Nel 2022 l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia in Italia ha generato un valore della produzione pari a 415,3 miliardi di euro, occupando circa due milioni di persone. La crescita osservata nel 2022 (+15,9%), sostenuta soprattutto dall’incremento dei prezzi, porta la Bioeconomia italiana a pesare l’11% sul totale del valore della produzione, in netto aumento rispetto al 9,9% del 2019. Questo, in estrema sintesi, il quadro emerso a Firenze, nell Rapporto “La Bioeconomia in Europa”, giunto alla sua nona edizione, redatto dalla direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo (nella foto, l’a. d. Carlo Messina) in collaborazione con il Cluster Spring e Assobiotec – Federchimica. In questa edizione hanno dato un contributo SRM, Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, ed il Centro Studi G.Tagliacarne. Il Rapporto contiene una stima aggiornata al 2022 del valore della produzione e degli occupati della Bioeconomia in Italia, Francia, Spagna e Germania. In questa nona edizione del Rapporto sono approfonditi due filiere in particolare: l’energia, tema di estrema attualità e sottoposta a forti discontinuità sia sul piano legislativo che tecnologico, a cura di SRM e la filiera del tessile-abbigliamento che ha registrato negli ultimi decenni una vera e propria trasformazione che ne ha modificato gli equilibri a livello mondiale. Anche negli altri paesi europei considerati nel Rapporto, la Bioeconomia ha registrato lo scorso anno una sensibile crescita: nel complesso di Francia, Germania, Italia e Spagna, la Bioeconomia ha generato nel 2022 un output di circa 1.740 miliardi di euro, occupando oltre 7,6 milioni di persone. Un ruolo chiave nella Bioeconomia, in particolare in Italia, è ricoperto dalla filiera del tessile-abbigliamento, protagonista di una profonda trasformazione negli ultimi decenni che ha portato allo spostamento del baricentro produttivo mondiale verso l’Asia e ad una diminuzione dell’utilizzo di input bio-based: la quota sul commercio mondiale di input, filati e tessuti bio è scesa dal 16,1% medio del 2007-08 al 14,8% del 2018-19. La filiera del tessile-abbigliamento in Italia ha raggiunto 63,5 miliardi di euro di fatturato nel 2022 (l’1,5% del totale e il 5,5% del manifatturiero), occupando circa 300 mila addetti, l’8% degli addetti della manifattura italiana. L’Italia resta protagonista in questo settore: nono produttore mondiale per numero di addetti, quinto per valore della produzione e per quota di mercato nei prodotti di fascia alta. Il nostro paese mantiene una quota di produzione bio-based tra le più elevate nel contesto europeo e risulta quarto esportatore mondiale di fibre, filati e tessuti bio-based. I dati di una inchiesta ad hoc sulle imprese della Bioeconomia, evidenziano come oltre il 40% dei soggetti intervistati nella filiera del tessile-abbigliamento dichiara di voler ampliare le proprie produzioni bio-based nei prossimi 3 anni. La filiera del tessile-abbigliamento è al centro di significativi cambiamenti in ottica di maggiore sostenibilità e circolarità. Con l’introduzione dell’obbligo di raccolta differenziata dei tessili già partita in Italia e di prossima applicazione nel resto dell’Unione europea, il tema dell’economia circolare, del riuso e riutilizzo dei rifiuti tessili e dei tessili usati diventerà ancora più rilevante. Si assisterà a un aumento dei quantitativi di rifiuti da trattare e gestire e ne cambierà anche il mix con l’ampliamento dell’incidenza dei rifiuti di peggiore qualità e privi di valore. In questo contesto la capacità di recuperare materia in una logica fiber to fiber diventerà fondamentale. Il riutilizzo degli scarti dei processi produttivi della filiera tessile in un’ottica circolare è rilevante ma residuano ampi spazi di miglioramento, attivabili attraverso un miglior funzionamento del mercato delle materie prime seconde. Le potenzialità sono desumibili dall’analisi dei quantitativi di rifiuti tessili prodotti dalla filiera della moda che risultano pari a 510mila tonnellate a livello europeo. In Italia per ogni addetto dell’industria della moda si producono 508 kg di rifiuti. I rifiuti post consumo raccolti in modo differenziato ammontano complessivamente a livello di Europa a 