(di Maria Bianca Farina, Presidente ANIA) Signori Presidenti, Onorevoli Senatori e Deputati,
vi ringraziamo per aver invitato l’ANIA a presentare osservazioni sul disegno di legge di Bilancio 2024 (A.S. 926).
Le proiezioni macroeconomiche illustrate nella NADEF rivedono al ribasso le stime di crescita per la nostra economia, in un quadro macroeconomico nazionale e globale in deterioramento e al protrarsi di una drammatica incertezza sul piano geopolitico.
Accogliamo quindi positivamente l’orientamento dell’azione governativa a favore di interventi mirati al sostegno del potere di acquisto, che vanno dalla conferma della riduzione del cuneo fiscale al supporto dei nuclei familiari più numerosi.
Secondo gli obiettivi di finanza pubblica, l’incidenza del debito sul prodotto interno lordo nel prossimo triennio segnerebbe una riduzione solo marginale. Come però ha molto autorevolmente ricordato il Ministro Giorgetti, “ … non va sottovalutato il tema del livello elevato del debito pubblico. È il nostro punto debole.”.
Valutiamo positivamente questa visione seria e responsabile e, quindi, apprezziamo che il disegno di legge di Bilancio oggi commentato sia, nel complesso, improntato alla prudenza. Il nostro settore detiene oltre 300 miliardi di titoli di Stato italiani, valore che testimonia il nostro costante e fattivo sostegno al debito pubblico. Aggiungo un rapido inciso. Nell’allocazione degli investimenti le regole di vigilanza prudenziale hanno un ruolo molto importante. Proprio in questi giorni sono in discussione in Europa importanti modifiche al c.d. Volatility Adjustment ed è decisivo che le positive previsioni votate dal Parlamento europeo siano definitivamente approvate nel Trilogo in corso.
Vanno nella giusta direzione anche le previsioni formulate per affiancare ai finanziamenti del PNRR gli investimenti privati, essenziali per stimolare la crescita dell’economia. Infatti, la crescita è oltremodo necessaria per garantire lo sviluppo del Paese e la sostenibilità del debito.
Prima di entrare nello specifico degli articoli che riguardano direttamente il settore assicurativo, ovvero gli artt. 24, 25 e 55, vorremmo però condividere una considerazione in merito alla revisione delle detrazioni IRPEF prevista in un altro provvedimento, ovvero il primo dei decreti legislativi attuativi della riforma fiscale1. Ciò in quanto tale decreto, anche per la tempistica di emanazione, è strettamente connesso con le finalità della manovra di bilancio per il 2024.
Revisione della disciplina delle detrazioni fiscali
Il primo decreto legislativo attuativo della riforma fiscale (di cui alla legge 9 agosto 2023, n. 111, nel prosieguo “delega fiscale”) si propone di attuare alcuni dei profili maggiormente caratterizzanti la delega stessa, tra cui la revisione dell’IRPEF in vista della prospettata transizione del sistema verso l’aliquota impositiva unica (c.d. “flat tax”).
Nell’ambito di tale criterio direttivo è previsto, inoltre, il restyling della tassazione sui redditi personali, rappresentato dal riordino di deduzioni dall’imponibile, degli scaglioni di reddito, delle aliquote d’imposta e delle detrazioni dall’imposta lorda e dei crediti d’imposta.
