(di Tiziano Rapanà) Ieri, nell’eminente inserto Lo specchio de La Stampa di Torino, Simonetta Sciandivasci ha usato parole simpaticamente scostumate contro i boomer (soprattutto maschi). Ella ha vergato un’originale “lettera d’odio” dove li accusa, con spiccata originalità, di tanti peccati. Li definisce protervi, pigri, colonizzatori, patronali, inquinanti, passivo/aggressivi, vampireschi, camerateschi, infantili e via così. Su Change.org è nata una petizione contro la giornalista rea di aver costruito questo letto di parole, non proprio gentili, adornato da una coperta ricamata con la stoffa dell’acrimonia. Chi ha promosso la petizione non ha dubbi sull’intento dell’editorialista, l’articolo sarebbe atto alla volontà di “incitare l’odio contro tutto ciò che sia maschile”. Pertanto, si chiede, “a La Stampa di pubblicare una articolo di scuse verso i suoi lettori che hanno la sola colpa di essere uomini adulti e all’Ordine dei Giornalisti di avviare una procedura disciplinare nei confronti della signora Sciandivasci”. Io sostengo sempre la libertà di pensiero e guai a chi la tocca. Io non penso che Sciandivasci abbia detto cose gravi, mi pare sia chiara l’ironia che traspare in questa lettera. Non condivido una riga di quanto scritto, ma è doveroso che lei esibisca – come puro atto narcisistico – la sua libertà d’espressione. Io penso che le colpe dei boomer siano altre. A partire dall’abuso degli anglicismi, dal non aver insegnato ai figli a diffidare dalle insidie dei social network, a non aver aperto gli occhi sull’insidia del successo facile, sul dramma del pressapochismo e sulla necessità di costruire un pensiero dissonante. Tutto il resto è orpello. Ma viva la libertà: sempre. Chiudo con un dubbio che mi assale, trafitto dall’inquietudine di non venirne a capo. Cosa intende la giornalista quando imputa ai boomer la colpa di essere patronali? A cosa si riferisce? Al fatto che non si dovrebbe far parte del comitato promotore della festa del santo patrono di turno? Mi stuzzica la risemantizzazione, ma non sempre la capisco.