Uno studio commissionato da Ener2Crowd – piattaforma ed app per gli investimenti green – all’International Center for Social Research (www.icsr-net.com) ha approfondito il tema della “rischiosità climatica” per le aziende, settore per settore, stilando anche un elenco delle provincie dove le imprese sono più esposte ai vari rischi, concentrandosi su: 1) ondate di calore; 2) precipitazioni intense; 3) inondazioni; 4) frane. “Nel nuovo scenario contraddistinto da cambiamenti climatici sempre più rapidi, una impresa su 3 risulta esposta a potenziali perdite economiche a causa di questi 4 fenomeni naturali presi in considerazione nello studio dell’Icsr-International Center for Social Research” sottolinea Niccolò Sovico, ceo, ideatore e co-fondatore di Ener2Crowd.com. “Certo il problema è globale- prosegue l’ideatore della piattaforma- ma anche l’Italia può fare la sua parte: le nostre tecnologie green e la partecipazione del crowd possono arrestare il cambiamento climatico, ne abbiamo le conoscenze, le competenze e le tecnologie esecutive”. L’idea di Ener2Crowd.com è quella di convincere i piccoli e medi risparmiatori che da sempre puntano sugli investimenti più sicuri possibili (una volta erano gli immobili ed i titoli di Stato) e che oggi in fuga dai prodotti finanziari non più solidi come un tempo e dai rendimenti irrisori. I capitali di risparmio in Italia ammontano ad oltre 4 mila miliardi di euro di cui 1.500 miliardi di ricchezza liquida. Anche solo la parte liquida investita nella sostenibilità ambientale ed energetica sarebbe in grado di ridurre del 160% le emissioni prodotte dal nostro Paese, andando quindi a compensare anche quella prodotta da altri Paesi. “Le nuove stime dei rischi climatici ci fanno invece ipotizzare di arrivare al 2050 con circa l’8% delle aziende italiane a rischio di perdite a causa delle ondate di calore, con punte fino al 55% nel Sud Italia” puntualizza Giorgio Mottironi, cso e co-fondatore della società benefit Ener2Crowd, Chief Analyst del GreenVestingForum, il forum della finanza alternativa verde, nonché Special Assistant to the Secretary-General for Environmental and Scientific Affairs dell’Organizzazione Mondiale per le Relazioni Internazionali (Woir). Lo studio Icsr, realizzato a luglio 2023, ha calcolato la probabilità che a seguito di fenomeni naturali si verifichino perdite economiche aziendali, includendo anche i mancati introiti ed i costi di riparazione. “Già ad oggi a livello globale i disastri naturali causano oltre 10 mila morti all’anno e danni per più di 250 miliardi di dollari” mette in evidenza Giorgio Mottironi, cso di Ener2Crowd.com. Il settore maggiormente a rischio? È quello dell”Agricoltura, allevamento e pesca’ (56%), ma sul podio anche ‘Energia, gas ed acqua’ (45%) ed ‘Edilizia’ (44%). Seguono poi ‘Magazzini/Logistica’ (42%), ‘Industria’ (39%), ‘Alberghi e ristorazione’ (35%), ‘Servizi’ (33%), ‘Commercio’ (32%) ed ‘Artigianato’ (30%). A livello di zone di rischio, i dati dello studio Icsr per conto di Ener2Crowd rivelano che i rischi non sono uniformi in tutto il territorio nazionale, salvo che per le ondate di calore che – seppure interessino maggiormente le province nel Sud Italia e quelle della valle del Po – sono fortemente influenzate dal riscaldamento globale e risultano quindi più omogenee tra i diversi territori della nostra Penisola. Con riferimento alle ondate di calore, le 10 province più esposte sono: Catania (58%), Taranto (57%), Foggia (55%), Brindisi (50%), Medio Campidano (49%), Rovigo (48%), Ferrara (47%), Bologna (45%), Piacenza (40%) e Pavia (37%). “D’altra parte tutti gli anni dal 2015 al 2022 hanno di fatto registrato temperature molto elevate. In questo 2023, la possibilità di battere i record precedenti saranno del 70-80% nel periodo luglio-agosto a causa dell’effetto combinato di un El Niño molto potente e del surriscaldamento terrestre alimentato da concentrazioni di gas serra che purtroppo sono ancora in costante aumento” illustra Giorgio Mottironi, cso di Ener2Crowd. Insomma vi è una ragionevole possibilità che quest’anno sia il più caldo di sempre: supereremo il livello di 1,5°C specificato nell’accordo di Parigi con una crescente frequenza e questo avrà forti ripercussioni sulla salute, sulle risorse idriche, sulla sicurezza alimentare e sulle migrazioni climatiche, provocando conseguenze a catena. In quanto a precipitazioni intense, più a rischio sono Verbano-Cusio-Ossola (84%), Lecce (45%) e Siracusa (30%). Seguono poi Vercelli (27%), Livorno (23%), Grosseto (11%), Aosta (9%), Trapani (7%), Agrigento (6%) e Novara (5%). Per le inondazioni troviamo: Rovigo (40%), Genova (35%), Udine (32%), Gorizia (31%), Ferrara (26%), Firenze (24%), Catania (23%), Lecce (21%), Pisa (20%) e Siracusa (18%). “Il rischio inondazione è elevato per le aziende collocate nelle province della bassa valle del Po, nelle zone costiere a scarsa elevazione e nelle zone caratterizzate da piogge torrenziali e inondazioni improvvise” dicono gli esperti di Ener2Crowd. Mentre per le frane si collocano sul podio Aosta (62%), Verbano-Cusio-Ossola (45%) e Trento (44%), seguite da Sondrio (42%), Belluno (40%), Lecco (32%), Bolzano (31%), Genova (29%), Como (24%) e Frosinone (22%). Sono quindi più esposte le province interamente ubicate in zone montuose ed in particolare quelle sulle Alpi. “La stima della perdita media annua causata da questi 4 fattori è oggi pari all’1,5% del fatturato delle aziende, ma il dato più eclatante è che entro il 2050 – per effetto del cambiamento climatico- le perdite potrebbero aumentare fino al 10% del fatturato” conclude Niccolò Sovico, ceo, ideatore e co-fondatore di Ener2Crowd.com. Come invertire questo trend? Basterebbe investire anche solo il 2% della nostra ricchezza – 14 mila euro pro capite – così le emissioni di CO2 scenderebbero a 2,7 tonnellate pro capite contro le attuali 5,6 tonnellate, raggiungendo in un solo anno gli obiettivi globali di emissioni pro capite al 2050. Con i progetti sostenibili di Ener2Crowd.com – ad esempio – con un investimento di 100 euro pro capite si arriva a ridurre le emissioni di CO2 di ben 2 milioni di tonnellate all’anno, pari allo 0,48% del totale delle emissioni ‘consumate’ sul suolo del nostro Paese ed allo 0,60% di quelle prodotte.