A fronte di tale quadro programmatico, viene semplicemente prevista – oltretutto per il solo periodo d’imposta 2024 – la decurtazione tout court dell’ammontare delle detrazioni dall’imposta lorda (esclusa quella relativa alle spese sanitarie, peraltro detraibili soltanto oltre la tradizionale franchigia di 129 euro) in una misura fissa pari a 260 euro per tutti i contribuenti titolari di un reddito complessivo superiore a 50.000 euro.2 Questo taglio troverà applicazione relativamente al complessivo importo delle detrazioni dall’imposta lorda fruibili dal contribuente, incluse non soltanto tutte quelle spettanti nella misura del 19 per cento ai sensi dell’articolo 15 del T.U.I.R., ma anche quella spettante in misura pari al 90 per cento del premio delle polizze contro gli eventi calamitosi stipulate contestualmente alla cessione all’impresa assicurativa del credito corrispondente alla detrazione per gli interventi di messa in sicurezza statica degli edifici.3
Con particolare riferimento a tale ultima detrazione, è evidente come una tale previsione limitativa strida con l’obiettivo di preservare la finalità di favorire la propensione a stipulare coperture assicurative contro il rischio di eventi calamitosi di cui al n. 1.4) della lett. a), del comma 1, dell’articolo 5 della legge delega. Il Parlamento, nei prescritti pareri o in altra sede, potrebbe evidenziare questa anomalia e chiedere al Governo di rivalutare la decisione.
- ANALISI DI DETTAGLIO DELLE PRINCIPALI NORME DI INTERESSE NEL DDL BILANCIO
a) Misure in materia di rischi catastrofali (articolo 24)
L’art. 24 definisce un sistema di copertura dei danni prodotti da eventi catastrofali alle immobilizzazioni materiali delle imprese. In particolare, è prevista l’implementazione di una partnership tra pubblico e privato, in cui la gestione del rischio è affidata, direttamente, al mercato assicurativo, mentre lo Stato assume il duplice ruolo di regolatore del mercato assicurativo e di riassicuratore, attraverso una garanzia a favore delle compagnie assicurative, prestata da SACE, entro un limite di assunzione massimo degli impegni predeterminato ex lege.
Erano ormai molti anni che l’industria assicurativa italiana chiedeva di arrivare a definire una partnership pubblico-privato in materia di rischi calamitosi. Esprimiamo quindi un convinto apprezzamento per l’iniziativa, che ha l’ambizioso obiettivo di ridurre il gap di protezione assicurativa, gap in Italia molto superiore a quello – pur ampio – degli altri paesi europei. Sempre con lo stesso obiettivo, auspichiamo che possa essere prevista, in un futuro ravvicinato, un’estensione anche alle persone fisiche di istituti che favoriscano una maggiore mutualità dei rischi relativi alle abitazioni.
Non posso non evidenziare, tuttavia, che la norma in questione presenta numerose criticità, e, perciò, richiede necessariamente miglioramenti. Così come è adesso sarebbe estremamente difficile, se non addirittura impossibile, per le compagnie italiane reperire, anche sui mercati internazionali, la capacità assicurativa necessaria per garantire un rischio potenzialmente illimitato.
Il principale rilievo attiene, quindi, alla necessità che la legge definisca – assieme con l’esposizione massima delle obbligazioni della SACE (fissata per i primi tre anni in 5 miliardi all’anno) – anche le modalità di determinazione dell’esposizione massima del settore privato.
Si pensi all’ipotesi di un evento con un danno complessivo di 20 miliardi, in presenza di una cessione del 50% del rischio alla SACE. Dato il ricordato limite dei 5 miliardi, il settore assicurativo dovrebbe farsi carico di risarcire gli altri 15 miliardi, per un’esposizione che potenzialmente potrebbe essere illimitata.
Va perciò fissata anche l’esposizione massima del settore privato, a maggior ragione dato che è previsto l’obbligo a contrarre per le compagnie di assicurazione e, soprattutto, in assenza di una previsione su come si configurerà dopo i primi tre anni l’intervento pubblico. Andrà, quindi, specificato come verrà gestito un danno che superi il complesso delle esposizioni massime del settore pubblico e del settore privato.
La seconda osservazione è che occorre definire molti elementi sulle caratteristiche delle coperture: è interesse di tutti, non solo degli assicuratori, infatti, che il sistema funzioni da subito bene per garantire alle imprese assicurate la migliore protezione al prezzo giusto.
Tra i numerosi elementi da definire citiamo, senza pretesa di esaustività, la definizione univoca degli eventi da assicurare, le modalità di determinazione dei valori assicurati, la ripartizione degli obblighi tra proprietario e utilizzatore dei beni assicurati, la possibilità di definire – con l’accordo delle parti – limiti e sottolimiti delle coperture in aggiunta a franchigie e scoperti e, più in generale, le clausole contrattuali ammissibili.
