Alessandro Garrone ha una macchina elettrica e una ibrida; un figlio di 31 anni, il secondogenito Filippo, ex Deloitte, Acciona e Long Term Partners, appena entrato in San Quirico, la holding di famiglia; e guida da vicepresidente esecutivo la Erg fondata dal nonno. Nasce come petroliere, ma oggi non lo è più. «L’acronimo significa Edoardo Raffinerie Garrone, potrebbe essere anche Edoardo Rinnovabili Garrone — dice —. La sigla non la cambiamo però, ci piace». Oggi Erg produce solo energia rinnovabile. «Ormai abbiamo 3,3 miliardi di capitale investito di cui l’80% in eolico e il 20% in solare — dice Garrone che è anche vicepresidente dell’Aidaf, l’Associazione delle aziende familiari —. Siamo focalizzati totalmente sulle rinnovabili, che faranno parte del nostro futuro. Nel 2008 avevamo il 20% in eolico su 2,2 miliardi di capitale investito, il resto era petrolio e gas naturale». Una rivoluzione in pochi anni. Si capisce dunque perché l’imprenditore genovese — nell’Erg che vuole arrivare al 2026 con oltre 650 milioni di margine operativo lordo dai 537 attuali e quasi raddoppiare, da tre a cinque, i gigawatt installati da qui al 2027 — pensi due cose. La prima: malgrado la riscoperta delle fonti fossili dell’ultimo anno, indietro non si torna. «Non siamo più in emergenza, ci stiamo attrezzando. Di qui al prossimo inverno per l’Italia, con più importazione di gas da altri Paesi e più capacità sulle rinnovabili, il problema sarà ridotto.Noi di Erg abbiamo una pipeline da 3,8 gigawatt su eolico, solare, stoccaggio in Italia e in Francia, Regno Unito, Spagna, Germania». La seconda: è importante per le aziende del settore unirsi, così da affrontare in modo più strutturato la concorrenza e il mercato.
Le acquisizioni
Questo detto da un’azienda presente in nove Paesi e lievitata, oltre che per sviluppo organico e repowering, anche per acquisizioni. Quattro solo nell’ultimo anno tra Spagna e Italia: tre nel solare e una nell’eolico. «Siamo entrati in Spagna e Svezia, siamo forti in Francia e Germania, in Uk stiamo crescendo. Guardiamo a opportunità anche in altri Paesi europei». Secondo Garrone, le aziende familiari italiane «hanno ottime capacità di fare affari, ma per potersi sviluppare hanno bisogno di seguire l’esempio delle tedesche, più grandi. Servono poli, fusioni, accordi, apertura del capitale. Le nuove generazioni sono più disposte a farlo».
Niente rimpianti
Sulla scelta totale delle rinnovabili, insomma, non ci sono rimpianti in Erg. Naturalmente ci sono anche i problemi, che Garrone individua in due punti: le gare e la burocrazia. «Non ci dispiace avere ceduto l’oil — risponde l’imprenditore a chi gli chiede se sia pentito di non avere più una raffineria oggi che, con la guerra Russia-Ucraina, la domanda di gas e petrolio è salita—. Il ritorno alle fonti fossili è temporaneo, dovuto a una situazione di necessità. Il contributo delle rinnovabili sarà sempre maggiore». Perché, ritiene, la scelta delle fonti alternative non va legata solo al contrasto al cambiamento climatico: «Ci sono altre due ragioni». La prima è l’autonomia energetica: «Se l’Europa avesse investito prima, non ci saremmo trovati con il problema della dipendenza dal gas russo». La seconda è la riduzione dei costi. «Oggi produrre energia da fonti come solare ed eolico costa meno che da quelle fossili. Perciò gli incentivi non servono più. Si produce solare ed eolico, a seconda dei momenti, intorno agli 80-100 euro a megawattora, contro prezzi più alti e volatili delle fonti fossili, arrivate anche a mille euro. Le rinnovabili sono competitive».
