
Immunizzare le donne incinte contro il virus respiratorio sinciziale (RSV) potrebbe ridurre la necessità di antimicrobici nella prole. Questi, in estrema sintesi, sono i risultati di uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli scienziati dell’Università della California a Berkeley, della Princeton University, di Novavax e del Center for Disease Dynamics, Economics & Policy (CDDEP). Il virus sinciziale, spiegano gli autori, è una delle principali cause di gravi infezioni acute del tratto respiratorio inferiore tra i bambini di tutto il mondo. La resistenza antimicrobica è una minaccia significativa per la salute e il benessere umano. Il team, guidato da Ramanan Laxminarayan, ha valutato la possibilità di somministrare il vaccino contro l’RSV nelle donne incinte per ridurre il rischio di infezione anche nei figli. Stando a quando emerge dall’analisi, i bambini nati da madri che avevano ricevuto il vaccino contro il virus erano associati a un numero inferiore di prescrizione di antimicrobici nei primi 90 giorni di vita rispetto ai figli delle donne assegnate al placebo. Sebbene attualmente nessun farmaco sia considerato un vaccino autorizzato per l’RSV nei bambini, questo approccio sembrava conferire un’efficacia del 41,4 per cento nella protezione dei neonati nei primi tre mesi di vita, e del 24,7 per cento fino ai sei mesi. Gli autori suggeriscono che lo sviluppo di futuri candidati vaccini contro l’RSV potrebbe tenere conto di questi risultati. “Con la diminuzione della polmonite batterica in seguito all’introduzione del vaccino contro lo pneumococco – osserva Laxminarayan – una procedura di immunizzazione contro il virus sinciziale è essenziale per ridurre il carico delle infezioni respiratorie nei bambini. Il nostro studio suggerisce che l’introduzione di un vaccino contro l’RSV potrebbe aiutare enormemente nella lotta contro la resistenza agli antibiotici”.