Il governo valuta di ritardare l’avvio autunnale dei riscaldamenti e anticipare lo stop in primavera. Palazzo Chigi vuole evitare razionamenti alle imprese, per gli aiuti si cercano oltre 10 miliardi
Accendere i termosifoni una settimana dopo, spegnerli una settimana prima. Nelle case, negli uffici. Per risparmiare energia, contrarre i consumi e, a ricasco, la spesa. La contromisura compare tra quelle che il governo sta studiando in un piano di risparmio energetico composto da diversi scenari. Se attuata, farebbe slittare di una settimana l’accensione, che nelle diverse aree d’Italia è scansionata tra il 15 ottobre e l’1 dicembre. Per i privati arriverà, come già per il pubblico, l’abbassamento di almeno un grado (da 20 a 19 gradi) delle temperature, con l’indicazione di tenere accesi i caloriferi un’ora in meno al giorno. Un indizio di riduzione dell’uso dei termosifoni è emerso anche nelle indicazioni di consumo per il prossimo anno termico, che l’Acquirente Unico sta inviando agli operatori sulla base di un algoritmo dell’Arera: indicano per ottobre consumi di metano allineati agli attuali, quindi poco influenzati dalla consueta accensione del riscaldamento.
Un principio di fondo, confermano anche a Palazzo Chigi, sembra ispirare il piano di risparmio energetico cui lavora il ministro Roberto Cingolani: provare a evitare razionamenti delle attività industriali. L’idea è quella di dettagliare una serie di azioni “non prescrittive”, da modulare a seconda degli scenari, fino a quello più catastrofico dell’interruzione delle forniture dalla Russia. Dovrebbe essere dunque raccomandato – non imposto – il calo della temperatura nelle case. Mentre alle imprese, nei diversi settori, è stato chiesto di valutare in via solo preventiva limitazioni di consumi, turni e stop temporanei delle produzioni.
Il prezzo del gas intanto vola oltre 340 euro e si attesta un soffio sotto 339 euro. L’allarme riguarda l’intera Europa e spinge la Repubblica Ceca, presidente di turno dell’Ue, ad annunciare entro metà settembre una riunione straordinaria dei ministri dell’Energia “per discutere misure di emergenza specifiche”.
Accendere i termosifoni una settimana dopo, spegnerli una settimana prima. Nelle case, negli uffici. Per risparmiare energia, contrarre i consumi e, a ricasco, la spesa. La contromisura compare tra quelle che il governo sta studiando in un piano di risparmio energetico composto da diversi scenari. Se attuata, farebbe slittare di una settimana l’accensione, che nelle diverse aree d’Italia è scansionata tra il 15 ottobre e l’1 dicembre. Per i privati arriverà, come già per il pubblico, l’abbassamento di almeno un grado (da 20 a 19 gradi) delle temperature, con l’indicazione di tenere accesi i caloriferi un’ora in meno al giorno. Un indizio di riduzione dell’uso dei termosifoni è emerso anche nelle indicazioni di consumo per il prossimo anno termico, che l’Acquirente Unico sta inviando agli operatori sulla base di un algoritmo dell’Arera: indicano per ottobre consumi di metano allineati agli attuali, quindi poco influenzati dalla consueta accensione del riscaldamento.
Un principio di fondo, confermano anche a Palazzo Chigi, sembra ispirare il piano di risparmio energetico cui lavora il ministro Roberto Cingolani: provare a evitare razionamenti delle attività industriali. L’idea è quella di dettagliare una serie di azioni “non prescrittive”, da modulare a seconda degli scenari, fino a quello più catastrofico dell’interruzione delle forniture dalla Russia. Dovrebbe essere dunque raccomandato – non imposto – il calo della temperatura nelle case. Mentre alle imprese, nei diversi settori, è stato chiesto di valutare in via solo preventiva limitazioni di consumi, turni e stop temporanei delle produzioni.
Il prezzo del gas intanto vola oltre 340 euro e si attesta un soffio sotto 339 euro. L’allarme riguarda l’intera Europa e spinge la Repubblica Ceca, presidente di turno dell’Ue, ad annunciare entro metà settembre una riunione straordinaria dei ministri dell’Energia “per discutere misure di emergenza specifiche”.
Dai palchi della campagna elettorale italiana i partiti invocano il tetto Ue al gas e il disaccoppiamento dei prezzi dell’energia, proposti da Mario Draghi. Ma chiedono anche aiuti per famiglie e imprese. Matteo Salvini, che vorrebbe 30 miliardi, ipotizza in accordo con l’Ue anche la possibilità di fare più debito, uno scostamento di bilancio. Nell’immediato, invoca Giorgia Meloni, il governo tagli “tutti gli oneri dello Stato per ridurre del 30% le bollette senza scostamento”. Enrico Letta chiede “subito un tetto al prezzo dell’elettricità e il raddoppio del credito d’imposta per l’energia”.
Silvio Berlusconi, dopo contatti con Palazzo Chigi, è sicuro che un nuovo decreto di Aiuti sia imminente. Una valutazione è in corso, invitano alla prudenza dalla presidenza, e non è detto che un decreto arrivi in Cdm già la prossima settimana. Di sicuro, secondo Luigi Di Maio, sarà “massiccio”. Si starebbero cercando in effetti risorse per misure di portata simile al decreto di agosto, che aveva messo oltre 10 miliardi sulle bollette. Ma il nodo è trovarle senza scostamento: si spera di incassare qualcosa dagli extraprofitti, dopo la stretta di agosto, ma i fondi dovrebbero derivare soprattutto da incassi fiscali oltre le attese, con un rapporto deficit/Pil più basso di quello stimato. Tra le misure allo studio: pacchetti di energia a prezzo calmierato, proroga dei crediti d’imposta per le imprese, cig per le aziende energivore, nuovi sconti sulla benzina.