È online il rapporto sui risultati dell’indagine nazionale sui consultori familiari 2018-2019. Il documento descrive nel dettaglio i risultati del progetto nazionale sui consultori familiari, finanziato dalle azioni centrali del ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2018-2020, che ha fotografato la rete degli oltre 1800 consultori distribuiti sull’intero territorio nazionale, rilevato i loro modelli organizzativi e analizzato le attività con l’obiettivo di identificare le buone pratiche per promuovere una rivalutazione del loro ruolo.
La legge 34/1996 prevede la disponibilità di un consultorio familiare, si spiega in un capitolo del rapporto, ogni 20.000 residenti, “stimando che un servizio che prevede la prossimità territoriale e il libero accesso non possa soddisfare appieno i bisogni di salute di popolazioni bersaglio più ampie”.Dall’indagine risulta che “in media sul territorio nazionale è presente un consultorio familiare ogni 32.325 residenti. Solo in cinque Regioni e una Provincia autonoma il numero medio di residenti per consultorio familiare è compreso entro i 25.000, mentre in altre cinque Regioni e una Provincia autonoma il numero medio è superiore a 40.000 residenti per consultorio familiare, con un bacino di utenza per sede consultoriale più che doppio rispetto a quanto previsto dal legislatore”.
Nel 1993 “era disponibile circa un consultorio familiare ogni 20.000 residenti, un consultorio familiare ogni 28.000 residenti nel 2008. Si evidenzia quindi – rileva lo studio – una progressiva riduzione del numero delle sedi di consultori familiari sul territorio nazionale”.
“In questi anni di emergenza pandemica da Covid19 – scrive il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro nella presentazione dell’indagine – si è rafforzata nel Paese la consapevolezza dell’importanza di disporre di una rete integrata di servizi territoriali di base in grado di assicurare capillarmente la presa in carico delle persone e delle comunità, garantendo l’accessibilità e la continuità delle cure anche alle fasce di popolazione socialmente più svantaggiate e più difficili da raggiungere. L’auspicio è che i risultati di questo progetto – conclude – possano concretizzarsi in uno strumento di confronto utile ai professionisti che operano sul territorio e ai decisori che, a vari livelli, sono chiamati a riflettere e a dare risposte sul futuro di questi servizi strategici in un’ottica di valorizzazione della tutela e promozione della salute, inserendoli a pieno titolo nella riorganizzazione territoriale prevista dal Pnrr”.