Ingordigia non sei il male

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(di Tiziano Rapanà) È il paradosso del tempo moderno: le calorie non vanno più bruciate ma espiate. Oggi anche lo gnocco fritto ti fa scivolare nel purgatorio del senso di colpa. Oddio, come farò? Questo uno pensa e così si sprofonda nel rinuncia e anche un tarallo può essere il primordio del peccato più nauseabondo. E non serve l’autoanalisi, l’esorcismo senza esorcista di positure salutiste da reel di Instagram, non c’è nulla di male se si canta È bello ‘o magnà ma poi ti tocca l’incubo perenne della minestrina. Perché le calorie vanno espiate e le patatine in busta invitano alla più facile delle trasgressioni. Tu sei lì e sei pronto ad aprire la confezione con la voracità tipica di chi spera nel miracolo della continenza e si affida alle applicazioni che contano le calorie. Ma la matematica talvolta è un’opinione e i numeri si possono pure trascurare: e intanto le calorie aumentano, aumentano, aumentano… Sono solo patatine in busta e non è il caso di farne un dramma. Non c’è propensione all’ingordigia e poi se proprio ci si deve mentire a sé stessi, l’ingordigia non è il male. Qui non c’è Mefisto e io non sono Tex, l’incontro non è nemmeno degno di un duello di carta. Che si mangi pure con diletto, se le calorie aumenteranno pazienza. Verrà poi il tempo dell’eremitaggio dal mondo gastronomico. Così si avrà tutto il tempo per pensare alle inquietudini del mondo, per leggere tutto Proust minuto per minuto e infine per riflettere sull’inutilità dell’avere rinunciato a tutto quel ben di Dio. La virtù non è virtuosa, è solo un freno a mano che evita il rischio.

tiziano.rp@gmail.com