Correttamente, la norma prevede che con decreto del MEF e del MIMIT possano essere stabilite modalità attuative e operative e aggiornamenti valoriali degli schemi di assicurazione disegnati dalla norma. Per noi è fondamentale subordinare all’emanazione di questo decreto – che andrebbe esplicitamente sottoposto alla consultazione delle parti interessate – lo scattare dell’obbligatorietà delle coperture.
Da parte nostra, abbiamo già avviato i lavori con le nostre imprese, broker e riassicuratori per offrire al Governo, al Parlamento, a tutte le parti interessate il massimo del supporto metodologico e, in particolare, per arrivare a misurare la capacità finanziaria del mercato privato.
Il terzo punto riguarda l’obbligo a contrarre. Da un lato, la disposizione prevede che dell’inadempimento dell’assicurato si tenga conto solo nell’assegnazione di potenziali sussidi futuri, dall’altro vengono previste sanzioni spropositate (comprese tra da 200.000 a 1 milione di euro) per le compagnie di assicurazione che rifiutino il rischio o comunque eludano l’obbligo.
Il timore è che questa impostazione non consenta un’adesione degli assicurati tale da garantire una piena mutualità delle coperture. A questo fine, potrebbe anche essere utile stabilire l’esonero integrale di queste coperture dall’imposta sui premi di assicurazione, che oggi presenta un’aliquota del 21,25%4. Si tratterebbe, in pratica, di allineare il trattamento fiscale a quanto già previsto – a far data dal 1° gennaio 2018 – in favore delle polizze contro gli eventi calamitosi stipulate dalle persone fisiche relativamente ai fabbricati con destinazione abitativa.
Per quanto riguarda l’obbligo a contrarre delle compagnie di assicurazione, riteniamo che la sua imposizione sia, in generale, una significativa limitazione della libera decisione dell’impresa e del corretto funzionamento della concorrenza di mercato. Nel caso specifico, l’obbligo è previsto limitatamente alla sola garanzia catastrofale: secondo alcune interpretazioni, se un’impresa di assicurazione autorizzata all’esercizio del ramo incendio decidesse di non vendere più le garanzie relative ai rischi catastrofali, potrebbe essere costretta a rinunciare anche alla vendita della copertura incendio delle imprese, così rarefacendo l’offerta di coperture.
Dal nostro punto di vista, quindi, sarebbe auspicabile l’eliminazione tout court dell’obbligo a contrarre a carico delle imprese di assicurazione o, quanto meno, sarebbe necessario mitigare le sanzioni che appaiono sproporzionate e prevedere, espressamente, la possibilità per l’impresa di assicurazione di poter rifiutare la conclusione del contratto qualora tale rischio andasse a determinare il superamento della propria capacità di esposizione. Andrebbe, quindi, stabilito che in caso di superamento della capacità finanziaria dell’impresa di assicurazione, il rifiuto non configuri una violazione dell’obbligo a contrarre.
In conclusione, siamo convinti che il Governo abbia fatto un passo nella giusta direzione. Rimangono, tuttavia, diversi importanti aspetti su cui è necessario intervenire al più presto. Per questo, come settore, siamo pienamente disponibili – lo ripeto – a offrire al Governo e al Parlamento tutta la nostra competenza tecnica per arrivare a definire uno schema in grado di rafforzare la protezione delle imprese italiane, in analogia con quanto accade nei principali Paesi europei.
b)Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita (articolo 25)
L’art. 25 istituisce il Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita. Non sfugge che tale decisione sia una diretta conseguenza della crisi di Eurovita, anche se nel caso specifico il senso di responsabilità delle cinque principali compagnie di assicurazione vita, supportate dalla liquidità offerta dalle banche distributrici, ha permesso di trovare una soluzione di mercato che ha salvaguardato assicurati e dipendenti.
