(di Tiziano Rapanà) Buone nuove disegnano un prospetto del futuro, con un tratto cautamente ottimistico. Vini, spiriti e aceti, laicissima trinità divenuta fiore all’occhiello dell’export agroalimentare nostrano. I numeri, dell’Osservatorio Federvini curato da Nomisma e TradeLab, parlano chiaramente di record. E più specificamente: per il vino si prevede il record di 8 miliardi di euro (+12% rispetto all’anno precedente), così come per gli spiriti (1,7 miliardi di euro). Buono anche il risultato per gli aceti, in particolare balsamici, che vedono chiudere l’anno con una crescita delle esportazioni (a valore) del 15%.
Il felicissimo periodo si deve chiaramente a tre fattori:
1) l’andamento del cambio euro-dollaro che ha consentito di compensare gli aumenti dei costi di produzione e recuperare competitività sui mercati legati al dollaro come USA e Canada;
2) la ripresa del turismo a livello globale, che ha dato impulso ai consumi di vini e spiriti nel canale Horeca (ossia gli alberghi, i ristoranti e bar). In Italia, a fine agosto, gli arrivi dei turisti internazionali hanno superato i 35 milioni (+125% rispetto allo stesso periodo del 2021);
3) la diversificazione dei mercati, come strategia adottata da molte aziende che guardano ai paesi emergenti come Tailandia e Vietnam, dove nei primi 8 mesi del 2022 il valore dell’export del vino è cresciuto rispettivamente del 158% e del 82%.
Micaela Pallini, presidente Federvini, nella foto, è contenta dei risultati: “I dati sulle performance del nostro export evidenziano l’importanza della diversificazione dei mercati. Tale strategia può essere coadiuvata da un lato dalla leva promozionale e dall’altro da una maggiore proattività dell’Unione Europea nel concludere ulteriori accordi di libero scambio con i paesi extra-Ue. È evidente che ci muoviamo in uno scenario complicato ed in continua evoluzione, non si escludono rallentamenti economici nel 2023 che dovrebbero interessare alcuni mercati europei come l’Italia e la Germania”.