27 a 790.000 tonnellate nel 2020, in accelerazione negli ultimi anni grazie alla crescente diffusione della raccolta differenziata. In Italia la raccolta differenziata dei rifiuti tessili è in progressivo ampliamento (nel 2021 circa 140mila tonnellate) ma sconta differenziali territoriali significativi: il quantitativo di rifiuti pro-capite tessili raccolti al Sud è pari a 2,1 kg, rispetto ai 2,8 kg per abitante registrati al Nord e ai 3 kg del Centro Italia. Dopo l’apertura, a cura di Mario Bonaccorso, Direttore del Cluster SPRING e i saluti istituzionali di Luigi Salvadori, Presidente della Fondazione CR Firenze, e di Tito Nocentini, Direttore Regionale Intesa Sanpaolo Toscana e Umbria, sono seguiti gli interventi di Stefania Trenti e Laura Campanini, della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, dedicati alla presentazione dei principali contenuti del Rapporto. E’ stato poi dato spazio a Gaetano Fausto Esposito, Direttore generale del Centro Studi G.Tagliacarne, che ha brevemente illustrato i principali risultati di una inchiesta ad hoc condotta in collaborazione con il Cluster SPRING, presso un campione rappresentativo di imprese italiane afferenti alla Bioeconomia. È seguita una tavola rotonda, moderata da Massimo Deandreis, direttore di SRM, dedicata alla filiera del tessile-abbigliamento, tema di un ampio approfondimento all’interno del Rapporto. Hanno partecipato Valerio Barberis, Assessore all’Economia Circolare del Comune di Prato, Mauro Chezzi, Vicedirettore Sistema Moda Italia, Gabriele Costa, Global Product Manager Gruppo Lamberti e Giovanni Santi, Presidente Beste. Gregorio De Felice, Chief Economist and Head of Research di Intesa Sanpaolo, ha commentato: “La Bioeconomia rappresenta un’importante risposta per promuovere modelli produttivi che preservino le risorse del pianeta. La ricerca e lo sviluppo di soluzioni bio-based costituisce una leva strategica di successo anche per le imprese dei settori tradizionali del Made in Italy, come il tessile-abbigliamento. Questa filiera, come emerge dalle nostre analisi, mostra infatti una crescente attenzione alle tematiche ambientali, che coinvolgono tutta la catena del valore, dall’utilizzo di input biologici, fino alla valorizzazione e al riuso degli scarti. La filiera del tessile presenta infatti un alto potenziale di circolarità che all’oggi risulta solo in parte sfruttato. È dunque opportuno che le best practice già in parte adottate si diffondano ulteriormente, sia fra le aziende sia fra i consumatori. In prospettiva l’attenzione a questi temi diventerà imprescindibile come leva strategica per il nostro tessuto produttivo”. Per Catia Bastioli, presidente Cluster Spring “La Bioeconomia circolare è un aggregato complesso che comprende l’agricoltura, la silvicoltura, il sistema moda, i bio-prodotti, il legno, la carta, fino ai rifiuti organici, alla bio-energia e alla chimica bio-based. La Bioeconomia si conferma un meta-settore rilevante per la nostra economia che potrà avere prospettive di rigenerazione ambientale e sociale ben più rilevanti, qualora saremo in grado di riconoscere il suo valore all’interno della legislazione europea sulla transizione ecologica e del PNRR. Fondamentale sarà promuovere l’interconnessione di quelle filiere che hanno già dimostrato di essere in grado di disaccoppiare sviluppo e uso delle risorse, integrando economia ed ecologia in una strategia industriale saggia e sistemica con le radici nei territori, che comprenda spazi anche per l’innovazione partecipata.” Elena Sgaravatti, vicepresidente Assobiotec Federchimica, ha affermato: “Le produzioni bio-based sono una soluzione su cui puntare per un futuro migliore. SDGs, Green New Deal, PNRR ci indicano in modo chiaro la strada da seguire. Lo sviluppo sostenibile è il traguardo a cui tutti dobbiamo tendere. Per raggiungere questa meta le biotecnologie possono dare un contributo cruciale perché offrono sia strumenti sia prodotti che sanno conciliare crescita economica e rispetto dell’ambiente. Sono motore di innovazione di un meta settore, quello della Bioeconomia circolare, che ancora una volta i dati confermano avere un impatto significativo sull’economia nazionale e che sempre più caratterizzerà i mercati globali”.