Ci tengo qui a sottolineare che grazie a questo intervento privato nessun assicurato ha perso un centesimo, anzi durante questi mesi sono stati regolarmente retrocessi i rendimenti su tutte le polizze.
L’istituzione del Fondo vuole semplificare le procedure nel caso si dovesse realizzare in futuro – eventualità molto rara e che ovviamente speriamo non avvenga – un nuovo dissesto. È positivo che il Fondo abbia una natura privatistica, così come è positivo che partecipino alla contribuzione al fondo tutti gli operatori economici che svolgono un ruolo importante nella catena del valore.
L’articolato stabilisce, inoltre, che il Fondo dovrà avere una dotazione finanziaria pari almeno allo 0,5 per cento dell’importo delle riserve tecniche dei rami vita, obiettivo da raggiungersi in dieci anni. Tenuto conto dell’attuale livello delle riserve matematiche (800 miliardi a giugno 2023, di cui 200 di polizze di ramo III), l’ammontare target è di 4 miliardi (a cui si potrebbero aggiungere altri 4 miliardi di contributi straordinari).
Tale ammontare sembra sovradimensionato, soprattutto considerando che la prestazione unitaria rimborsabile – che correttamente andrebbe riferita alla prestazione maturata – è di 100mila euro.
In Francia, ad esempio, un analogo Fondo – che interviene quando è stato dichiarato lo stato di insolvenza dell’impresa di assicurazione su richiesta dell’Autorità di controllo – ha una dotazione pari allo 0,5 per mille delle riserve (un decimo di quello previsto nella norma in commento, a regime per l’Italia); in Germania – dove il Fondo Protector si assume la responsabilità delle obbligazioni derivanti dai contratti assicurativi sulla vita, senza nessuna esclusione, ma non si occupa della ristrutturazione della compagnia – all’1 per mille (un quinto di quello previsto dall’articolo 25).
La nostra proposta è di ridurre l’ammontare complessivo del Fondo, anche in ragione del rafforzamento dei requisiti di vigilanza introdotti negli anni recenti dal regime di Solvency II, e di differenziare la contribuzione tra le polizze di ramo III, per le quali all’assicurato è sostanzialmente dovuto il solo valore dei titoli sottostanti, e le altre polizze dove le prestazioni all’assicurato sono garantite. Ipotizzando che il valore obiettivo fosse fissato nello 0,1 per cento per le polizze linked e 0,4 per cento nel resto del portafoglio avremmo, sulla base di dati di giugno 2023, un valore obiettivo del fondo pari a 2,6 miliardi, ossia lo 0,33 per cento delle attuali riserve vita.
Si tratta di un valore che sarebbe comunque tre volte superiore a quello tedesco e circa sei volte superiore a quello francese: ciò renderebbe più sostenibile economicamente il raggiungimento dell’obiettivo in dieci anni.
Il secondo tema che vogliamo affrontare, e qui evidenziare, è la previsione che una quota fino al 50% dei contributi assuma la forma di impegni irrevocabili di pagamento. Questa quota potrebbe essere innalzata e, in ogni caso, andrebbe prevista esplicitamente anche per il primo versamento annuale. Inoltre, andrebbe specificato che i versamenti sono dovuti a valere sul 2024, per evitare che debbano essere contabilizzati per il 2023.
Il terzo tema è relativo alla suddivisione della contribuzione tra compagnie e intermediari: nel testo è previsto che almeno i quattro quinti siano finanziati dalle compagnie, mentre la rimanente parte da intermediari con una raccolta premi superiore ai 50 milioni.
Al momento, la contribuzione delle imprese è prevista essere pari, per il primo anno, allo 0,5 per mille delle riserve, a cui si aggiungerebbe la contribuzione dei distributori, pari rispettivamente allo 0,1 per mille delle riserve per banche e Poste e allo 0,4 per mille dei premi per agenti e broker. Di conseguenza, per le banche che distribuiscono i prodotti solo tramite propri sportelli, la prima contribuzione sarebbe pari allo 0,6 per mille, un valore che in dieci anni sarebbe superiore al valore obiettivo. Riteniamo, pertanto, che il contributo in prima applicazione – e nei successivi anni – a carico delle compagnie debba essere pari allo 0,4 per mille.
