La Fondazione Vittorio Occorsio ha intrapreso la produzione, insieme con Intesa Sanpaolo e Capri Entertainment, di podcast per raccontare, in ottica di divulgazione scientifica, le storie delle vittime del terrorismo e di coloro che si sono impegnati nel contrastarlo, in difesa dei valori repubblicani. La prima serie di podcast esce proprio il 9 maggio, si chiama “Storia di un giudice” ed è raccontato da Eugenio Occorsio
Caro direttore, nella «Giornata nazionale della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice», che cade il 9 maggio, ricorrenza del ritrovamento del corpo di Aldo Moro a via Caetani, si terrà come ogni anno una cerimonia di Stato, che questa volta tornerà a svolgersi al Quirinale, e ciò per noi familiari ha un significato particolarmente importante, di cui siamo grati al Presidente della Repubblica.
Il senso della memoria cui la Giornata ci richiama è evidente dalla sola lettura di fatti di cronaca degli ultimi mesi, che rinnovano il dolore dei familiari e impongono nuove riflessioni. Basta indicarne due.
La Corte di Cassazione francese, a fine marzo, ha confermato il diniego dell’estradizione dei membri delle Brigate Rosse e di altri movimenti estremisti. Si tratta di persone da anni residenti in Francia, per i quali, in Italia, tra il 1983 e il 1995, è stata irrogata la pena dell’ergastolo per vari omicidi (tra cui quello del Commissario Luigi Calabresi). Al di là delle private posizioni dei familiari delle vittime, che hanno espresso nobilmente la ritrosia a qualsiasi senso di vendetta, rimane il fatto che esponenti del terrorismo (in quel caso, di estrema sinistra), autori condannati e mai pentiti di efferati delitti, continuino a vivere una vita «incolpevole».
Sempre a marzo scorso, è morto Pierluigi Concutelli, terrorista questa volta di estrema destra, mai pentito omicida di mio nonno, Vittorio Occorsio, magistrato che aveva portato allo scioglimento di Ordine Nuovo (movimento cui Concutelli apparteneva), in applicazione della Costituzione e della legge Scelba, che punisce la ricostruzione, in qualsiasi forma, del disciolto partito fascista; lo stesso soggetto è stato autore di altri due omicidi (oltre a vari altri delitti), compiuti in carcere a mani nude, di due ex commilitoni, per evitare che collaborassero nelle indagini sulle stragi – circostanza che testimonia un ben più ampio ruolo svolto da Concutelli e da esponenti di Ordine Nuovo nella strategia della tensione e nel periodo stragista, come infatti il giudice Occorsio aveva intuito.
E tuttavia, in occasione della sua morte, una nidiata di suoi aficionados ha pensato bene di affiggere, in giro per Roma, dei manifesti recanti la sua foto giovanile e la scritta «Onore comandante». Alcuni di essi sono tuttora visibili, perché nessuna autorità si è occupata della loro rimozione. In più, non è stato sufficiente lo spostamento all’alba — voluto dalla Questura per evitare problemi d’ordine pubblico — dell’orario del suo funerale per dissuadere un gruppo di «camerati» dal recarsi nel luogo dove esso si svolgeva, non già per partecipare alla funzione funebre di un «amico» scomparso, bensì per rievocare ed esaltare la sua vita e la sua azione «rivoluzionaria», con saluti romani e con la bara avvolta nel Tricolore, in spregio ai valori della Repubblica.
Su tali circostanze non c’è spazio per destra e sinistra: intanto si può parlare di unità nazionale, in quanto la ferma condanna di questi fatti risuoni da un coro unanime di tutti gli esponenti della vita politica, culturale, sociale, del Paese, e le azioni delle autorità responsabili siano conseguentemente concrete e immediate. Non sono ammesse ambiguità di sorta. La costruzione di un’identità repubblicana può dirsi fallita se, ancora nel 2023, continuano a essere tollerate manifestazioni di questo tipo. Solo così potrà darsi un messaggio forte e chiaro a tutti i cittadini, specialmente ai giovani che non hanno vissuto quella stagione.
La Giornata della memoria sul terrorismo, dunque, rimane una delle più attuali delle varie «Giornate in memoria di» previste nel nostro calendario civile, perché c’è ancora bisogno non solo di ricordare silenziosamente le vittime incolpevoli di una violenza assurda, ma, ancor oggi, di chiamare ad unità il Paese contro le divisioni causate dall’estremismo politico.
È di fondamentale importanza, quindi, in questa Giornata e per tutto l’anno, spiegare il significato storico dei fatti e di alcuni gesti (come i saluti romani), che continuano a ripetersi e che ci riportano sempre a quei «dannati» anni 70, non solo per ricordare ma per far comprendere il valore della Democrazia costituzionale, italiana ed europea.
Un impegno di ciascuno di noi e allo stesso tempo dello Stato, nelle sue più alte espressioni.
Vittorio Occorsio, corriere.it