Gli italiani non mangiano frutta e verdura

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Italiani pigri. Sono consapevoli che bisogna adottare uno stile di vita sano. Ma non lo fanno. Sanno che è importante stare attenti anche cosa si mangia. Ma non consumano abbastanza frutta e verdura. È il profilo che emerge dal report “Abitudini alimentari e stile di vita” realizzato da Fondo ASIM – Fondo di assistenza sanitaria integrativa dedicato a lavoratrici e lavoratori delle imprese esercenti Servizi di Pulizia, Servizi Integrati/Multiservizi, in collaborazione con la Fondazione AIRC e presentato nella sede del Fondo ASIM a Roma. Il sondaggio è stato realizzato su 2608 gli intervistati, campione rappresentativo della platea delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti delle aziende dei Servizi di Pulizia, Servizi Integrati/Multiservizi che aderiscono al Fondo ASIM, il 73% donne. Le risposte offrono uno spaccato non solo di quali siano le abitudini alimentari e gli stili di vita degli intervistati, ma soprattutto della differenza sostanziale tra la consapevolezza dell’importanza di adottare determinati comportamenti corretti e la loro effettiva realizzazione nella quotidianità. Emerge così come il consumo di 5 porzioni di frutta e verdura risulta essere il comportamento alimentare salutare meno seguito il (19%); seguono il consumo di legumi (17%); il consumo di pesce (16%); la limitazione del consumo di grassi animali (11%). In tutti i casi, tra le principali risposte relative alla causa di queste abitudini, c’è: “Sbaglio e infatti vorrei cambiare”. Rispetto agli stili di vita, il 51% degli intervistati ha dichiarato di aver praticato sport nell’ultimo mese. Tra le motivazioni che impediscono di dedicarsi allo sport, la più citata è la mancanza di tempo (49%). Tra i programmi di screening che hanno coinvolto il maggior numero di persone ci sono quelli dedicati all’ HPV (Il 73%); tumore della cervice uterina (57%); tumore al seno (51%). Tra le motivazioni più citate da chi ha ammesso di non aver eseguito questi controlli c’è “perché nessuno mi ha mai raccomandato di farlo” e “perché non c’ho pensato”. La semplice informazione su determinati temi, quindi, non necessariamente si traduce in un comportamento migliore, perché intervengono barriere pratiche e psicologiche che indeboliscono il legame tra valori, intenzioni e azioni. La maggioranza dei partecipanti (il 70%) è quindi consapevole del fatto che mantenere uno stile di vita attento, attraverso una serie di comportamenti e atteggiamenti virtuosi, possa aiutare. Ma, nonostante questo, non cambia stile di vita e non si mette davvero al riparo da problemi e che dunque nella quotidianità non sia poi così urgente adottare alcune accortezze.Ma quali sono le principali barriere che interferiscono sui comportamenti virtuosi? Nei risultati del questionario, le risposte che si presentano con maggior frequenza, fra tutte le domande riguardanti la propensione al cambiamento rispetto alle abitudini alimentari, riguardano la fatica di cambiare abitudini nonostante la consapevolezza dell’importanza di doversi nutrire diversamente. Importanza che, tuttavia, non si traduce nell’ “urgenza” di cambiare approccio, o almeno non nell’immediato. Dunque: le persone sanno cosa significhi “nutrirsi bene” e quanto sia sostanziale nella quotidianità. La difficoltà risiede nel contesto della scelta, nel quotidiano: il cibo è una soddisfazione, cambiare abitudini alimentari è una fatica, e questo cambiamento non è percepito poi come così urgente. Nel dettaglio, gli intervistati vanno dai 31 ai 70 anni, mentre le aree geografiche italiane di provenienza degli intervistati sono: Centro e Sardegna (31%); Nord ovest (24%); Nord est (24%); Sud e Sicilia (16%). L’11% proviene dall’estero. La maggior parte degli intervistati (52,9%) è in possesso di un diploma di scuola superiore, il 31,9% ha completato la scuola media; il 12,4% ha una laurea breve o specialistica; l’1,15% possiede una licenza elementare. Il 67% di loro lavora come operaio, il 32% come impiegato. Nel campione emerge un grande divario tra le intenzioni e le azioni dei partecipanti. La sfida, secondo Airc e Fondo Asim, consiste quindi nell’aiutare le persone a cambiare abitudini oggi, anziché rimandare a un vago domani, mantenendo soddisfazione e facilità.Alimentazione, prevenzione, comportamenti virtuosi continuano a confermarsi come i principali fattori in grado di incidere sullo stato di salute e di benessere delle persone, ma non basta. Educazione, sensibilizzazione e promozione di una cultura della salute e del benessere sono le chiavi di volta che possono fare la differenza. “Studiare il modo di vivere e pensare della popolazione è importante per capire come molte stiamo più attenti agli impegni quotidiani che alla cura della nostra salute – spiega all’AGI Massimo Stronati, Presidente del Fondo ASIM -. Sedentarietà, poco consumo di frutta e verdura fanno male, bisogna accompagnare l’alimentazione con la cultura dell’alimentazione, c’è un’inerzia nelle scelte ma le ricerche e i sondaggi sono utili per cambiare, l’auspicio è che venga fatto anche negli altri settori per dare spunti al ministero della Salute. Questo lavoro è un monito per dire che esiste un altro modo di vivere e che ci può fare stare meglio. L’obiettivo è comprendere i comportamenti messi in atto rispetto a una selezione di tematiche, per individuare le cause di questo gap. È evidente come la semplice informazione non si traduca necessariamente in un comportamento migliore, perché intervengono barriere pratiche e psicologiche che indeboliscono il legame tra i nostri valori, le nostre intenzioni e le nostre azioni. È necessario fare un ulteriore sforzo nella direzione di un maggior coinvolgimento delle persone rispetto all’urgenza di adottare determinate pratiche nel quotidiano”. “La prevenzione salva le vite. A partire dall’alimentazione e dalla consapevolezza anche in famiglia. Bisogna intervenire sulla cultura della prevenzione e veicolare l’importanza di compiere quotidianamente gesti concreti per la nostra salute – sottolinea all’AGI Niccolò Contucci, Chief Fundraising Officer Fondazione AIRC –. Oggi sappiamo, grazie ai progressi della ricerca, che abitudini più salutari potrebbero evitare la comparsa di circa un tumore su tre. La prevenzione è fondamentale per ridurre la probabilità di sviluppare un cancro ed è alla nostra portata ogni giorno attraverso l’adozione di buone pratiche come: l’adesione agli screening raccomandati, un’alimentazione equilibrata, un’attività fisica regolare, e soprattutto la rinuncia al fumo, il maggiore fattore di rischio per i tumori polmonari e per altre innumerevoli altre malattie”. “È passato il messaggio che bisogna fare prevenzione, ma non è ancora passata la consapevolezza dell’urgenza del dover cambiare” aggiunge Simona Tagliavini, dell’area aziende e territorio di Airc.