Infine, proponiamo che le compagnie assicurative possano provvedere alla contribuzione al Fondo anche utilizzando il credito d’imposta, a oggi non recuperato, generato dai versamenti pregressi dell’imposta sulle riserve matematiche dei rami vita (c.d. “IRM”)5. L’imposta in parola costituisce un versamento in anticipo delle imposte sostitutive o delle ritenute che la compagnia andrà materialmente a trattenere sui rendimenti di polizza all’atto del relativo pagamento (scadenza contrattuale o riscatti anticipati): il versamento dell’IRM, pertanto, genera ipso facto un credito d’imposta di pari importo nei confronti dell’Erario.
Tale credito d’imposta, almeno nelle iniziali intenzioni del legislatore, avrebbe
dovuto essere fisiologicamente recuperato al momento della tassazione dei rendimenti di polizza: nel corso degli anni, tuttavia, a motivo del progressivo inasprimento dell’aliquota dell’IRM, da un lato, e del costante incremento della consistenza delle riserve matematiche, dall’altro, il credito d’imposta in parola è progressivamente aumentato, per attestarsi oggi all’eclatante cifra di circa 9,5 miliardi di euro. La possibilità di impiegare il credito d’imposta in parola, oltre che per i consueti utilizzi già previsti dalla normativa (i.e. la compensazione ad abbattimento di altri tributi o contributi e la cessione ad altre società del medesimo gruppo), anche per alimentare il nuovo Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita, consentirebbe alle compagnie di “rientrare” almeno di una parte di tale ingente ammontare anticipato all’Erario nel corso degli ultimi vent’anni. Tale possibile destinazione del credito d’imposta da IRM risulterebbe, inoltre, priva di effetti negativi sui saldi di finanza pubblica, dal momento che il credito in parola non è tecnicamente contabilizzato nell’ambito del debito pubblico.
- Garanzie concesse dalla SACE S.p.A a condizioni di mercato e garanzia green (articolo 55)
L’art. 55 reca una nuova forma di garanzia offerta dalla SACE, denominata nella relazione tecnica “Garanzia Archimede”, gestita da SACE S.p.A. in favore di imprese, diverse dalle PMI e dalle imprese in difficoltà, volta a supportare gli investimenti infrastrutturali e produttivi realizzati in Italia, in particolare nei settori nei quali è presente un “fallimento, anche parziale, del mercato”.
Tra le operazioni garantite rientrano i finanziamenti, anche di rango subordinato, concessi sotto qualsiasi forma.
Le garanzie possono essere rilasciate, oltre che in favore dei soggetti identificati come partner esecutivi nell’ambito del programma InvestEU ovvero di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, anche in favore di (comma 2, lettera c):
- imprese di assicurazione nazionali e internazionali, autorizzate all’esercizio in Italia del ramo credito e cauzioni in relazione a fideiussioni, garanzie e altri impegni di firma,
- sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari partecipativi e non convertibili anche di rango subordinato.
In relazione al punto 1, osserviamo che questa potrebbe essere l’occasione – per ora limitatamente agli appalti relativi al PNRR, con l’obiettivo di facilitare il reperimento delle garanzie per i partecipanti alle gare – di applicare quanto auspicato dalla Legge 21 giugno 2022, n. 78, ossia a una disciplina omogenea per i settori ordinari e per i settori speciali. In particolare, si potrebbe integrare il testo prevedendo che, al fine di supportare il rilascio delle cauzioni che le imprese forniscono per l’esecuzione di appalti pubblici e l’erogazione degli anticipi contrattuali nelle gare del PNRR, le stazioni appaltanti richiedano la prestazione di cauzioni conformi a quelle previste dagli schemi di cui al Decreto MISE, ai sensi dell’art. ai sensi dell’art. 117, co. 12 del Decreto legislativo 31 marzo 2023 n. 36.
