
(di Tiziano Rapanà) Spaghetti con le cozze, uno pensa al paradiso laico in terra. All’incontro e al successivo sposalizio fortunato, tutto bello e riuscito. Dal perfetto approdo del prezzemolo tritato all’olio al peperoncino così adatto a donare quel quid che fa l’unicità. Eppure i sogni non sempre sono delle realtà scintillanti. E allora ecco il dramma dei gusci, uno si dice: perché? È sempre così nei ristoranti, uno vuole evitare il sentiero della fatica ed invece sono lì pronti a fare guarnizione, corredo e al tempo stesso ruolo da co-protagonisti (indesiderati, ovvio, antagonisti per naturale difficoltà del mangiatore). Non si potrebbe fare a meno del guscio? Non è una pepata o un sauté: si potrebbe fare a meno, dico io. E lasciatelo mangiare in pace questo povero cliente che non ne vuole sapere di sprecare fatica per un piacere così ghiotto. E allora dolci cozze aiutatemi voi, riproducetevi senza gusci: innalzatevi alla vita così, con naturalezza. Io voglio mangiare con tranquillità e so di non essere solo a chiedere di poter accingermi alla prelibatezza con la massima distensione. Uno deve stare cheto per poter dire dopo: “Un altro giorno è passato. E ora tornano le speranze di un domani libero della pieghe del banale”.