Nei primi nove mesi di quest’anno il comparto italiano del cappello ha registrato un significativo incremento delle esportazioni: +32,8% sullo stesso periodo del 2021, toccando quota 305,2 milioni di euro, +106% rispetto al 2020 e +82,1% anche verso il 2019. Sono in crescita, nello stesso periodo, anche le importazioni, che hanno toccato 181,6 milioni di euro, +61,5% rispetto al 2021, +106,2% sul 2020, +72,4% anche sul 2019. Lo rende noto la Federazione Italiana Industriali dei Tessili Vari e del Cappello, che ha elaborato dati Istat, secondo la quale si tratta di un risultato “non del tutto scontato, almeno dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino, continuando al tempo stesso ad essere lineare per tutte le tipologie di prodotto”. Inclusi anche i cappelli di paglia, che avendo già invertito la rotta dal primo trimestre di quest’anno, persistono nel registrare un aumento sia delle esportazioni (19,4 milioni di euro, +32,4% sul 2021, +24,4,% rispetto al 2020, ma -0,3% sul 2019) che delle importazioni (12,5 milioni di euro, +149% sul 2021, +100,9% rispetto al 2020, +38,1% anche nei confronti del 2019). La Cina resta il principale fornitore delle imprese italiane, con 68,8 milioni di euro. Le principali esportazioni vanno verso la Svizzera, dove sono presenti quasi tutte le piattaforme logistiche e distributive delle principali multinazionali del comparto del lusso, cresciuto enormemente già negli anni precedenti l’emergenza pandemica e che si mantiene stabile a 51,7 milioni di euro (+2% sul 2021). Stabilmente sul podio i tradizionali mercati europei, con la grande performance della Francia, dove sono concentrati i più grandi gruppi proprietari dei maggiori brands del lusso a livello globale, che si conferma secondo mercato di sbocco a 41,4 milioni di euro (+62,9% rispetto al 2021, +121% rispetto al 2020 e addirittura +123,7% sul 2019), davanti alla Germania (34,4 milioni di euro, +26,4% nei confronti dello stesso periodo del 2021, +93,7% sul 2020 e +78,7% sul 2019). Giù dal podio ma in forte recupero gli Stati Uniti (31,2 milioni di euro, +47%), mentre si conferma in controtendenza dalla lunghissima crisi iniziata con la Brexit e confermandosi stabilmente assieme agli altri mercati tradizionali il Regno Unito (16,6 milioni di euro +36,8%).