Un nuovo salva-enti per alleggerire dalla zavorra del disavanzo di 14 capoluoghi di provincia con i conti in rosso in cui il peso del debito ha superato la soglia di attenzione di 500 euro pro capite. Dopo Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Torino che riceveranno in un orizzonte temporale di 20 anni (2022-2042) 2,67 miliardi di euro vincolati alla sottoscrizione con il governo di un patto di risanamento (la prima tranche di 150 milioni per il 2022 è stata erogata a seguito degli accordi siglati tra i rispettivi sindaci e il premier Mario Draghi) anche Salerno, Chieti, Potenza, Rieti, Vibo Valentia, Lecce, Catanzaro, Andria, Alessandria, Avellino, Agrigento, Frosinone, Brindisi e Nuoro potranno siglare con l’esecutivo accordi per il ripiano del disavanzo, ma non in cambio di soldi bensì in cambio della sospensione per due anni della procedura del dissesto guidato, cioè imposto dalla Corte dei Conti a fronte del mancato risultato intermedio del piano di riequilibrio (nel caso di enti in predissesto).
Si tratta della novità più rilevante inserita nel secondo passaggio in cdm del decreto legge Aiuti approvato in via preliminare lunedì scorso.
Il dl bis, che ha ricevuto il semaforo verde dal consiglio dei ministri di ieri, allarga anche la platea dei beneficiari del fondo di 600 milioni dal 2022 al 2025 (100 nel 2022, 200 nel 2023 e 2024, 100 nel 2025) destinato a rafforzare gli interventi del Pnrr da parte delle grandi città. La soglia per accedere alle risorse, inizialmente fissata a 800 mila abitanti, potrebbe scendere (il condizionale è legato al fatto che sono ancora in corso verifiche con il Mef) a 600 mila abitanti, andando quindi ad aggiungere a Roma, Milano, Napoli e Torino anche il comune di Palermo. I cinque comuni (si veda ItaliaOggi del 4 maggio) per accedere alle risorse dovranno mettere a disposizione del Mininterno e del Mef il Piano degli interventi e le relative schede progettuali con indicazione degli obiettivi iniziali, intermedi e finali in linea con il cronoprogramma Pnrr concordato con la commissione europea. Le risorse non utilizzate saranno revocate.
I patti salva-enti per il ripiano del disavanzo
La chance di siglare accordi per il ripiano del debito sarà, come detto, appannaggio degli enti che sulla base dei rendiconti 2020 (definitivamente approvati e trasmessi alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche al 30 aprile 2022) hanno registrato un disavanzo di amministrazione pro capite superiore a 500 euro. Cosa ci sarà scritto in questi patti? Per tutta la durata degli accordi i comuni si impegneranno con l’esecutivo ad attuare una strategia di riduzione del debito ad ampio raggio che poggerà su due capisaldi: l’aumento dell’addizionale Irpef in misura non inferiore allo 0,2% (il che significa che i comuni che già applicano l’aliquota massima dello 0,8% dovranno alzare l’asticella dell’Irpef comunale quantomeno fino all’1%) e l’impegno ad assicurare un ulteriore effetto positivo annuale sul proprio bilancio in misura pari ad almeno il 20% della quota annuale del disavanzo da ripianare.
Il decreto dà precise indicazioni su come questa riduzione del disavanzo dovrà essere attuata. Innanzitutto “valorizzando le entrate” attraverso la ricognizione del patrimonio, l’incremento dei canoni di concessione e locazione, la predisposizione di piani di valorizzazione e alienazione. Poi incrementando la riscossione delle entrate proprie attraverso l’impegno ad affidare al concessionario, almeno 30 mesi prima che si prescrivano (20 nei primi di due anni di attuazione degli accordi) i carichi relativi ai crediti maturati e esigibili. Ma non è finita. La ricetta di austerity imposta dai patti salva-enti prevede ancora:
- riduzioni strutturali del 2% annuo degli impegni di spesa di parte corrente per i servizi istituzionali, generali e di gestione;
- la completa attuazione delle misure di razionalizzazione delle partecipate;
- la razionalizzazione degli spazi occupati dagli uffici pubblici in modo da conseguire una riduzione della spesa per locazioni passive;
- la riorganizzazione delle strutture amministrative con l’obiettivo di realizzare una riduzione degli uffici di livello dirigenziale e delle dotazioni organiche e un potenziamento degli uffici coinvolti nel Pnrr;
- il riordino degli uffici allo scopo di eliminare duplicazioni e sovrapposizioni di strutture;
- il contenimento della spesa per il personale a cominciare dalle risorse per il trattamento accessorio anche dei dirigenti;
- l’incremento della qualità, quantità e diffusione dei servizi alla cittadinanza;
- l’incremento degli investimenti (anche grazie ai fondi Pnrr, del Fondo complementare e degli altri fondi nazionale ed europei);
- l’incremento dei pagamenti per investimenti nel periodo 2022-2026 rispetto alla media del triennio precedente, in misura pari alle risorse assegnate aumentate del 5%.
I patti salva-enti per il riequilibrio strutturale
Ai patti salva enti potranno accedere anche i comuni sedi di città metropolitana (diversi da Napoli, Torino, Reggio Calabria e Palermo già beneficiari dei contributi della legge di bilancio) e i comuni capoluoghi di provincia diversi da quelli di cui sopra con un debito pro capite superiore a 1.000 euro che intendano avviare un percorso di riequilibrio strutturale. Oltre alla leva dell’addizionale comunale Irpef (aumentata in misura non inferiore allo 0,2%) tali enti potranno anche istituire (in aggiunta o in alternativa all’aumento dell’Irpef comunale) un’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale o aeroportuale pari almeno a 2 euro per passeggero. E potranno adottare tutte o solo alcune delle misure di risanamento viste prima.
Francesco Cerisano, ItaliaOggi