Cento scatti per concentrare l’estro, l’impegno, gli ideali, la passione di una donna, considerata una delle più grandi fotografe dei primi decenni del XX secolo. La mostra ‘Tina Modotti. Donne, Messico e Libertà’ è stata inaugurata al Palazzo Ducale di Genova. Nel percorso si ammira uno scorcio importante della “pasionaria” della fotografia mondiale: scatti dal Messico, dove si trasferì nel 1923, dopo la permanenza negli Stati Uniti. Sono immagini che mostrano la sua militanza politica, umana e sociale. Un impegno e una libertà che Tina Modotti trasferì anche in Russia e nell’Europa degli anni ’30, profondamente divisa nello scontro epocale tra fascismo e antifascismo: sarà infatti in prima linea nell’azione di solidarietà e nel soccorso alle vittime civili della Guerra di Spagna, condividerà in questi stessi anni la propria vita con Vittorio Vidali e, al contrario del suo compagno, non potrà mai tornare alla sua terra natale (Udine) a causa delle sue attività antifasciste e di una morte prematura avvenuta nell’esilio messicano, ad appena 46 anni. La sua riscoperta inizierà negli Anni Settanta grazie a Vidali, che rientrato in Italia e divenuto poi senatore, inizierà a scrivere di Tina e a rendere pubblico il suo lascito artistico. Il fil rouge della sua intensa, seppur breve, produzione è proprio una dirompente libertà, declinata in poliedrica personalità, in anticonformismo, ma anche in coerenza priva di compromessi. Artista sensibile e partecipe verso il movimento di emancipazione degli oppressi, Tina non esiterà ad abbandonare l’arte per il crescente impegno nell’attivismo politico: a causa di questo verrà falsamente accusata di complicità nell’assassinio del suo compagno, il giornalista cubano Antonio Mella, e poi, all’inizio del 1929, di aver preso parte a un attentato al Presidente messicano. Tina verrà espulsa dal Messico; gli Stati Uniti l’avrebbero nuovamente accolta se avesse rinunciato alle sue convinzioni politiche, ma la sua libertà di pensiero e la sua coerenza spinta al limite del rischio della sua stessa incolumità le fecero declinare l’offerta. Iniziò così una fase da rifugiata politica che la portò in Germania, in Russia, e poi ad impegnarsi direttamente nella guerra di Spagna in soccorso delle vittime del conflitto, con particolare attenzione ai bambini. Al termine di quel conflitto, affaticata nel corpo e nello spirito, verrà accolta nuovamente in Messico, dove vivrà i suoi ultimi anni accanto a Vittorio Vidali. Negli ambienti del Ducale di Genova è possibile incrociare quest’anima passionale attraverso i suoi scatti, stampe originali ai sali d’argento degli anni Settanta, realizzate a partire dai negativi di Tina, che Vittorio Vidali consegnò al fotografo Riccardo Toffoletti. Ma anche attraverso lettere e documenti conservati dalla sorella Jolanda, nonché video per un racconto affascinante per avvicinare il pubblico a questo spirito libero che attraversò miseria e fama, arte e impegno politico e sociale, arresti e persecuzioni, ma che suscitò anche un’ammirazione sconfinata per il pieno e costante rispetto di sé stessa, del suo pensiero, e della sua libertà. “Una donna modernissima – sottolinea la direttrice di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Serena Bertolucci – che siamo molto contenti di ospitare qui a Palazzo, luogo non solo di produzione artistica e di accessibilità culturale, ma anche importante crocevia di riflessione civile”.