Criptovalute e criptoattività nel mirino delle amministrazioni fiscali di tutti i paesi, le quali stanno cercando di far emergere un mondo che, finora, ha prosperato benissimo nell’ombra, tanto da aver raggiunto un valore di circa 2 mila miliardi di euro, più o meno il valore del Pil Italiano. La direttiva Dac 8, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 24 ottobre, che entrerà in vigore il primo gennaio 2026, prevede uno scambio serrato di informazioni tra le agenzie fiscali dei vari paesi, assoggettando quindi le crypto a un regime di trasparenza analogo a quello delle attività finanziarie tradizionali.
Ma già da giugno di quest’anno tutti gli operatori del settore hanno l’obbligo, in Italia, di comunicare i dati relativi ai loro clienti e una serie di dati relative alle transazioni fatte all’Oam, l’Organismo competente in via esclusiva e autonoma per la gestione degli Elenchi degli Agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. Le informazioni che arrivano all’Oam potranno essere comunicate su specifica richiesta all’Agenzia entrate o alla Guardia di finanza per l’effettuazione delle verifiche fiscali.
E non solo: in Italia è ancora disponibile la possibilità di regolarizzare la propria posizione fiscale, autodenunciando entro il 30 novembre 2023 il possesso di attività possedute al 21 dicembre 2021, versando una minisanzione dello 0,5% per i patrimoni e dello 0,35% per i redditi posseduti alla fine di ciascun periodo d’imposta. Si tratta di regolarizzare i valori posseduti e non dichiarati nel Quadro RW, che a questo punto non potranno più sfuggire al fisco. Il dichiarante ha però l’onere di dimostrare la “liceità della provenienza delle somme investite” e documentare “con elementi certi e precisi” il costo di acquisto dei propri asset. Operazione non sempre agevole. Nonostante ciò, risulta a ItaliaOggi che siano in corso non poche operazioni di emersione dei grandi patrimoni.
Il problema di fondo resta però che tutti questi obblighi e adempimenti, sanzioni e dichiarazioni, non saranno mai sufficienti per far emergere tutte le attività che si muovono sotto la superficie del web: la differenza non sta nelle criptovalute ma nel modo in cui vengono scambiate. Possono essere scambiate attraverso le piattaforme (tipo Coinbase o eToro) oppure tra i wallet dei singoli utenti (che possono stare anche su una chiavetta usb). In questo secondo modo lo scambio non può essere tracciato ed è lì che si gioca il ruolo potenzialmente oscuro legato alle criptoattività.
È evidente che chi sceglie di restare sommerso potrebbe avere un giorno grosse difficoltà a far emergere questi valori senza destare l’attenzione del fisco. Per esempio, nella trasmissione dell’asse ereditario o nell’investimento in attività finanziarie tradizionali o in grosse attività immobiliari. Enormi patrimoni rischiano, cioè, di essere condannati a restare sommersi a tempo indeterminato. Ciò non toglie che questa potrebbe essere una scelta consapevole e volontaria e, soprattutto, quasi impossibile da individuare per il fisco o per le agenzie antiriciclaggio.
Marino Longoni, ItaliaOggi Sette