investimento immobiliare è il più tradizionale per proteggersi dall’inflazione dall’altro questa variabile ha causato un rallentamento dell’attività: è aumentato il costo di costruzione creando non poche difficoltà tra gli sviluppatori, è tornata la politica restrittiva della BCE con l’aumento progressivo del tasso d’interesse per le operazioni di rifinanziamento che, dall’addirittura 0% nel periodo da inizio 2014 a metà 2022, raggiunge il 4,5% nel settembre 2023, è rallentata l’attività degli investimenti capital markets che nel 2022 in Italia chiude con un volume di 12 miliardi, mentre nel 2023 è stimata a valere circa il 30 percento meno.
Uno scenario che sta contraendo l’attività di compravendita degli immobili residenziali rispetto al biennio straordinario 2021-2022 ma che sembrerebbe normalizzarsi con il livello (prepandemia) del 2019.
“Le attuali fibrillazioni macro-economiche sembrano confermare la fine del mini ciclo immobiliare pandemico 2020-2022 e l’inizio di una fase nuova, normalizzata, che almeno per il 2023 e per la prima metà del 2024 sarà condizionata da un livello di tassi di interesse non più ai minimi storici, come è stato tra il 2017 e il 2021, e da un conseguente ribasso del volume di erogato dei mutui per acquisto abitazione, che già nel primo semestre 2023 registra un meno 30% su base annua” precisa Speretta.
Le attese per il futuro rimangono comunque ottimistiche (a meno di sconvolgimenti dovuti all’improvvisa recrudescenza delle tensioni in Medioriente). L’inflazione, in questa prima parte del 2023, ha imboccato la strada della discesa con l’indice nazionale dei beni al consumo (NIC) che dal 10% di gennaio 2023 è sceso all’1,7% dello scorso ottobre. Questo è dovuto prevalentemente al forte rallentamento su base tendenziale della componente volatile dell’inflazione (beni energetici) che passa dallo 0,7% di settembre 2023 a -2,4% di ottobre 2023 (a gennaio 2023 era al 4%). L’inflazione di fondo (il carrello della spesa) invece, cioè al netto dei bene energetici, rimane più elevata della componente volatile, se pur si registra anche qui un calo dal 4,6% di settembre 2023 al 4,2% di ottobre 2023.
In termini previsionali, il decremento della componente volatile (indice dei prezzi al consumo che tiene conto dei beni energetici e quindi anche del gas) è dunque una buona notizia perché anticipa una inversione di tendenza della componente di fondo e quindi un rallentamento della curva inflattiva che a dicembre 2023 dovrebbe chiudere con una media annuale intorno al 5,6%. La proiezione armonizzata dell’indice dei prezzi al consumo dell’area Euro, indica una discesa dell’inflazione che diminuirà marcatamente nel 2024 (al 3,2%) e nel 2025 (al 2,1%).
Alla luce del calo dell’inflazione, è plausibile pensare che la stretta della BCE sui tassi di interesse si allenterà e già nel 2024 i tassi potrebbero tornare su livelli più sostenibili per imprese e famiglie.
Oltre all’arretramento prospettico dell’inflazione e alla dinamica dei tassi di interesse, l’attenzione degli operatori è rivolta anche alla questione energetica e al nuovo ruolo della casa, che guideranno il mercato residenziale nel prossimo futuro.
In primis la questione energetica. La consapevolezza che l’immobile è un’entità energivora misurabile è nettamente maggiore rispetto ad alcuni anni fa. Si stima che gli edifici più energivori in Italia ammontino tra gli 1,8 e i 2 milioni. Con il Superbonus 110% ne sono stati riqualificati circa 430 mila; rimane quindi ancora uno stock da riqualificare intorno a 1,6 milioni di edifici residenziali. Accanto a questa urgenza, che è prima di tutto ambientale, vi è anche una necessità di carattere familiare in termini di ottimizzazione energetica e benessere.
Un’altra tendenza che configurerà una nuova fase immobiliare riguarda il ruolo della casa. È cambiato l’ordine delle variabili secondo le quali le famiglie scelgono le abitazioni. Requisiti quali spazi per la convivialità, smart-working rooms, orti, palestre, servizi di laundry, fra gli altri, intesi in ottica condominiale, sono sempre più richiesti al pari delle tradizionali caratteristiche come l’ascensore, lo spazio esterno o il posto auto. Il prodotto immobiliare in nuova costruzione, la cui offerta in Italia non riesce già da diversi anni a soddisfare la domanda potenziale, dovrà tenere conto sempre più di queste dinamiche.