(di Tiziano Rapanà) Non so voi, ma io non sopporto i bucatini all’amatriciana. Io voglio i rigatoni o i tortiglioni. No agli spaghetti e né tantomeno i bucatini. Pancetta o guanciale, fate voi. La storia può essere ridimensionata e financo mortificata per adattarsi al tempo a disposizione, ai minuti che mancano e al supermercato che chiude. Se una persona non ha in casa il guanciale e si ritrova la pancetta, va bene lo stesso. Viva il purismo e la preservazione della tradizione, ma ognuno fa da sé con gli ingredienti ed il tempo che ha. Tutto il resto è chiacchera, anche effimera, per quanto non di poco conto. Ma il bucatino, no, per carità. Io voglio i rigatoni o i tortiglioni. Sul pecorino, però, non transigo. Che sia romano o, ancora meglio!, di Amatrice. Rispetto chi ama il risotto all’amatriciana, ma non mi sconfinfera del tutto. Non mi convince, non mi seduce. Il re, indiscusso, è il rigatone in ex aequo con il tortiglione. Il guanciale è d’obbligo, però – e detesto ripetermi – è giusto che vi adattiate alle situazioni in cui vi trovate. Cucinare dev’essere un piacere e non uno stress, pertanto affidatevi pure alla pancetta a cubetti confezionata. Conoscete la poesia di Aldo Fabrizi sull’amatriciana? Il grande attore romano aveva scritto in versi la sua personale rivisitazione. Ve la riporto integralmente: “Soffriggete in padella staggionata, / cipolla, ojo, zenzero infocato, /mezz’etto de guanciale affumicato / e mezzo de pancetta arotolata. / Ar punto che ‘sta robba è rosolata, / schizzatela d’aceto profumato / e a fiamma viva, quanno è svaporato, / mettete la conserva concentrata. / Appresso er dado che jè dà sapore, / li pommidori freschi San Marzano, / co’ un ciuffo de basilico pe’ odore. / E ammalappena er sugo fa l’occhietti, /assieme a pecorino e parmigiano, / conditece de prescia li spaghetti”.