In relazione al punto 2, che certamente rappresenta la grande novità del provvedimento, esprimiamo con convinzione la nostra valutazione positiva, nella consapevolezza che serva affiancare alle risorse pubbliche del PNRR i capitali privati gestiti dagli investitori istituzionali. Le compagnie di assicurazione, con quasi 1.000 miliardi di euro di assets, sono il più grande investitore istituzionale italiano e potrebbero più agevolmente contribuire agli investimenti infrastrutturali e produttivi in Italia.
Al riguardo, proponiamo di integrare la norma in due modi:
- il primo prevedendo esplicitamente che i sottoscrittori degli strumenti possano essere fondi, OICR e altri investitori istituzionali; questo perché spesso le compagnie di assicurazione, anche in ragione delle stringenti regole di vigilanza sugli investimenti, tendono ad investire tramite OICR o altre tipologie di fondi anziché direttamente.
- la seconda modifica riguarda l’inclusione tra gli strumenti ammissibili dell’equity o del quasi-equity, strumenti che spesso meglio si prestano ad investimenti di lungo periodo come quelli infrastrutturali.
Infine, un punto fondamentale e di carattere generale riguarda il costo della garanzia rilasciata dalla società SACE S.p.A. L’articolo specifica chiaramente che si debba trattare di una garanzia a mercato e, tuttavia, è difficile immaginare che una garanzia a prezzi di mercato possa risolvere un problema di “fallimento di mercato”. Si tratterebbe quindi di prevedere – per casi specifici e ben identificati – la possibilità di operare in regime di “aiuti di Stato”, previa notifica.
Con queste modifiche sarebbe più facile raggiungere l’ambizioso obiettivo lanciato dal Ministro Giorgetti anche al nostro Insurance Summit di inizio ottobre: “Penso che la combinazione tra un ruolo di indirizzo generale e di garanzia parziale da parte dello Stato per attrarre capitali pazienti debba rappresentare un cambiamento – di portata epocale per il nostro Paese – rispetto alla logica secondo cui gli investimenti sui beni comuni si debbano fare necessariamente con finanziamenti a fondo perduto. Si punta nell’arco della legislatura ad aumentare la capacità di coinvolgere investitori interessati ad asset classes di lunga durata in campo infrastrutturale”.
- Misure in materia di lavoro
L’Associazione valuta, nel suo complesso, in maniera positiva le misure in materia di lavoro, in quanto tendono a dare una risposta immediata per alleviare i lavoratori e le imprese dal peso causato dall’attuale crisi economica.
In particolare, oltre ad apprezzare la proroga della decontribuzione a favore delle lavoratrici e dei lavoratori con redditi medio-bassi e l’introduzione di un esonero contributivo a favore delle lavoratrici con figli, valutiamo positivamente, altresì, la proroga delle agevolazioni contributive a favore delle imprese che saranno previste – nei c.d. provvedimenti collegati lavoro – per le assunzioni di giovani e di donne nonché per le assunzioni effettuate nelle regioni c.d. svantaggiate. Tuttavia, vista la difficoltà che spesso hanno riscontrato le imprese nell’applicare tali benefici contributivi in un quadro normativo oggettivamente complesso, l’ANIA continua a sostenere che, per accompagnare la ripresa economica e, soprattutto, l’occupazione, occorrerebbe limitare le agevolazioni contributive a poche tipologie di assunzioni già esistenti (in primis, apprendistato) e, al contempo, rendere strutturali e universali (cioè applicabili a tutti i settori merceologici) quelle che sono state maggiormente fruite dalle imprese nel corso di questi ultimi anni (es. assunzioni di giovani under 36 e di donne svantaggiate).