Il ritardo
Ma per arrivare agli obiettivi dell’Agenda Onu l’Italia deve correre. «Bisognerebbe installare dieci gigawatt all’anno, ne sono stati installati solo tre e perlopiù nel solare domestico — nota Garrone —. Di questo passo non arriveremo mai agli obiettivi al 2030». E perché si va lenti? «Abbiamo tempi di autorizzazione lunghissimi, in media cinque anni per un parco eolico. Colpa anche di un forte disallineamento tra regioni e governo centrale e di un’eccessiva burocrazia: per il via libera servono una trentina di pareri degli uffici istituzionali. Bisogna semplificare, il quadro regolatorio va cambiato». Anche sul piano delle aste governative per nuova capacità di energia rinnovabile: «Il sistema è inadeguato. Le gare sono a prezzi non competitivi, non adeguate all’inflazione e al conseguente incremento dei costi d’investimento: perciò nessuno partecipa. Nel 2022 in Europa sono state sottoscritte per meno del 50% della capacità allocabile».
Gli accordi diretti e il caso EssilorLuxottica
Così, sull’esempio del Regno Unito, si sta affermando il modello Ppa, l’accordo diretto del produttore con le aziende consumatrici. È su questo schema che Erg ha firmato l’accordo con EssilorLuxottica, il 9 marzo. «Dal 2023 al 2034 forniremo loro energia dal parco eolico di Partinico Monreale, a Palermo — dice Garrone —, il primo dove stiamo completando il repowering. Siamo passati da 19 turbine eoliche a dieci, produciamo il triplo con la metà delle macchine. È una strada per aumentare la capacità di rinnovabili italiana senza occupare nuovo terreno».
Gli extra profitti
Un tema controverso è la tassa sugli extraprofitti, che secondo Garrone sta penalizzando gli investimenti di aziende come la sua (3,5 miliardi di investimenti previsti nel 2022-2026). «Nel 2022 abbiamo avuto 91 milioni di extratasse di cui 60 in Italia: sono investimenti mancati. Sarebbe una misura più efficace imporre, in caso di reali extraprofitti, il reinvestimento degli utili».
I risultati e gli investimenti
Erg l’anno scorso ha accelerato sui risultati. I 537 milioni di ebitda citati («55% Italia e 45% estero, l’obiettivo è 50%-50%») sono in aumento del 35% dal 2021 e l’utile netto si è impennato del 70% a 216 milioni. «Ma sono risultati dovuti agli investimenti, saliti da 627 a 946 milioni nel 2021-2022 — nota Garrone —. Abbiamo aumentato la nostra capacità installata di 526 megawattora: maggiore produzione, quindi più profitti». Dietro la crescita, per Garrone c’è anche il modello di un’azienda familiare quotata, che ha un socio finanziario ed è gestita da manager esterni alla famiglia (ceo Paolo Luigi Merli).
La proprietà e la famiglia
Il 62,5% di Erg fa capo alla holding San Quirico delle famiglie Garrone e Mondini. L’anno scorso è stata costituita la società Sq Renewables dove San Quirico ha il 65% e il fondo australiano Ifm è entrato con il 35%. «Abbiamo un partner internazionale con cui investire e confrontarci. Siamo abituati a condividere le decisioni con i manager. Una ragione della nostra crescita, con un cambiamento così forte dal petrolio alle rinnovabili, è la governance, già da mio padre Riccardo orientata ai manager». Su 12 membri del board tre sono della famiglia: Alessandro, il fratello Edoardo, presidente di Erg, e il cugino Giovanni Mondini, vicepresidente. Il resto sono consiglieri indipendenti o manager. «È un modello di azienda manageriale con presenza attiva dell’azionista di controllo, sinora ha funzionato». Ma Garrone considera importante anche la Borsa: «Non solo perché si ha un riferimento trasparente sul valore della società, ma anche perché ci si confronta con analisti e investitori sulle strategie. La Borsa dà stabilità e stimoli».
Alessandra Puato, corriere.it