Il decreto ministeriale stabilisce che i datori di lavoro debbano inviare solo gli estremi dell’accordo, conservandone però il testo per cinque anni. Anche nella Pubblica Amministrazione è previsto l’accordo individuale, ma le regole generali sono stabilite dai Piao
Tra pochi giorni, dal 1° settembre, lo smart working esce dalla fase emergenziale e torna al regime normale, ma con una importante semplificazione, che si applicherà anche agli accordi già stipulati: al ministero del Lavoro andranno comunicati in via telematica solo i nomi dei lavoratori e le date di inizio e di conclusione degli accordi di lavoro agile, non il testo integrale dei contratti. Il decreto 149/2022 del ministero, oltre a garantire la modalità semplificata ai vecchi accordi, prevede che il datore di lavoro debba comunque conservare per cinque anni il testo dell’accordo individuale sottoscritto con il lavoratore.
Il contratto individuale rimane la norma anche per la Pubblica Amministrazione, anche perché non è mai stata approvata la legge di riforma della l.81/2017 messa a punto dal Senato, che dava maggiore spazio agli accordi collettivi, sottoscritti con il sindacato interno. Tuttavia l’accordo collettivo è “incoraggiato” dall’art.15 del Protocollo sottoscritto tra i sindacati e il ministro del Lavoro Andrea Orlando il 7 dicembre dell’anno scorso: si concorda infatti sulla necessità di “incentivare l’utilizzo corretto del lavoro agile anche tramite un incentivo pubblico destinato alle aziende che regolamentino il lavoro agile con accordo collettivo di secondo livello”. Negli ultimi mesi sono moltissimi gli accordi collettivi aziendali depositati al Cnel: non sostituiscono quello individuale, ma lo semplificano, il lavoratore può semplicemente aderire a una delle modalità individuate anziché definirle per filo e per segno nel proprio contratto.
Per la Pubblica Amministrazione invece la regolamentazione di riferimento non è l’accordo sindacale ma il Piao, (Piano integrato di attività e organizzazione), documento che le amministrazioni pubbliche hanno presentato alla Funzione Pubblica entro il 30 giugno di quest’anno, e che assorbe molti dei documenti di programmazione che finora le amministrazioni pubbliche erano tenute a predisporre annualmente: performance, fabbisogni del personale, parità di genere, lavoro agile (i vecchi Pola), anticorruzione. Le regole generali a cui attenersi sono definite dalle linee guida presentate ai sindacati dal ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta nell’ottobre dell’anno scorso. Le linee guida stabiliscono, tra l’altro, che il lavoro in presenza ridiventi prevalente, e dunque qualunque tipo di organizzazione si scelga, lo smart working nella pianificazione periodica delle amministrazioni pubbliche non può superare il 49% del tempo di lavoro.
Le modalità di organizzazione nella Pubblica Amministrazione, visto che i Piao sono stati presentati da poco, sono dunque ancora in via di attuazione. In particolare, negli ultime settimane è emersa ancora una volta la questione dell’erogazione dei buoni pasto, che sembrava essere stata chiarita dopo che, durante la pandemia, ogni amministrazione si era regolata in autonomia, alcune lo avevano erogato anche ai lavoratori da remoto e altre no. Le linee guida, ribadite anche dai contratti rinnovati negli ultimi mesi, a cominciare da quello delle funzioni centrali, stabiliscono che ci siano due modalità di lavoro agile, il lavoro agile senza vincolo di orario e di luogo, il lavoro da remoto con vincolo di orario e di luogo. Nel primo caso non essendoci un vincolo di orario, non è previsto il pagamento dei compensi accessori legati all’orario di lavoro, compreso il buono pasto. Nel secondo caso invece, dal momento che la prestazione lavorativa è legata ad un orario di lavoro, è possibile pagare i buoni pasto.
Il problema sorto in questi mesi però, ha spiegato in un post nel suo blog il presidente dell’Aran (l’agenzia che stipula i contratti della Pubblica Amministrazione) Antonio Naddeo, è che “i sindacati ci chiedono il lavoro agile, ma vogliono il pagamento del buono pasto. Quindi, rispondiamo noi, si può fare il lavoro da remoto? No. Nel lavoro da remoto è previsto un controllo della postazione lavorativa almeno ogni sei mesi per motivi di sicurezza e per le amministrazioni è un costo che non possono sostenere”. La questione non è ancora stata risolta in via definitiva, andrà affrontata ufficio per ufficio una volta che verranno attuati i Piao.
“La Repubblica”