Passando al tema, sicuramente molto complesso, delle misure in materia pensionistica, dobbiamo rilevare che, rispetto all’attuale normativa, non viene resa più semplice la possibilità di trovare un canale anticipato per il pensionamento. Consapevoli del fatto che gli attuali vincoli di spesa e di bilancio non consentono molte altre possibilità, riteniamo che per compensare tale mancanza andrebbero quindi agevolati i percorsi di uscita anticipata inseriti all’interno dei fondi di solidarietà bilaterali di settore. In buona sostanza, sarebbe opportuno rendere più flessibile l’attuale meccanismo di accompagnamento alla pensione per le lavoratrici e i lavoratori cui manchino fino a 5 anni dal primo requisito utile pensionistico (c.d. assegno straordinario), stabilendo che tale possibilità si possa concretizzare fino a 7 anni (come è già attualmente per la c.d. iso-pensione e nel settore del credito). Tale modifica normativa, che si inserirebbe all’interno del decreto n. 148/2015, non comporterebbe oneri aggiuntivi per lo Stato in quanto, come noto, i costi correlati allo strumento dell’assegno straordinario sono interamente a carico delle imprese del settore in cui opera il relativo fondo di solidarietà.
Infine, concludo auspicando che, anche nei lavori sulla delega fiscale, siano previsti quegli interventi, che abbiamo in più occasioni presentato e che per brevità qui non riportiamo, per aumentare la partecipazione dei lavoratori alla previdenza complementare e per rafforzare la protezione delle persone nel campo della sanità integrativa e della non autosufficienza.
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Signori Presidenti, Onorevoli Senatori e Deputati, vi ringraziamo per aver raccolto le osservazioni di ANIA sul disegno di legge di Bilancio 2024. Restiamo a disposizione per ogni eventuale chiarimento e vi formuliamo il nostro augurio di buon lavoro.
1 Cfr. lo “Schema di decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi” di cui all’Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 88, trasmesso il 27 ottobre 2023 alla Presidenza della Camera dei Deputati.
2 Il computo dell’imposta dovuta in applicazione delle detrazioni in parola dovrà, comunque, continuare a essere condotta applicando la rideterminazione proporzionale prevista dall’articolo 15, comma 3-bis, del T.U.I.R. per i redditi superiori a 120.000 Euro e inferiori a 240.000 Euro (con cancellazione integrale delle stesse per gli imponibili superiori a tale ultima soglia). La rideterminazione (o cancellazione) prevista da quest’ultima norma non si applica, come noto, alla detrazione per le spese sanitarie, né a quella per gli interessi passivi corrisposti a fronte di mutui immobiliari garantiti da ipoteca contratti per l’acquisto di immobili adibiti a abitazione principale.
3 Cfr. articolo 119, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2021.
4 L’aliquota è elevata di un punto percentuale (per effetto della c.d. “addizionale antiracket” di cui all’articolo 1 del decreto ministeriale 2 luglio 2002, n. 239) nel caso in cui nelle polizze assicurative contro le catastrofi naturali sia presente anche la copertura contro il rischio incendio.
5 La norma istitutiva della IRM (articolo 1, commi 2 e ss., del decreto-legge n. 209 del 2002) ha stabilito a carico delle imprese assicurative l’obbligo di versare all’Erario ogni anno un importo calcolato come percentuale (attualmente lo 0,60%) dello stock delle riserve matematiche dei rami vita presenti nel bilancio d’esercizio. Tale importo costituisce, di fatto, un anticipo delle imposte sostitutive e delle ritenute che la compagnia sarà tenuta a prelevare sui rendimenti di polizza all’atto della scadenza contrattuale o di eventuali riscatti anticipati. È, in effetti, la stessa norma istitutiva dell’IRM a stabilire che il relativo versamento “è effettuato entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi e costituisce credito di imposta, da utilizzare a decorrere dal 1 gennaio 2005, per il versamento delle ritenute previste dall’articolo 6 della legge 26 settembre 1985, n. 482, e dell’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 26-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; (…)”. Questo meccanismo, dunque, per espressa previsione del legislatore si fonda sul presupposto che quanto anticipato dalla compagnia a titolo di IRM verrà dalla stessa progressivamente recuperato mano a mano che i rendimenti di polizza verranno corrisposti agli assicurati, scomputando, appunto, l’IRM dalle imposte e dalle ritenute che si renderanno via via dovute.