Perché alcune persone malate di Sclerosi multipla a dieci anni dalla diagnosi sono costrette in sedia a rotelle e altre, invece, corrono la maratona? Ha cercato di rispondere a quest’interrogativo uno studio multicentrico internazionale, cui hanno collaborato in Italia l’università del Piemonte Orientale di Novara, l’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, l’università degli Studi di Milano, la Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza e l’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano.
La ricerca è stata condotta su oltre 22.000 persone con sclerosi multipla e ha scoperto la prima variante genetica associata a una progressione più rapida della malattia, che nel tempo può privare i pazienti della loro mobilità e indipendenza. Lo studio è stato coordinato in Italia da Sandra D’Alfonso, docente di Genetica medica presso il dipartimento di Scienze della salute dell’università del Piemonte Orientale.
Il lavoro è stato il risultato della collaborazione internazionale di oltre 70 istituzioni di tutto il mondo, guidate da ricercatori dell’UCSF (USA) e dell’università di Cambridge (Regno Unito).
La sclerosi multipla è determinata dell’azione del sistema immunitario che attacca erroneamente il cervello e il midollo spinale provocando riacutizzazioni dei sintomi, note come ricadute, e degenerazione a lungo termine, nota come progressione, cioè un accumulo di disabilità.
Nonostante lo sviluppo di trattamenti efficaci per le ricadute, nessuno può prevenire in modo affidabile l’accumulo di disabilità. I risultati di questo lavoro, pubblicati su ‘Nature’, puntano l’attenzione sull’identificazione di una variante genetica che aumenta la gravità della malattia, fornendo un’informazione fondamentale nella comprensione e quindi nella lotta a questo aspetto della Sclerosi multipla. Dopo aver setacciato oltre sette milioni di varianti genetiche, i ricercatori ne hanno trovata una associata a una progressione più rapida della malattia. La variante si trova tra due geni senza precedente associazione alla SM, chiamati DYSF e ZNF638. Il primo è coinvolto nella riparazione delle cellule danneggiate, il secondo aiuta a controllare le infezioni virali.
La vicinanza della variante a questi geni suggerisce che potrebbero essere coinvolti nella progressione della malattia. I risultati di questo studio costituiscono i primi indizi per affrontare la componente del sistema nervoso della SM e danno una opportunità per sviluppare nuovi farmaci che possono aiutare a preservare la salute di tutti coloro che soffrono di sclerosi multipla.
I ricercatori italiani coinvolti nello studio internazionale (oltre a Sandra D’Alfonso sono Filippo Martinelli Boneschi e Federica Esposito) sottolineano che “questo lavoro rappresenta un’importante svolta nell’ambito della medicina di precisione, in quanto potrebbe, per esempio, portare all’uso di terapie più aggressive sin dall’inizio in quei soggetti portatori di varianti genetiche sfavorevoli per la progressione”.
“Inoltre, la conoscenza di questa variante e dei due geni in prossimità della variante”, concludono i ricercatori, “potrebbe permettere di sviluppare nuovi farmaci che agiscano sul meccanismo d’azione di questi due geni e rallentino la progressione della malattia”.